Joyland è il primo lungometraggio del regista pakistano Saim Sadiq.
Dopo essere stato presente con il cortometraggio Darling, vincitore della sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia nel 2019 e ancora con un cortometraggio a Cannes nel 2021, il regista è arrivato al festival consapevole dell’ importanza storica della sua missione.
Il film rappresenta infatti la prima volta in concorso a Cannes per il Pakistan.
Come ha dichiarato Saim Sadiq prima della proiezione,
per lui ci sarà un prima ed un dopo Joyland.
Un film splendido per il quale sono stati necessari più di cinque anni di lavoro.
Joyland : La trama
Haider e Mumtaz vivono a Lahore e sono una coppia fuori dai canoni: dolce e dedito alle faccende di casa lui, risoluta e pratica lei.
Tra loro, il rispetto e la dolcezza sono la norma, nonostante ognuno senta il peso di una vita senza sbocchi all’interno della famiglia rigida e patriarcale.
Vivono tutti sotto lo stesso tetto: Saleem, lo scorbutico fratello maggiore di Haider, con la moglie Nucchi, le tre figlie (tutte femmine) e il padre Rana.
Tutti seguendo le regole dettate dal padre che è perennemente insoddisfatto di Haider, dal quale attende finalmente il nipote maschio e che trovi un’occupazione che gli permetta di mantenere la famiglia, invece di lasciar lavorare la moglie e dedicarsi alle faccende domestiche.
L’inizio è già una dichiarazione importante sulle intenzioni del film: mentre le figlie di Saleem stanno giocando nel cortile della casa di famiglia, Nucchi, sta per partorire.
Non si vive nessuna urgenza; solo Haider è agitato e sente la responsabilità di doverla accompagnare. Così, mentre le si rompono le acque, attraversano le strade della città in motorino fino all’ospedale di Lahore dove arriva l’ennesima delusione: si tratta della quarta femmina.
Le pressioni di Rana perché il figlio minore trovi una occupazione si fanno sempre più pressanti e così tra i vari lavori che vengono proposti ad Haider un giorno arriva quello più inaspettato: ballerino di seconda fila per Biba, una transessuale interpretata da Alina Khan che è la seconda star di uno spettacolo del teatro di cabaret dentro il parco divertimenti che si chiama appunto Joyland.
La città della gioia è un luogo altro dove trovare la vita sognata, la metafora di una via di fuga dalla realtà.
Haider è impacciato, non sa ballare, ma è attratto da quel mondo così libero e diverso dalla sua famiglia opprimente che vuole ad ogni costo farne parte.
Lentamente le sue capacità si affinano tanto da conquistare il posto di ballerino e la fiducia di Biba, con la quale inizia un dolcissimo legame sentimentale.
Il loro rapporto matura lentamente e Haider è come ipnotizzato dalla bellezza e dalla sensualità della ballerina; diventa il suo amico, consigliere: il tempo che passano insieme non è mai abbastanza.
L’attrazione che Haider prova per Biba però è per la sua parte maschile; lei invece si sente in tutto e per tutto una donna e questa confusione tra i due genera frustrazione nella cantante e incrina i loro rapporti.
Nel frattempo grandi novità aspettano Haider in seno alla sua famiglia e oscuri presagi si profilano all’orizzonte
Joyland: La recensione
Joyland è la saga potentissima della famiglia di Rana, religiosa ma non radicale, bloccata da regole antiche, osservata in modo dolce e struggente dal regista che riesce a fornire enorme credibilità e vitalità a tutti i personaggi.
Il film pone delle domande sull’ identità maschile, femminile e trans, complesse in tutto il mondo, ma in Pakistan lo sono in modo più marcato a causa di una società cosi fortemente patriarcale.
Le caratteristiche che rendono unico questo film sono la grande sensibilità narrativa, libera da ogni giudizio con cui il regista tratta i suoi personaggi anche nei momenti peggiori, e l’intelligenza con cui sposta costantemente il suo punto di vista per condurci al cuore della storia.
Quello di Haider è un personaggio scritto in modo preciso, che entra nel cuore dello spettatore per le sue scelte e per le sue non scelte. É lui che, seppur passivamente, porta sulle sue spalle il bisogno di un cambiamento. Un personaggio solido che si avvale di una recitazione puntuale che mette lentamente in evidenza le sue incertezze per esplodere in un finale perfetto.
La sua bontà e disponibilità sono rivoluzionarie tanto quanto il rifiuto di dover accondiscendere ai desideri del padre.
Saim Sadiq ci racconta perché i personaggi sono in qualche modo intrappolati nelle dinamiche familiari a cui non vorrebbero essere assoggettati e dalle quali non riescono a fuggire se non con scelte radicali.
Uno dei film più belli visti al Festival di Cannes che non a caso ha vinto il premio per il miglior film nella competizione Un Certain Regard e che avrebbe potuto aspirare ad un premio anche nella competizione ufficiale.

l’abbraccio tra il regista Sadim Sadiq e l’attore Ali Junejo ( foto Giovanni Battaglia )

l’attore Ali Junejo con il regista Arshad Khan in sala per la proiezione evento per il il Pakistan ( foto Giovanni Battaglia ).
In copertina: l’attore Ali Junejo, l’attrice Alina Khan ed il regista Saim Sadiq alla fine della proiezione di Joyland a Cannes (foto Giovanni Battaglia )