Confession di Yoon Jong-seok è un thriller prodotto da Realies Pictures, distribuito da Lotte Entertainmente, presentato nella sezione Orizzonti Coreani al 21° Florence Korea Film Fest. Il film è il remake dello spagnolo Contratiempo (The invisible guest) di Paulo Oriol, in Italia diventato Il testimone invisibile di Stefano Mordini, interpretato da Riccardo Scamarcio, Miriam Leone e Maria Paiato.
Il film è interpretato da So Ji-sub (Rough cut), Kim Yun-jin (Money Heist: Korea) e Nana (Glitch).
Confession, la trama
Yoo Min-ho (So Ji-sub), un facoltoso e ricchissimo uomo d’affari, è sospettato di aver ucciso la sua amante (Nana) in circostanze misteriose. L’avvocata Yang Shin-ae (Kim Yun-jin), che non ha mai perso una causa, è stata incaricata di trovare una linea di difesa. Per questo raggiunge il suo cliente nell’isolato cottage di montagna di sua proprietà.
In quel contesto innevato, le verità messe in scena saranno ben più di una, e il finale insolito.
– You need creativity for a testimony.
– I’m telling the truth. Why do I need creativity?
Il remake e l’originale
Questo remake asiatico va in direzione vagamente diversa rispetto all’originale spagnolo e alla versione di Mordini.
La storia di Confession si sposa perfettamente con l’inclinazione ai revenge movie della Corea: la vendetta degli umili sui ricchi è un piano complesso, lento, che si gusta infierendo sulla sofferenza dell’altro in misura pari o superiore al piano diabolico originale.
These people are not people you can stand up to.
Questi umili non sarebbero mai stati così crudeli se le circostanze non li avessero spinti a tanto. Se il rischio che i crimini potessero andare impuniti non li avesse avvinghiati in una morsa di dolore ancora più stretta.
Nel film di Yoon Jong-seok, quasi un esordiente, si espongono immediatamente le varie versioni del crimine, soffermandosi più a lungo sulla madre che trova le energie per intervenire nella rabbia e nel dolore.
In Confession non si prepara la costruzione di un colpo di scena finale. Inutile verrebbe quasi da dire, dal momento che è un remake di un titolo che di remake a sua volta ne ha avuti altri due. Non piacerebbe il picco di tensione calibrato sulla scoperta finale; piuttosto, qui si lavora enfatizzando la follia.
Il regista ha voluto trascinare il martirio dei deboli fino quasi alla fine del film, aggiungendo un momento di ulteriore crudeltà verso la madre che ha perso il figlio. Che però scampa alle calunnie perché alla fine, per fortuna, c’è la legge a tutelarla, in Corea.
Fotografia da noir, piani stretti da thriller
Fotograficamente, Confession si dichiara sin dal principio con un pattern ruvido, sgranato. Si prodiga ad amplificare il mistero che circonda questo presunto colpevole, assillandoci di quadri notturni, nevosi, interrotti dagli interni del cottage di legno caldo.
A livello visivo risulta più piacevole che a livello recitativo, dove si tende a mantenersi rigorosi nei cliché dei personaggi. Bello l’accento noir, dove i protagonisti non si danno fino all’ultimo, in volti algidi che non trasmettono alcuna emozione, anche quando dovrebbero. Ma l’apatia emotiva in certi momenti è difficile da apprezzare.