Il ventenne Jing Hao è un tecnico esperto riparatore di cellulari, che cerca di risparmiare i soldi necessari affinché la sorellina che ha in custodia possa essere sottoposta a un’operazione utile a salvarle la vita, a seguito di una malformazione alle vie respiratorie ereditata dalla madre, deceduta proprio per questo da qualche tempo.
Quando al ragazzo capita di poter acquistare a poco prezzo una partita di cellulari di provenienza italiana risultati difettosi, che egli si sente in grado di riadattare e rivendere, garantendosi un guadagno ingente, l’affare si conclude proprio alla vigilia dell’entrata in vigore di una normativa messa in atto dallo Stato cinese, che fa sì che i cellulari rigenerati da parte di privati vengano messi al bando.
Devastato da quel provvedimento ed indebitato sino ad essere cacciato di casa dal padrone, il ragazzo entrerà in contatto con un magnate della telefonia a cui proporrà un affare lucroso derivante proprio dal ripristino dei cellulari difettosi.
Il giovane dovrà patire altre sfide impossibili, ma nel suo dannarsi ad arrivare a raggiungere il risultato finale, sarà coadiuvato da una eccellente quanto improvvisata equipe di povera gente del suo quartiere, in grado di specializzarsi e di riuscire a raggiungere gli impegnativi obiettivi necessari per ottenere il pagamento della importante commessa, e mettersi in condizione finalmente di salvare la dolce sorellina, sottoponendola all’ importante operazione.
Nice view – la recensione
É possibile che un film girato benissimo, interpretato ancora meglio dall’ottimo ed espressivo giovane attore Jackson Yee, protagonista di quel Better Days che si aggiudicò meritatamente il Gelso d’Oro al FEFF 22, risulti poi alla fine dei conti una operazione contraddittoria e tutt’altro che riuscita?
In questo caso sì, e il film, che come si accennava tecnicamente appare ineccepibile, forte del gran ritmo e di una costruzione di solido mestiere, difetta completamente, in termini di scrittura, di coerenza e verosimiglianza.
La responsabilità di tutto ciò ricade probabilmente sulla ingerenza del Governo Cinese nel voler utilizzare la vicenda a scopi puerilmente celebrativi di un valore patrio che presenta più lacune e aspetti contraddittori, che motivi di vanto ed eccellenza.
Impossibile infatti, dopo la visione del film, non domandarsi almeno due cose.
É possibile che il film cinese esalti e inciti la privata intraprendenza del singolo allo stesso modo di quanto viene decantata, con risultati spesso ugualmente goffi e retorici, la teoria del “sogno americano” che promette sicuro successo imprenditoriale al singolo che si applichi e si dimostri stoicamente aperto ad affrontare ogni tipo di sforzo per difendere la propria intuizione imprenditoriale?
Tutto questo all’interno di una Repubblica Popolare Cinese di inequivocabile ispirazione comunista, e in quanto tale, anche solo a livello di principio, tendenzialmente non proprio allineata alla circostanza e opportunità di un libero arbitrio che esalti la libera intraprendenza del singolo a scapito di una organizzazione precostituita e a solida base centralizzata.
In secondo luogo, il nocciolo del dramma del protagonista e della sua sfortunata sorella, s’ispira alla non proprio favorevole situazione di una sanità pubblica che non riesce a farsi carico dei gravi problemi di salute degli indigenti e costringe i privati a curarsi a proprie spese, qualora essi siano in grado di farsi assistere da coperture assicurative non proprio alla portata di chiunque.
Tutto ciò proprio in contrasto con i principi di base di un comunismo d’ispirazione teorica, e quindi, come tale, idealmente perfetto e a valenza di principio quasi cristiana, ove tutto viene creato e disposto per il popolo nel suo insieme.
Ecco allora che, anche senza voler intendere essere provocatori a tutti i costi, questa Cina che vuol “fare l’americana” e che emerge in tutte le sue contraddizioni da un film tecnicamente anche lodevole come Nice view, ma che rinnega se stessa e i principi cardine su cui si fonda il suo concetto di “repubblica popolare”, non può che lasciare piuttosto perplessi, facendo quanto meno sorridere amaramente, se non proprio indisporre. 4/10