A Siracusa grazie a Ortigia Film Festival di cui siamo Media partners arriva nel Concorso internazionale Documentari venerdi 21 Luglio After work di Erik Gandini.
Prima della recensione
È possibile immaginare un mondo senza lavoro? Il regista Erik Gandini racconta come già al giorno d’oggi è possibile avere un piccolo spunto su quello che molto probabilmente attende il futuro, mostrando come alcune persone senza lavoro non sono niente, e come ad altre il concetto stesso di lavoro è praticamente sconosciuto.
In 77 minuti vengono rese storie provenienti da quattro paesi: Sud Corea, Italia, Kuwait e Stati Uniti, ognuno con le proprie problematiche sociali riguardanti il mondo del lavoro.
“Insomma, se tu dicessi ad un americano che ogni anno prendi quattro settimane di ferie di fila, gli esploderebbe il cervello.”
Troppo lavoro, e troppo poco lavoro
Una ragazza sudcoreana viene intervistata mentre il padre lavora di fianco a lui, ignorando totalmente le riprese, immerso nel suo mondo. Un vivace americano ride nel sapere che chi lo sta intervistando prende nel suo paese sei settimane di vacanza all’anno.
Negli Stati Uniti e in Sud Corea la popolazione ha un concetto del lavoro che ruota attorno alla sua vita. Si vive per lavorare, e si lavora così tanto che in Sud Corea l’ex ministra del lavoro Kim Young Joo è entrata in carica con il compito di far lavorare meno la gente, modificando la settimana lavorativa da 68 ore a 52, accompagnando il cambiamento a una campagna pubblicitaria in favore di questa iniziativa, e forzando i computer degli uffici sudcoreani a spegnersi automaticamente allo scoccare delle 18.
Gli Stati Uniti vengono invece definiti come la “No Vacation Nation”. 768 milioni di giorni di vacanza retribuita non sono mai stati sfruttati nel 2018. Circa il 55% degli Americani dichiara di non aver mai sfruttato nemmeno un giorno di vacanza in quell’anno, mentre il 24% non ne ha mai usufruito in generale.
Un’etica del lavoro che deriva dalla teologia calvinista nata a metà del XVII secolo, nella quale si teorizza che la salvezza dello spirito e l’accesso al Paradiso sono garantiti solo se ci si dedica anima e corpo al lavoro.
Allo stesso tempo, in Kuwait il concetto di lavoro è visto da gran parte della popolazione come una semplice necessità burocratica per ricevere uno stipendio fisso e garantito a fine mese. Una garanzia che fa luce sull’idea del reddito minimo garantito nel quale ogni cittadino ha diritto ad uno stipendio minimo a fine mese anche senza lavorare. Molti sotto questo sistema privo di attività si ritrovano in una vacuità spirituale, in cui l’idea di non fare niente per tutta la loro vita appare un’idea distopica.
In Italia, attraverso un’ottica volutamente provocante, viene esplorato il concetto dei NEET (Not in Education, Employment or Training). La media di giovani nel bel paese che rientrano in questa categoria è tra le più alte d’Europa. Viene esplorata anche la vita di un’ereditiera che non ha mai dovuto lavorare in vita sua, e molto probabilmente mai dovrà.
Umanità, non tecnologia
Alla base del film sta il concetto dell’ “Ideologia del lavoro”, scritto dal sociologo svedese Ronald Paulsen. Si esplora l’idea che il lavoro deve continuare ad esistere indipendentemente da quanto la tecnologia possa diventare efficace, prendendo anche spunto dall’idea del pensiero unidimensionale e bidimensionale del filosofo tedesco Herbert Marcuse. Grazie a ciò il film si focalizza non sul lato tecnologico della questione, ma sul lato puramente umano e filosofico.
Tramite sguardi fissi su uffici, centri commerciali e intervistati che guardano direttamente nell’obiettivo, After Work possiede un’estetica tutta sua, derivata dall’ottima fotografia di Fredrik Wenzel, e accompagnata da una colonna sonora di tutto rispetto composta da Johan Söderberg.
Il film dice tanto. Mostrando chi fa troppo e chi non fa nulla, mostrando il futuro attraverso il presente con un’ottica assolutamente priva di giudizio, lasciandolo quindi allo spettatore, che alla fine è lasciato con una domanda alla quale nessuno riesce a trovare una risposta.