Dal 16 giugno su Netflix è disponibile Tyler Rake 2, il sequel del fortunato action diretto da Sam Hargrave e interpretato da Chris Hemsworth. Una nuova avventura per il mercenario esperto in estrazioni (Extraction, il titolo originale) creato da Anthony e Joe Russo, questa volta alle prese con una richiesta d’aiuto proveniente niente meno che dal suo passato. Tra milizie private, sensi di colpa e tanta, spettacolare violenza prende così vita un film che aumenta esponenzialmente la sua componente action, con qualche pregio e difetto.
Tyler Rake 2 – Trama
Dopo essere miracolosamente sopravvissuto alla sparatoria di Dacca, Tyler Rake (Chris Hemsworth) viene ripescato dalla socia Nik (Golshifteh Farahani) e rimesso in sesto. Tutto procede per il meglio fino a quando non si presenta alla porta del mercenario un misterioso uomo (Idris Elba) che gli propone un nuovo incarico. Dovrà infiltrarsi in una prigione della Georgia per “estrarre” una madre (Tina Dalakishvili) e i suoi due figli. Non una donna qualsiasi ma la moglie di un potente criminale locale nonché la sorella dell’ex moglie di Rake stesso.
Chi non muore si rivede
Lo avevamo lasciato crivellato di colpi sul fondo di un fiume in Bangladesh e lo ritroviamo ora, (quasi) come se nulla fosse successo, pronto per entrare in un famigerato carcere della Georgia. Era inevitabile, del resto, dopo il grande successo del primo film, che Tyler Rake tornasse dal mondo dei morti per una nuova “estrazione”. E che lo facesse ripartendo esattamente da dove eravamo rimasti, resuscitando con lui la formula vincente del film d’esordio. Bastano i primi minuti, però, dopo una premessa-calco del primo capitolo – con l’eroe da solo oltre le linee nemiche, pronto a recuperare l’ennesimo “pacco” – per capire che Tayler Rake 2, questa volta, ha deciso di alzare il tiro.
Un action muscolare
Se nel capitolo precedente le sequenze d’azione erano infatti quanto di più vicino allo spirito e alla fisicità dei grandi action asiatici (The Raid in primis) un film maistream si potesse permettere (rappresentazione della violenza compresa), è sul loro peso e numero che questa volta punta tutto Tyler Rake 2. Il risultato è un prodotto che tenta di gonfiare ogni suo aspetto action e adrenalinico, dal cambio repentino di set e location agli stunt sempre più elaborati, fino ad arrivare a un (finto) pianosequenza di 22 minuti così spettacolare che rischia di mangiarsi l’intero film. Tra omaggi ai classici del genere (Ong-Bak, The Raid 2, l’ormai immancabile John Wick) e una storia ambientata in mezza Europa, la regia muscolare dello stuntman Sam Hargrave spinge così il piede sull’acceleratore, incurante di rischiare spesso il parossismo (la sequenza del treno) e la tenuta della narrazione.
Promessa mantenuta?
Così facendo il film perde il fattore (l’unità di luogo) che aveva fatto la forza del capitolo precedente, più compatto e omogeneo, rischiando di collocarsi nel solco di tanti action contemporanei (da Mission: Impossible giù fino a Carter). Indeciso se puntare tutto sull’azione pura o se coltivare in parallelo una componente drammatica che qui, nonostante gli sforzi, sembra poco più di un pretesto, Tyler Rake 2 resta quindi nel mezzo. Non all’altezza di un primo capitolo folgorante – almeno per gli standard del circuito mainstream hollywoodiano – ma sicuramente ancora ben lontano dallo stigma di essere solo un altro “film Netflix”.