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Festival di Roma

‘Farha’. La crudeltà della guerra attraverso la serratura

Un film sulla Palestina in concorso al festival di Roma. In un villaggio, una bambina assiste ai primi bagliori della guerra e alla violenza dell’esercito d’Israele. Un’opera prima, matura e sintetica.

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Farha

Farha, titolo della selezione ufficiale della Festa del Cinema, è il primo lungometraggio di Darin J. Sallam, prodotto da TaleBox, Laika Film & Television e Cimney con il supporto degli istituti per il cinema giordano e svedese. Già selezionato al Festival del Cinema di Torino del prossimo novembre, il film è ispirato al resoconto di una sopravvissuta (Radiyyeh) alla diaspora palestinese.

Nel 1948, dopo quasi trent’anni, il governo britannico lascia la Palestina proprio mentre viene fondato lo stato ebraico; segue il primo conflitto arabo-israeliano che provoca oltre 700 mila profughi palestinesi.

La trama di Farha

Palestina, 1948. Farha (Karam Taher) è una bambina e abita in un villaggio semirurale. Mentre le sue amiche giocano nei pressi di una cascata, lei legge; vorrebbe studiare in città, dove vive la sua più cara amica. L’esercito inglese pattuglia la zona. Il padre (Ashraf Barhom, The Kingdom, Agorà) è il «sindaco» e vuole concederla in moglie al cugino Naser. La ragazza sembrerebbe disposta ad accettare, in cambio del permesso per andare a scuola. Per caso sente il padre parlare con alcuni uomini a proposito di armi nascoste. Poco tempo dopo, Farha avverte colpi di arma da fuoco in lontananza, il villaggio è in subbuglio; il padre trova per lei un posto a bordo di un’auto ma la figlia non vuole lasciare il genitore e torna indietro . L’uomo, allora, la nasconde in un magazzino fino al suo ritorno. Farha attende nella semioscurità mentre, all’esterno, una squadra dell’esercito israeliano entra nel villaggio.

Un’opera ben fatta

Farha vanta una sintassi scenica ordinata, inquadrature puntuali e colori morbidi e molto equilibrati (in ordine, Pierre Laurent al montaggio, fotografia di Rachelle Aoun e coloring di Antonio Ikovic). Dalle scene traspare una certa limpidezza d’intenti autoriali. Sfortunatamente la sequenza del magazzino, lunga più di un terzo del film, sottrae troppo alla trama e alla qualità del girato. Per il resto il lungometraggio non ha davvero perdite di ritmo o sequenze morte. Le soggettive di Farha, che guarda al di qua della porta, hanno, a tratti, qualcosa di amatoriale ma sono inserite con metodo.

Karam Taher, per la prima volta sullo schermo, è molto brava. L’impressione è che si faccia carico di tutto lo shock della scena, permettendo allo spettatore il distacco e la riflessione. Anche in questo c’è del metodo, probabilmente nella direzione dell’attrice e nell’interpretazione stessa. La sceneggiatura (firmata dalla regista insieme al produttore Deema Azar) è asciutta e sottintende, in pochi lampi, più elementi narrativi, come il desiderio della ragazza di studiare, la sua maturità sessuale e la concezione della figura paterna. Il film è compatto, lineare e sembra realizzato con coerenza dalla scrittura fino alla post produzione.

Farha

  • Anno: 2021
  • Durata: 92 minuti
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Palestina
  • Regia: Darin J. Sallam

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