MICHEL GONDRY
L’Eterno Dodicenne
A cura di Emanuele Protano
Edizioni Il Foglio Letterario
190 Pagine
Nella prefazione di Michel Gondry – L’Eterno Dodicenne curato da Emanuele Protano, Roy Menarini lo definisce, giustamente, inclassificabile e per una serie di motivi. Gondry, nonostante la sua cittadinanza potrebbe dire il contrario, non appartiene né all’Europa, né all’America, né ad alcun altro continente in quanto a stile registico, concettuale e produttivo. Questo ne fa un autore puro o un autore indeciso, se vogliamo incompleto, ancor meglio se diciamo ibrido. Di persona è come molti suoi film, sognante e stralunato, lisergico, e forse è proprio il dichiarato flirt con le droghe chimiche che ha influenzato il suo stile che è sì onirico, ovvero rappresentazione lucida del sogno, ma interpretato in maniera alterata.
Come tutti i più grandi autori visionari, Gondry mette in scena il subconscio e una forma di narrazione metafisica che non vuole cogliere i fatti, ma tutte le elucubrazioni che la mente umana si fa riguardo ad essi, come infinite appendici sinaptiche che si dipanano nella quotidianità. Anche un semplice “mi alzo dal letto e vado a prendere un bicchiere d’acqua” può diventare un’esperienza umanistica, se vista dal punto di vista percettivo di Gondry, ovvero la maniera surreale e fantasiosa , ingenua e fanciullesca, con cui il subconscio interpreta le percezioni del sogno.
Attraverso i suoi film, Human Nature, Se mi lasci ti cancello, Dave Chapelle’s Block Party , L’arte del sogno, Be Kind Rewind – Gli acchiappafilm , Interior Design ,La spina nel cuore e The Green Hornet le varie voci che compilano i saggi del libro analizzano le diverse sfaccettature dell’autore (interessante la chiave musicale). A onor di cronaca c’è da dire che rimangono fuori l’artbook You’ll like this film because you’re in it, fondamentale per la comprensione di Be kind Rewind, e My New New York Diary, ibrido tra fumetto e film di animazione realizzato con Julie Douchet ma, se rimaniamo alla produzione cinematografica del Nostro, non solo c’è di tutto ma c’è anche di più.
Gianluigi Perrone