‘Tre Donne, di Sylvia Plath’ al Torino Film Festival
Un film sperimentale tra cinema, teatro e letteratura che ci spinge a una riflessione sulle nostre esistenze indagando anche aspetti del dispositivo cinematografico stesso, in un discorso di metacinema
Alla trentanovesima edizione del Torino Film Festival, Tre Donne, di Sylvia Plath, un film di Bruno Bigoni e Francesca Lolli, con Giulia Battisti, Chiara Buono e Alice Spito. Prodotto da Electric Film in collaborazione con Many Miles Film Production.
Un film sulla sofferenza dell’esistenza femminile raccontata in modo lirico e con immagini a tratti oniriche.
Il film è il risultato di un incontro tra i versi del poema Tre Donne(1962), di Sylvia Plath, scrittrice americana, e le immagini prodotte dai due registi. Non c’è una trama, se non una traccia sottostante alle immagini che restano dominanti nella scelta artistica. I versi originali del poema vengono mantenuti inalterati, recitati e scritti, e accompagnati dalle immagini girate dai due registi.
Un film che condivide l’arte del cinema che l’ha generato con il teatro e la videoarte, finendo per essere un lavoro di cinema sperimentale.
Sono le voci di tre donne che raccontano la loro difficile esistenza, tra maternità, femminilità e smarrimento di sé.
Inizialmente queste tre voci sono ben distinte, presentate singolarmente con un cartello che le individua: “prima voce“, “seconda voce“, “terza voce“; poi queste voci si intrecciano, si sovrappongono e confluiscono l’una nell’altra in un flusso di immagini che accompagna i versi di Sylvia Plath.
Questa idea di flusso è decisamente appropriata al film, considerando che le immagini ci mostrano acqua, liquidi rossi, neri. Un flusso che lega le esistenze di quelle tre donne alle nostre.
Le immagini e il racconto metacinematografico
Tre Donne è un continuum di immagini che presentano diversi contrasti. Le dualità sono la principale forza motrice del film. I registi scelgono di mantenere i versi originali: questi sono recitati da una voce fuori campo – altra voce che si inserisce tra le tre principali, e ulteriore rispetto a quella della macchina da presa – e sovrimpressa alle immagini.
In situazioni come queste il rischio di essere didascalici, di tradurre, meramente, i versi in immagini, è dietro l’angolo. In questo caso i contrasti che sono stati capaci di creare Bigoni e Lolli tra le immagini portano sullo schermo un flusso, spesso anche surreale e onirico, che trascina la visione. Certo, il film non è scontato e immediato, anzi è molto complesso; il messaggio degli autori è lasciato a una lunga riflessione dello spettatore. E sicuramente lo stimolo alla riflessione sulle nostre esistenze è un altro punto di forza del film.
“Può il nulla essere così prodigo?”
Lo schermo in Tre Donne è rappresentato anche simbolicamente. Non è solo la superficie sulla quale si proietta il film al TFF, ma è anche lo schermo sul quale si proiettano le immagini del passato, delle origini, di una delle tre donne: scene di un matrimonio. Colpisce il dettaglio della mano con cui la donna tocca lo schermo di proiezione cercando una materialità del passato, impossibile da trovare. Suggerisce una identificazione con uno degli elementi del dispositivo cinematografico: lo schermo, appunto.
Ma lo schermo non è l’unico luogo della proiezione. Il dispositivo cinematografico viene messo in moto usando spesso il corpo delle attrici come superficie di proiezione e lo vediamo fin dalle prime inquadrature. Il corpo è un altro elemento ricorrente, spesso inquadrato in dettagli molto ravvicinati che permettono di guardare quasi i pori della pelle. Allo stesso modo si può scorgere la trama dello schermo quando arriva la scena della proiezione del matrimonio, di cui si parlava sopra.
Insomma il film si presta anche a una riflessione metacinematografica.
I contrasti in Tre Donne
Si diceva dei contrasti. Le immagini sono rette da una serie di contrasti: bianco-nero e colore, formati verticali e orizzontali, immagini positive e negative, realistiche e surreali, digitali e analogiche, ralenti e velocità reale.
I contrasti, però, dominano non solo le immagini. Anche i suoni, la narrazione, costituita dai versi della Plath, e la recitazione sono dominati da molteplici dualità: lingua inglese e italiana, voce e silenzio, musica e silenzio, suoni e voci in presa diretta e voice over. Per quel che riguarda la narrazione abbiamo generazione e morte, lacrime e sorrisi. Sul piano della recitazione si alternano sguardi in macchina e recitazione classica.
Queste continue tensioni tra opposti rappresentano la forza motrice di Tre Donne.
Conclusioni
Tutto il film è un movimento costante tra opposti, un viaggio alla ricerca di sé; le parole dominanti sono appiattimento, mancanza. Un movimento dallo smarrimento al ritrovamento, almeno di quei punti fermi, certi, dell’esistenza; la ricerca di uno sguardo complice che sappia apprezzare la piattezza e la corrosiva nullità che pervade la profondità interiore di ognuno, magari solo apparentemente, perché le donne che ci vengono offerte come esempio sono procreatrici.
QUI IL TRAILER DI TRE DONNE
Tre Donne, di Sylvia Plath
Anno: 2021
Durata: 52'
Genere: Sperimentale
Nazionalita: Italia
Regia: Bruno Bigoni, Francesca Lolli
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