Anno: 2011 / Distribuzione: BiM Distribuzione / Durata: 114 Genere: drammatico, storico / Nazionalità: Regno Unito, – Stati Uniti / Regia: Kevin Macdonald
La preziosa effige dell’esercito romano è andata perduta con la disfatta di una legione in avanscoperta negli aspri territori della Bretagna, abitati da popolazioni barbare e violente. La scomparsa dell’Aquila, simbolo dell’Impero Romano e della sua potenza, comporterà grandi ignominie e disonori sulla famiglia del Comandante della Legione Scomparsa, oltre che tramutarsi in un segno infausto. Anni dopo, con la creazione di una imponente muraglia tra la Caledoniae la Bretagna, il Vallo di Adriano, si stabilisce il confine massimo dell’Impero: al di là ci sono i barbari ma c’è anche quell’Aquila perduta, quel simbolo dorato ancora nelle mani di chissà quale tribù. Sarà il volenteroso figlio del Comandante della Legione caduta, Marco Aquila, ad intraprendere la missione impossibile per recuperare l’effige, ma soprattutto per ripristinare l’onore della sua famiglia.
Così si presenta The Eagle, film di Kevin Macdonald, premio Oscar per il miglior documentario con Un Giorno a Settembre e regista di State of Play e L’Ultimo Re di Scozia. Bisogna notare sin da subito le intenzioni poco audaci di Macdonald che compone il film di movimenti, tagli e riprese eseguite e pensate in modo piuttosto elementare, persino nelle (poche) scene di battaglia. Questo non è necessariamente un difetto. Evidentemente l’attenzione va convogliata da un’altra parte.
È evidente che non ci sono grandi motivi per aspettarsi da una produzione così impostata un’accurata ricostruzione storica, specialmente se l’intero prodotto deriva da un romanzo, in questo caso La Legione Scomparsa di Rosemary Sutcliff, che, in quanto tale, modifica la realtà, smussandone lecitamente diversi lati, a seconda delle esigenze.
Non possiamo però dimenticare che altri prodotti, anche televisivi e quindi teoricamente minori, hanno dimostrato di poter conciliare un’attenzione diversa alle finalità che si imponevano di volta in volta.
Possiamo vederla così: da una parte mettiamo prodotti come Game of Thrones che uniscono spettacolo e qualità tecnica a plausibilità storica; dall’altra mettiamo, ad esempio, sempre per rimanere in campo televisivo e seriale, Spartacus, dove la percentuale di spettacolarità è quasi esasperata; al centro mettiamo come trait d’union300 di Zack Snyder che, creando un’atmosfera ed utilizzando degli effetti adeguati, unisce grande spettacolo ad una realtà storica possibile. Gli esempi riportati sono molto diversi tra loro ma, come il film in analisi, tutti si basano su opere letterarie, quindi non di certo sulle cronache dell’epoca o sugli annales.
Non chiediamo quindi la pedissequa e documentaristica verità, ma almeno un esercizio limitato della fantasia, vincolato al verosimile.
Le differenze tra questi esempi estremi ed il film di Macdonald sono palesi ma collocare The Eagle da una parte precisa di questo ideale ring, non è facile: il film si mostra volenteroso di rispettare i temi e i toni (anche fotograficamente parlando) dell’epoca pur calcando molto la mano sulla spettacolarità che, francamente, viene resa in maniera povera e fallimentare, a causa della regia poco reattiva.
Ad aggravare la situazione ci si mettono degli errori banali come l’uso di attori con fisicità troppo americane e poco romane e con le doti attoriali di un quarterback, oppure la scelta di nomi posticci: quanto noi, parlando uno spagnolo maccheronico aggiungiamo ad ogni parola una -s finale, tanto in questo caso il suffisso terminale –us diviene la regola, invadendo ogni nome o epiteto.
Sono così tante le scelte sbagliate e banali che lo spettatore, perdendo la preziosissima sospensione dell’incredulità, si rende conto troppo presto di essere al cinema e non nell’antica Roma, effetto che palesa una sceneggiatura che fa acqua da più parti. Inoltre l’eccessiva durata (114’) e la sballato equilibrio delle azioni sceniche pesano come un macigno sulla sostenibilità della visione.
The Eagle risulta, perciò, l’ennesima trasposizione cinematografica fallita che sottolinea i limiti naturali di una corsa forsennata alle sceneggiature non originali, forse più economiche e più veloci da realizzare, ma che generalmente producono solo noia.
Evidentemente c’è dell’arte anche in questo e Zack Snyder potrebbe a buon diritto salire in cattedra e dare una lezione a molti.
Giovanni Villani
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