Dal 9 Marzo è disponibile su Netflix la docu-serie I diari di Andy Warhol, il padre della pop art.
Netflix ci regala una perla inestimabile per conoscere un artista che ha rivoluzionato il concetto di arte, cambiandone le regole. “I diari di Andy Warhol” é ispirato all’omonimo libro scritto da Pat Hackett, uscito nel 1989, dove si racconta la vita dell’artista tramite i suoi diari.
I diari di Andy Warhol : testimonianza di un artista
Il documentario è ben curato ed attento ad ogni minimo dettaglio, tanto da ricostruire la stessa atmosfera che si respirava in quegli anni. La storia di Warhol è strutturata in sei episodi in cui colleghi, amici, artisti raccontano qualcosa su di lui. Il tratto distintivo della serie è la ricostruzione della voce dello stesso Warhol. Il produttore Ryan Murphy e il regista Andrew Rossi, hanno ritenuto che la storia narrata dalla voce del vero protagonista, avrebbe assunto un valore diverso.
Grazie alla collaborazione con la Andy Warhol Foundation è stato possibile ricreare la voce pacata e soffice dell’artista.
I diari di Andy Warhol: da Pittsburgh a New York
Dal 9 Marzo è disponibile su Netflix la docu-serie su Andy Warhol, il padre della pop art. Tutto parte da Pittsburgh dove l’artista è nato è cresciuto il 6 Agosto 1928. Questa città era troppo stretta per lui che sin da piccolo dimostrò di avere una vena artistica e tanto potenziale. In Pennsylvania non riuscì ad esprimere la sua personalità, perciò appena possibile si trasferì a New York. L’arrivo nella grande mela gli aprì numerose porte, tra cui quelle della nota rivista Vouge. La sua anima tormentata ma eclettica ed eccentrica diedero vita al personaggio che tutti conoscevano, una sorta di maschera dietro quale Warhol si nascondeva.
I diari e le testimonianze racchiuse in questo documentario, ci fanno capire cosa si celava dietro la parrucca e quella pelle chiara che lui odiava.
I diari di Andy Warhol: l’uomo dietro la maschera
Da sempre schernito e deriso perché considerato “strano”, Warhol creò un’armatura che lo divideva dalla realtà. Questo portò ad avere più versioni di un’unica persona: l’artista, la maschera, il personaggio pubblico e il vero Warhol. Questa pluralità di personaggi racchiusi in uno, generarono del malcontento in lui, che era in continua ricerca di certezze e rassicurazioni. La sua arte altro non era che la trasposizione di tutto ciò che avrebbe voluto essere. Per Warhol il giudizio degli altri aveva un importante peso, era sempre attento e concentrato per riuscire a riscuotere più consensi possibili.
Factory: il posto della trasgressione
Una tappa importante della vita di Warhol fu la creazione di uno spazio sicuro e trasgressivo, dove si poteva dare sfogo alle proprie perversioni. La Factory era un gruppo formato da creativi, artisti, cantanti, personaggi di spicco, che nel buio delle notti newyorkesi sfogavano il loro vero io. Nomi come Woody Allen, Dustin Hoffman, Jack Nicholson, Elizabeth Taylor e tanti tantissimi altri, frequentavano la discoteca situata nella 54° strada. E’ proprio qui che Warhol conobbe figure di spicco con cui instaurò collaborazioni o amicizie come Truman Capote, Calvin Klein, Diana Ross. Una culla di sfrenato divertimento, libertà d’espressione e fluidità di genere, un posto privo di giudizio.
Un’ Icona queer
Gran parte del documentario ruota intorno alla sessualità di Warhol. In ogni episodio c’è sempre un riferimento alle sue relazioni e all’impatto che hanno avuto sull’artista. A partire da Jad Jhonson, modello e attore per vari film di Warhol, poi Jon Gould ed una frequentazione/collaborazione con Jean Michel Basquiat. Warhol non ha mai reso palese il suo orientamento sessuale ma era chiaro che non facesse nulla per nasconderlo. In varie opere si nota il suo interesse per il corpo maschile, molti i servizi fotografici fatti con modelli che hanno posato nudi per lui. Nonostante non si fosse mai espresso apertamente era chiara la sua attitudine e fluidità di genere. Warhol non ha mai etichettato il suo sentire e questo lo ha reso una vera icona queer.
Un’ artista in continua evoluzione
Sarebbe riduttivo definire Warhol un pittore, lui è molto altro. Regista, modello, fotografo, grafico, direttore di giornale. Warhol cercava di intercettare le tendenze e di riproporle in una forma nuova e fresca. Questa sua attitudine era forse un modo per riuscire a piacere a quanta più gente possibile e non sentirsi escluso da una società di cui ora faceva parte. Questo è quello che lui intendeva con la sua celebre citazione.
“Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti
In breve, Warhol era un anticonformista che come arma aveva il conformismo stesso.
I diari di Andy Warhol: la morte
Andy Warhol morì a 58 anni a New York il 22 febbraio 1987 a causa di un intervento alla cistifellea andato male. La sua fama crebbe ancora di più e fu proprio dopo la sua scomparsa che Pat Hackett decise di riunire gli scritti presenti nei suoi diari, per poi pubblicarne un libro. I funerali si tennero a Pittsburgh .
Una delle sue ultime opere fu “the last supper” ispirato all’ultima cena di Leonardo da Vinci, un opera di circa dieci metri che ricorda le vittime dell’epidemia di Hiv/Aids.