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In Sala

Hesher è stato qui

Scritto a quattro mani con il regista e sceneggiatore di “Animal Kingdom”, David Michod, “Hesher è stato qui” è l’osservatorio – caro al cinema – di un contenitore relazionale dove la reazione degli esaminati è scatenata da un elemento interferente che ne sconvolge le abitudini. Con Natalie Portman (anche co-produttrice del film)

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Anno: 2010

Distribuzione: Bolero Film

Durata: 100’

Genere: Drammatico

Nazionalità: USA

Regia: Spencer Susser

 

Joseph Gordon-Levitt è Hesher, un metallaro senza controllo né tabù, che irrompe nella vita di T.J. in un momento delicato della sua esistenza. T.J. ha da poco perso la madre in un incidente stradale, vive insieme al padre che ‘vegeta’ in stato larvale e all’anziana nonna che, invano, cerca di rimettere insieme i cocci di una famiglia devastata dal dolore. Un bel giorno Hesher si installa da loro imponendo la sua disturbante presenza e, incapaci di gestirlo, i tre convivono con lui senza opporre resistenza. T.J. non trova conforto nel silenzio del padre ed è troppo smarrito nella sua sofferenza per cogliere l’affetto della nonna, l’unica impegnata a tenere unita la famiglia. Convinto che l’ossessione di recuperare la macchina distrutta nell’incidente sia un palliativo al vuoto affettivo, T.J. va avanti tra le aggressioni dell’iroso adolescente impiegato nell’autorimessa dove si trova la vettura e le prime scottature d’amore provocate da una commessa sulla quale si abbattono inesorabili e continue avversità.

Scritto a quattro mani con il regista e sceneggiatore di Animal Kingdom, David Michod, Hesher è stato qui è l’osservatorio – caro al cinema – di un contenitore relazionale dove la reazione degli esaminati è scatenata da un elemento interferente che ne sconvolge le abitudini. Hesher è un personaggio sopra le righe, un outsider per scelta che viene inserito in un contesto estraneo e critico per agire, suo malgrado, da catalizzatore di eventi. In maniera del tutto sconsiderata, poco ortodossa e ai limiti dell’accettabile, Hesher diventa per T.J. una guida non richiesta e forse neanche necessaria. Hesher è un anti-eroe respingente dal quale ci aspettiamo subito le azioni più sconsiderate, che infatti non tardano ad arrivare. L’ambiente, prepotentemente invaso dal metallaro, è quello luttuoso che Spencer Susser scolpisce con efficacia, tra silenzi interminabili, irrequietezza rabbiosa e tentativi di ricostruzione interrotti. Nel comportamento di Hesher non vi è alcuna traccia di altruismo, nessuna intenzione salvifica serpeggia consapevole nella sua mente squilibrata che mette in atto, piuttosto, piani nocivi e assurdi.

Susser ci convince (per tre quarti del film), crea uno scenario il più reale possibile, e poi, con Hesher, lo altera iniettando una dose di dissennatezza ai limiti del tollerabile. Non solo il piccolo nucleo famigliare barcollante è messo a dura prova dall’arrivo del protagonista ma è lo spettatore stesso a sentirsi disorientato dal doppio registro apparentemente discordante. Eppure tutto funziona con un’inaspettata armonia fino a quando, sul volgere della storia, il film perde la sua ricercata stranezza per sfaldarsi in una maldestra normalità. Con un discorso strappalacrime, il bello e dannato Hesher diventa – a suo modo e col linguaggio più congeniale al personaggio – stonatamente retorico.

Se la sceneggiatura dà l’idea di smarrirsi e di perdere coerenza, il lavoro degli gli attori è apprezzabile e ben strutturato: convince Devin Brochu nei panni del giovane T.J., Piper Laurie intenerisce lo sguardo nelle vesti della nonna premurosa e Natalie Portman (co-produttrice del film) si ritaglia solo una piccola e ‘sventurata’ parte (è la fallimentare commessa), eccellendo pur rinunciando a un ruolo brillante e affascinante.

Francesca Vantaggiato

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