Tratto da una storia realmente accaduta in Corea, alla fine degli anni Ottanta, Miracle (Letters to the President), ultimo lavoro del regista coreano Jang-Hoon Lee e film vincitore del Far East Film Festival 2022, è un’opera che appassiona per la sua storia originale ed emozionante, avvicinando lo spettatore ad un mondo, quello coreano, lontano dal nostro per elementi tradizionali e culturali e per questo estremamente affascinante, ma al tempo stesso vicino attraverso i sogni e i sentimenti dei protagonisti. Un cinema per tutte le età che ci ricorda di appartenere tutti alla grande, unica, famiglia umana. Il film esce nelle sale cinematografiche italiane il 23 marzo, distribuito da Academy Two.
Miracle: aspettando Godot in Corea
Di attese al cinema e in letteratura ne sono state proposte tante. La più famosa è quella della pièce teatrale Aspettando Godot, di Samuel Beckett. Nel film Miracle il senso di quella stessa attesa si ripropone in chiave anni Ottanta, in un piccolo villaggio di montagna di una regione arretrata della Corea centrale, dove non ci sono strade che colleghino gli abitanti al paese più vicino, ma solo una ferrovia senza stazione. I treni passano dunque (come la vita) ma senza fermarsi.
Il giovane protagonista, Joon-kyeong (l’attore Jeong-min Park), un ragazzo bravissimo in matematica ma anche goffo e distratto come tanti adolescenti, per andare al liceo deve compiere ogni giorno un viaggio di cinque ore (andata e ritorno), per raggiungere la stazione più vicina camminando a piedi sui binari e all’interno di gallerie buie, in estate e in inverno, rischiando la vita come molti suoi compaesani e ogni anno qualcuno muore.
Il sogno di Joon-kyeong, che intanto vince gare di matematica fra studenti, è quello di aiutare il suo villaggio ad avere una via di collegamento con il mondo, nonostante il padre macchinista cerchi di dissuadere il figlio a proseguire nella sua impresa (quella di far costruire una stazione ferroviaria) conoscendo perfettamente gli ostacoli burocratici che possono intralciare questo progetto. Con l’obiettivo di persuadere il governo della bontà e necessità della sua richiesta, il giovane scrive dozzine di lettere al Presidente della Corea, sperando di essere ascoltato e di rendere finalmente libera la gente del suo Paese, tagliata fuori dal mondo e dalla cosiddetta civiltà, di potersi spostare ed evolvere, facilitando le relazioni esterne.
Miracle: Lettere al Presidente
Miracle inizia dalla storia personale e quotidiana di Joon-kyeong (personaggio realmente esistito) e della sua famiglia – suo padre e sua sorella, poiché la mamma è morta di parto dandolo alla luce – per allargare l’orizzonte alla storia di una collettività, di un sogno comune cui aspirare e da realizzare per dar vita a una trasformazione, temuta e ambita allo stesso tempo. Dal ragazzo in primis, che vorrebbe andare a studiare all’estero, dato il suo evidente talento matematico ma che, al tempo stesso, teme il distacco da casa e dagli affetti, oltre a sentire il forte peso della responsabilità verso gli abitanti del villaggio. La fede incrollabile del giovane, che continua a scrivere lettere al Presidente pur non ricevendo da anni risposta, è metafora dell’importanza di non arrendersi alle intemperie della vita o alla noncuranza degli altri rispetto ai propri obiettivi e desideri.
Pur avendo qualche difficoltà nelle interazioni sociali coi compagni di scuola, che lo vedono come un tipo ‘strano’ e isolato, Joon-kyeong è preso in simpatia da una ragazza di nome Ra-hee, di famiglia benestante con conoscenze altolocate, che vive in una città più grande, e che offrirà al giovane amicizia e sostegno, aiutandolo ad aprirsi alle relazioni e a mantenere una corrispondenza con l’ufficio del Presidente. La vita riserverà a Joon-kyeong nuove e impreviste possibilità per andare avanti nella realizzazione del suo sogno e per evolvere il suo percorso esistenziale in direzioni inattese.
Una famiglia tra vita e morte
Ma Miracle è anche la storia, intima e tormentata di una famiglia, quella di Joon-kyeong, di sua sorella maggiore Bo-gyeong, con la quale il ragazzo ha un rapporto particolarmente profondo fin da piccolo (anche per la perdita della madre) e del loro padre, un uomo schivo e poco comunicativo, ferroviere di professione, ancora tormentato dalla morte della moglie. Joon-kyeong si sente schiacciato fra due contrapposti sentimenti: quello di non voler lasciare soli la sorella e il padre, nonostante col secondo vi siano non pochi problemi di comunicazione, e il desiderio di partire e conoscere finalmente il mondo, in autonomia, come in ogni racconto di formazione che si rispetti e come nella vita reale ci si aspetta dai cosiddetti ‘compiti evolutivi’.
Nella seconda parte del film, dunque, la sfera affettiva e sentimentale si amplia e il focus del film si sposta ancor più sulla famiglia, svelando segreti e colpi di scena del tutto inattesi, con un crescendo emotivo pieno di rivelazioni (anche troppe forse, tutte insieme), che ricompongono parti di un mosaico umano e sentimentale toccante e drammatico, che evidenzia la capacità introspettiva e l’accompagnamento psicologico del regista nei confronti dei suoi protagonisti. Molto bravi e ben calati nei rispettivi ruoli, i giovani attori Park Jeong-min, Lee Sung-min e Im Yoon-a, già membro del noto gruppo sudcoreano delle Girls’ Generation.
“Credo che sia un miracolo guardare le persone che realizzano un sogno – ha affermato il regista Lee Jang-hoon – ed ho pensato che forse nel film potevamo ricreare quel miracolo.”
Nostalgia degli Anni Ottanta
Il film, la cui produzione si è concentrata sulla rievocazione nostalgica degli Anni Ottanta e dello stile di quel periodo, catturando i colori caldi ed i suggestivi paesaggi del villaggio rurale privo di una stazione ferroviaria, è stato girato a Jeongseon, Samcheok, Sangju e Yeongju, soprattutto per mettere in risalto i brillanti paesaggi naturali della regione, con le strade ferrate, i ruscelli, le distese erbose, gli uccelli, il vento, i cieli azzurri e le montagne imponenti. E la Yangwon Station, frutto del desiderio coraggioso degli abitanti del villaggio e di Joon-kyung, è stata ricreata in un luogo simile a quello in cui fu originariamente costruita nel 1988, riproducendo la sala d’aspetto, la piattaforma e il cartello della fermata, scritto a mano.
Il materiale scenico che ricrea gli Anni Ottanta e gli episodi che rievocano i ricordi di quel periodo aggiungono un tocco vintage alla visione del film, soprattutto evocato dagli oggetti di scena: le videocassette, i videogiochi, la macchina fotografica Polaroid e i libri delle mappe stradali che il team di produzione ha trovato setacciando l’intero Paese. Anche l’abbigliamento dei protagonisti, dai colori e dalle fantasie vivaci che riflettono quell’epoca, comprese le uniformi scolastiche coreane di quegli anni, intendono risvegliare la curiosità dei più giovani e far riaffiorare i ricordi di chi ha vissuto gli Anni Ottanta.
Il regista Lee Jang-hoon, che ha debuttato con successo nel 2018 con il film Be With You, ritorna dopo quattro anni con il suo nuovo film Miracle. Il regista descrive con grande empatia che cosa significa inseguire, senza mai arrendersi, un sogno che sembra impossibile da raggiungere, e le storie di ogni personaggio coinvolto.