O fantasma costituì il folgorante esordio nel lungometraggio del talentuoso cineasta portoghese Joao Pedro Rodriguez. L’opera è tra quelle che MUBI ha scelto per dedicare una personale all’originale regista, a pochi mesi dalla presentazione al festival di Cannes della sua ultima fatica, Fogo fatuo, presentato con successo ed entusiasmi alla Quinzaine des Réalisateur.
O fantasma – la ricerca di nuove emozioni per sfuggire al rischio di ritrovarsi invisibili
Un giovane bello e solitario di nome Sergio lavora di giorno come netturbino, per trasformarsi di sera in un misterioso uomo nero vestito in tuta di lattice attillata e cerniere tattiche e nei posti giusti, per agevolare i contatti col piacere più estremo e animale.
Questa ricerca spasmodica di nuove, perverse e sofisticate forme di piacere e soddisfazione almeno passeggere, conducono il giovane entro un paradiso di perdizione, in cui si rifugia per sopravvivere a un’esistenza di vacua quotidianità. Non c’è spazio, voglia e attitudine per lasciarsi andare a sentimenti duraturi e genuini.
Nemmeno con una collega coetanea che gli fa il filo: perché a Sergio piace l’uomo brutale, estremo; piace la sofferenza, la prevaricazione; piace farsi prendere e dominare da sconosciuti in luoghi pubblici e dominare a sua volta senza nemmeno guardare in volto l’umanità gelida e indifferente che incrocia la sua esistenza di persona qualunque.
Poi un giorno, chiamato a ritirare un elettrodomestico presso una abitazione residenziale, il ragazzo perde letteralmente la testa per un coetaneo muscoloso e riservato, che invece non lo degna minimamente di attenzione alcuna. Anzi, appare visibilmente scocciato di trovarselo sempre innanzi, nello spogliatoio della piscina, nei pressi della propria abitazione.
Sergio, ossessionato e forse per la prima volta coinvolto affettivamente, arriverà a rapire l’oggetto (perché di ciò stiamo comunque parlando, di un mercato di carne e membra) dei suoi incontenibili istinti, dopo averlo pedinato a lungo, per poi abbandonarlo come un sacco di rifiuti e fare ritorno, sempre mascherato e in tuta attillata alla Diabolik, presso la discarica che il suo alter ego ben conosce.
O fantasma – la recensione
O fantasma, film che scandalizzò e fece discutere al Festival di Cannes nel 2000, fu un esordio sensazionale, scandaloso, duro, spigoloso, ma affascinante. Il suo regista continuerà a crescere in ogni opera successiva, fino a rivelarsi cineasta di spicco tra la cinematografia portoghese ed europea in generale.
La discarica dove è ambientata buona parte dell’epilogo del film, diviene non solamente la meta finale di un lavoro logorante, ma in grado almeno in parte, se non di gratificare, almeno di distrarre il giovane protagonista dalle sue incontenibili ossessioni. Bensì assurge a luogo di idillio terminale di una solitudine senza rimedio, che non riesce più a trovare stimoli nemmeno nella perversione di rapporti occasionali e masochistici con cui prima il giovane provava un certo residuo di interesse e curiosità epidermica.
In tal modo quel territorio, per definizione ostile e simbolo di degrado e desolazione, oltre che di sporcizia e di dissoluzione materiale, si trasformerà nel luogo insospettabilmente paradisiaco adatto ad accogliere il suo fantasma. Dove erigere la sua figura sinuosa e oscura come padrone delle cose dimenticate dal tempo, e dalla superficialità degli uomini.
Nel ruolo di Sergio, l’esordiente ventenne Ricardo Meneses è perfetto nel fisico attraente, come anche nel suo recitare spigoloso, assorto e ammutolito per un personaggio che si rivela un concentrato di enigmi e frustrazioni, giunte a un passo dal gesto estremo.