In concorso ad Alice nella città, il film Prayers for the stolen di Tatiana Huezo.
Il film, tratto dal romanzo di Jennifer Clement, ha ricevuto la menzione speciale a Cannes nella sezione Un Certain Regard.
Alice nella città, un’edizione inclusiva
Prayers for the stolen: la trama
In una cittadina solitaria tra le montagne messicane, le ragazze portano tagli di capelli maschili e hanno nascondigli sotterranei. Ana e le sue due migliori amiche prendono il controllo delle case di coloro che sono fuggiti e si travestono da donne quando nessuno le vede. Nel loro universo impenetrabile ci sono la magia e la gioia; nel frattempo, le loro madri le addestrano a fuggire da coloro che le trasformano in schiave o fantasmi. Ma un giorno, una delle ragazze non arriva in tempo al suo nascondiglio.
Prayers for the stolen: la recensione
È racchiuso nel titolo il significato di Prayers for the stolen, un film che segna questa edizione di Alice nella Città.
Scritto e diretto dalla regista messicana Tatiana Huezo, racconta la drammatica vicenda di Ana.
Ana abita in un povero villaggio nelle montagne messicane, dove ogni giorno si lotta per sopravvivere alla povertà. La maggior parte delle case del villaggio è abitata da mamme che crescono le proprie figlie da sole perché i padri e i figli maschi, per poter mantenere la famiglia, lavorano altrove.
Mentre la madre di Ana lavora come donna delle pulizie nella città più vicina, la bambina trascorre le giornate tra la piccola scuola e le sue amiche del cuore: Maria e Paula.
Le tre bambine hanno costruito un mondo tutto loro in cui divertirsi, ma la quotidianità viene sconvolta dal rapimento di una compagna di classe.
Un film difficile da dimenticare
È un film difficile da dimenticare questo della Huezo, ambientato nelle affascinanti montagne messicane minacciate dalla brutalità dei narcos. Le bambine del villaggio rischiano ogni giorno la vita per la minaccia di rapimento o di morte.
La Huezo racconta in modo sincero le conseguenze del rapimento che sconvolgono la vita di Ana e delle sue amiche. Le madri, infatti, decidono di nascondere le figlie, tagliando loro i capelli e facendo indossare vestiti dismessi, in modo da farle somigliare il più possibile a dei maschi. In più, la madre di Ana insegna alla figlia a distinguere i suoni della natura che le circonda dai rumori umani e, specialmente, da quelli delle macchine. In questo modo Ana potrà riconoscere il rumore del pericolo e nascondersi in una buca scavata nel giardino della casa.
“Un altro mondo è possibile?”
Mentre gli anni passano, e la situazione del paese rimane la stessa, Ana matura in sé la consapevolezza di voler essere libera e dimenticare la paura di ogni giorno, ma ciò significherebbe abbandonare le sue amiche e la sua vita. Il coraggio di questa ragazzina di tredici anni, che vorrebbe solo vivere la sua vita, è un messaggio forte e regala speranza a una vicenda che lascia senza parole fin dalla prima sequenza. Le difficoltà delle donne, il pericolo di essere rapite, di svanire nell’ignoto o essere uccise: temi che noi spettatori non riusciamo neanche a immaginare e, forse, proprio per questo la regista ha scelto di parlarne.
Assieme all’età anagrafica di Ana, Marya e Paula, il pericolo cresce. Seguendo il quotidiano della protagonista, la sensazione di essere spiata, assalita o uccisa è parallela a questa sensazione di ignoto che coinvolge lo spettatore e lo spinge a domandarsi se, per Ana e le altre, un altro mondo sia possibile, seppur nella finzione.
Prayers for the stolen: il cast
Un altro aspetto fondamentale alla riuscita del film è la scelta del cast.
Dalle piccole Ana Cristina Ordóñez González, Blanca Itzel Pérez, Camila Gaal, alle adolescenti Marya Membreño, Mayra Batalla e Alejandra Camacho. Il film vanta un cast al femminile in grado di portare sullo schermo le numerosi emozioni provate dai personaggi da loro interpretati. In particolare la piccola Ordóñez González, interprete di Ana, sconvolge lo spettatore per l’ espressività con cui realizza la sequenza del taglio dei capelli. Un rito di passaggio per la salvezza, in cui alla bambina vengono tolti per sempre l’infanzia e il simbolo più forte della femminilità.
Il trailer ufficiale
La recensione di Antonio Maiorino