Un lavoro di ricerca durato tre anni, passando per libri, notiziari, documentari e interviste con chi l’aveva conosciuto. Nel gennaio 2020 SND Films e Wy Productions annunciano che è in preparazione un lungometraggio sulla vita dell’abate Pierre, eroe nazionale francese. La pellicola è prodotta anche da France 3 Cinema.
Abbé Pierre – Une vie de combats (Abbé Pierre – A Century of Devotion nella versione internazionale) è un film di Frédéric Tellier, scritto insieme a Olivier Gorce. Si tratta di un lavoro biografico sull’esistenza del sacerdote che ha dedicato la vita a difendere i poveri, prestando la sua voce a chi non l’aveva.
Nel cast spicca Benjamin Lavernhe nei panni del protagonista, Emanuelle Bercot è Lucie Coutaz, amica e fedelissima del sacerdote, e Michelle Vuillermoz nelle vesti di Georges Legay, primo abitante e co-fondatore di Emmaus, il movimento atto ad aiutare poveri, senzatetto e rifugiati.
Presentato in world premiere al Festival di Cannes il 26 maggio 2023.
Abbé Pierre – Une vie de combats, la trama
Si guardi alla voce ‘Abbé Pierre’ per srotolare una pergamena senza fine. Nato il 5 agosto 1912 a Lione, Henri Antoine Grouès (Benjamin Lavernhe) cresce in una famiglia cattolica. A dodici anni accompagna suo padre nei quartieri più poveri per fare la barba agli indigenti. Da adolescente ha la sua chiamata, mentre si trova ad Assisi. Deciso ad entrare nell’ordine francescano, cambia idea quando scoppia la seconda guerra mondiale. Si arruola nella Resistenza, conosce gli orrori della guerra, perde molti amici. Risorge da quell’oscurità come una fenice, tutti lo ricorderanno come Abbé Pierre.
Abbé Pierre – Une vie de combats traccia la parabola esistenziale di un uomo di Dio che, dalla fine della guerra fino alla sua morte vive molte vite. Sulla bilancia peseranno in egual modo successi e sconfitte. Diviene deputato del Movimento Repubblicano Popolare arrivando in Parlamento, fonda Emmaus il movimento per i bisognosi, sopravvive alla dipartita di troppi, alla malattia e al naufragio.
Con forza di spirito si batte per gli ultimi, scardinando dinamiche sociali e politiche inique. Con approccio da umanista, si guadagna un posto d’onore nella storia francese.
Abbé Pierre – Une vie de combats, l’opera in due tempi
Lunga standing ovation all’ultima edizione del Festival di Cannes, come da attese. Il lungometraggio biografico sulla vita di Abbé Pierre è un fedele e poetico itinerario dentro l’esistenza di un uomo impossibile da dimenticare. Le scelte stilistiche classiche sia di regia che di scrittura rendono la pellicola adatta ad un pubblico ampissimo. Ci sono buone probabilità che si ripeta il successo al botteghino di Goliath, opera precedente dello stesso regista. Realizzare questo biopic era una sfida ardua, se si pensa soltanto all’arco temporale che il film è chiamato a coprire.
È possibile definire la pellicola come un’impresa in due tempi. La prima parte è quella dello scoprimento della vocazione e dell’agire preparatorio all’azione umanitaria vera e propria. Abbé Pierre è tra le schiere della resistenza. La fotografia di Renaud Chassaing indugia sul buio dei rifugi notturni e sulla rigidità dell’inverno che avanza. L’alternanza sapiente con i cinegiornali aiuta a collocare la vicenda in una cornice storica più ampia e conferisce realismo al racconto. Nel dopoguerra, il sacerdote Pierre è vicinissimo ai poveri e ai senzatetto, in prima linea contro le classi agiate che non condividono la loro ricchezza. Assistiamo alla fondazione del movimento Emmaus, capace di creare numerosi alloggi per gli indigenti. Incontra Lucie Coutaz (Emmanuelle Bercot, Goliath), al suo fianco come amica e voce della coscienza per i successivi 50 anni. I footage mostrano le morti per congelamento nella Parigi del 1954.
Nella seconda parte Abbé Pierre è nel pieno dell’attività a sostegno degli ultimi. Nonostante la malattia fisica, non si risparmia mai. Arriva infatti la celebrità.
I suoi discorsi ricchi di pathos fungono da ispirazione e commozione, per il popolo francese dell’epoca, come per lo spettatore che guarda il film. Merito del montaggio di Valerie Deseine, ma soprattutto della performance di Benjamin Lavernhe. La corrispondenza tra parole e azioni, con una maturità rivoluzionaria del pensiero filosofico che le anima, tocca l’apice in questo secondo e ultimo tempo.
La performance di Benjamin Lavernhe
Ho passato la mia vita a combattere la fame, il freddo, la miseria e la solitudine. Ho fatto tutto il possibile per aiutare gli altri. È bastato? Sono riuscito a cambiare un po’ le cose?
Benjamin Lavernhe interpreta un umano, troppo umano che nella sua tensione al bene si avvicina alla santità. Frédéric Tellier non risparmia il lato cocente del vissuto del sacerdote, dalla sua dipendenza dalle anfetamine alle spinte narcisistiche, fino alle dubbie posizioni ideologiche o al punto di vista sulle donne. Una figura limpida e enigmatica che si mostra nella sua fragilità dubitante e allo stesso tempo nella convinzione bruciante di poter cambiare il mondo un passo alla volta. Un uomo che trova insopportabile qualunque forma di umiliazione all’umanità e prova a porvi rimedio in ogni modo possibile. Il fascino esercitato sull’audience dalla piece attoriale di Benjamin Lavernhe risiede nell’aver saputo incarnare questa ciclicità di trionfo e caduta con la stessa intensità che le testimonianze hanno lasciato intendere. L’andamento del film non può che essere solenne.
Abbé Pierre – Une vie de combats ha il ritmo di una marcia incessante, un tono antico e tremante sul potere delle parole e delle cause giuste. “Rifiutate questo mondo dove il il maggior numero di voi soffre, mobilitatevi contro l’ingiustizia”. Emmaus continua a seguire gli insegnamenti di Abbé Pierre in tutto il mondo.
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