Venticinque e Ventuno è una serie coreana targata Netflix, diretta da Jeong Jihyeon (Mr. Sunshine) e Kim Seung-Ho, e scritta da Kwon Do-eun (Search: WWW), di 16 episodi.
Raccontando la vita di adolescenti al termine della scuola superiore, Venticinque e Ventuno romanza con nostalgia il bel mondo a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, vissuto all’ingresso nel “mondo adulto”. Il tempo in cui l’1.0 stava per invadere le nostre vite, e ogni giorno qualcosa di nuovo poteva accadere.
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Venticinque e Ventuno, la trama
Yi-jin (Nam Joo-hyuk) e Hee-do (Kim Tae-ri) si conoscono nel 1998. La famiglia di Yi-jin è uscita sbriciolata dalla terribile crisi finanziaria di quegli anni che ha mandato in rovina la sua vita benestante; si trova dunque a dover saltare da un lavoretto all’altro nel tentativo di tenere insieme l’autostima e il suo futuro. Per Hee-do invece, la crisi ha condotto ad una svolta epocale: lascia la scuola per trasferirsi in un altro istituto dove la squadra di scherma primeggia e tra loro la famosissima Ko Yu-rim (Kim Ji-yeon), che ha portato alla Corea del Sud una pregiata medaglia d’oro internazionale. Lanciata in questa nuova avventura atletica, Hee-do si rivela una promessa della scherma e si batterà con tutta se stessa per la sua carriera nello sport.
Tra Hee-do e Yi-jin nasce una simpatia che cresce e matura nel corso degli episodi, che raccontano anni fondamentali della loro vita. L’idilliaco rapporto che vivono, si imbatterà nelle difficoltà e nelle scelte, alcune estreme, che la loro vita e la loro carriera gli richiedono. Ma i due, non perderanno mai il rispetto l’uno dell’altro.
Il loro rapporto è segnato dalla volontà di rendersi felici, di dare all’altro più di quanto vogliano prendere per sé.
La storia, in realtà, è introdotta come un lungo flashback emanato dalle pagine del diario di Hee-do, che sua figlia trova e legge di nascosto. E con la stessa, in età adulta, va chiudendosi.
Un omaggio al decennio di internet, dei cellulari e del Tamagotchi
Tutta la serie fa largo uso di agganci emotivi, rendendo il prodotto ampiamente ammiccante verso i nati negli anni Ottanta, che qui potranno rivedere i grandi miti della loro adolescenza. Prima di tutto lo sport di squadra, quando era il palcoscenico principale della socializzazione fuori da scuola; i fumetti seriali e l’attesa del numero seguente; le Nike Air argento e tutti quelli che se le potevano permettere. E perché no, il cercapersone, il Tamagotchi e pure i primi cellulari con l’antenna estraibile.
Le inquadrature stesse e la costruzione fotografica, profuma di instagram-vintage, per accentuare quella vibrazione malinconica già forte in Venticinque e Ventuno.
L’adolescenza scritta da Kwon Do-eun è fatta di piccoli successi e felicità così esuberanti e invadenti che qualunque emozione ci stende immediatamente.
Aspetta un momento, in questo momento sento come se tutto il sangue nelle mie vene si fosse fatto ghiaccio. Dammi una spiegazione.
Ci si batte per quel che è giusto, e il mondo scolastico è dipinto senza bullismo, e con tanta spontaneità. Sarà forse perché i bulli erano i professori stessi? Non si risparmia infatti la critica al sistema scolastico arretrato, che solo negli anni Novanta, in Corea del Sud, ha ufficialmente promosso l’abbandono di pratiche punitive corporee nel rapporto tra insegnanti ed allievi.
C’è rischio di contagio!
La prima parte di Venticinque e Ventuno si dedica maggiormente alla vita dell’atleta, avvincente e concentrata sugli sforzi di questo prodigio della scherma. Pensavamo che l’era di Karate Kid e Rocky fosse finita, e invece ecco che ritornano Hee-do e il suo allenamento folle fino a tarda notte. Si soffre con lei per ogni goccia di sudore che cade dai capelli madidi.
La seconda parte della serie invece vuole parlare di amicizia, di amore e di legami famigliari. Tutti i personaggi sono estremamente fluidi, in continua evoluzione: apprendono dai propri errori, in special modo da quelli più clamorosi, che a volte li rendono terribili. Ma non per questo incapaci di recuperare i rapporti.
Perciò è estremamente piacevole confrontarsi coi diversi momenti in cui la semplicità emana emozioni: la scena della bravata ai rubinetti è una ispirazione, il gruppo che guarda il tramonto girato a est (oltre che a richiamarci il Moretti di Ecce Bombo), è esilarante. La quotidianità è descritta da risate di glitter brillante, come ci offre la spensierata Hee-do: non si può che non esserne contagiati.
Non saprà fare lo spelling corretto delle parole, ma Hee-do ha una incredibile capacità di rendere le persone felici trasformando i fallimenti, i drammi, in commedia. Sarebbe una donna di grande successo nel mondo attuale, dove contano così largamente le soft skills di cui lei è ricca.
L’amore in Venticinque e Ventuno
I tuoi fallimenti sono adesso una scala su cui ti puoi arrampicare per inseguire il tuo sogno.
Il supporto che Yi-jin dà a Hee-do è genuino e potente: si avverte la stima incondizionata che lui prova nei confronti della ragazza, la cui contagiosa filosofia di vita rivolterà anche la giornata dello spettatore. Il personaggio stesso di Yi-jin è un ragazzo troppo velocemente uscito dalla pubertà e dalla ingenuità con cui si era affacciato alla vita universitaria. Con lui non si può che simpatizzare. Ma la drammatizzazione meglio riuscita, l’attore Nam Joe-hyuk (Start Up) la regala quando il ragazzo cresce e diventa un giornalista professionista, raccontando di una chiamata che è anche una missione.
Kim Tae-ri offre qui una interpretazione diametralmente opposta a Sook-hee, la fascinosa cameriera infiltrata di The Handmaiden. Quello fu il film con cui il regista Park Chan-wook scoprì la talentuosa attrice. Il personaggio di Hee-do è solare, atletico e frizzante. È piacevole vedere come questa attrice tiene il passo, allo stesso tempo, con le vicende agonistiche del ruolo, le corse sfrenate e le risate infantili. L’efficacia del suo gesto la distingue: attrici con una tale presenza atletica non sono davvero scontate. Non per niente, al fine di sostenere con efficacia la parte, si è sottoposta a un allenamento di scherma di sei mesi; e come lei anche Kim Ji-yeon che impersona Ko Yu-rim.
Proprio Kim Ji-yeon è la protagonista dell’altra coppia di innamorati, il cui partner è l’adorabile e giovanissimo Choi Hyun-wook (è del 2002).
Se non fosse per qualche eccesso di “sinpa”, ovvero la velleità tutta coreana di voler aumentare l’uso di kleenex nel dramma, e che effettivamente una parte di pubblico potrebbe considerare gratuito ed eccessivo, la serie sarebbe interamente piacevole. Ci si innamora dei personaggi e delle loro vite normali, delle imperfezioni e delle gaffes. E il finale, con i piedi ben piantati a terra, si intreccia alla realtà degli anni Duemila e travolge lo spettatore.
Nel complesso, è stato un viaggio di déjà vues patinati, che ammiccano a una stagione di grandi evoluzioni da ricordare piacevolmente, senza rimpianti, ma piuttosto con generoso rispetto, nostalgico affetto e abbracci profusi.