Ad Alice nella Città, parallela alla Festa del Cinema di Roma, presentato Takeaway, di Renzo Carbonera (da lui anche scritto), con Libero De Rienzo, Carlotta Antonelli, Primo Reggiani, Paolo Calabresi e Anna Ferruzzo. Il film è prodotto da 39Films, Interzones Pictures, in associazione con Laser Digital Film, e distribuito da Fandango.
Questo film è dedicato a Libero De Rienzo che qui fa la sua ultima, grandissima, performance da attore.
Leggi la nostra intervista esclusiva a Libero De Rienzo con la quale lo abbiamo celebrato su Taxidrivers, dopo la sua scomparsa.
Takeaway è un film coraggioso che scopre il lato oscuro dello sport e le debolezze della nostra società, fondata sul mito della vittoria a ogni costo.
Takeaway: la trama
Maria è una marciatrice, una sportiva molto dedita alla sua passione. Il suo allenatore è Johnny, anche suo compagno di vita, più grande e più esperto di lei. Johnny decide di dare una marcia in più a Maria con sostanze dopanti, ma questo che per lei è un sogno, si trasforma in un incubo quando arriva Tom nella sua vita: lui conosce bene quel mondo e quel modo di affrontare lo sport; conosce tutte le ombre che si celano dietro il successo spinto da medicinali non consentiti.
Il film racconta di uomini e donne terribilmente soli; personaggi che affrontano le loro vita con il solo obiettivo, dichiarato o taciuto, di essere i primi. Anche quando provano a fare squadra, come sottolinea il dirigente della società sportiva per la quale marcia Maria, non lo sono mai davvero. È sicuramente il caso di Maria e Johnny. Sono in due, ma, almeno per una parte della storia, sono la stessa cosa: come un unico corpo, perseguono metodicamente il loro obiettivo di vincere le più importanti gare di marcia.
Seguire gli altri in Takeaway vuol dire lasciarsi guidare senza criticare o dire la propria; vuol dire compiacersi dello sguardo degli altri su noi stessi nel ruolo di vincitori. Non significa collaborare, essere squadra, essere comunità. Probabilmente sono questi gli insegnamenti più importanti che possa dare lo sport.
“Cosa non si fa per vincere eh? Facciamo tutto quello che ci dicono gli altri”
“Io voglio vincere per me”
Lui con un passato controverso e fuori dai giochi, lei con la determinazione di arrivare davanti a tutti e la cieca fiducia in Johnny. Lui le propone di tagliare il traguardo con in corpo sostanze illegali – delle quali è espertissimo – senza che lei faccia la minima resistenza, ponga il minimo dubbio. Dimostrazione della diffusione di tali pratiche, considerate abitudinarie e parte del gioco, non solo tollerate.
Accanto a loro ci sono i genitori di Maria. Molto diversi l’uno dall’altra e mai vera squadra: la madre distaccata, il padre apprensivo; la madre personaggio attivo (certo, con le sue debolezze sostenute, anche quelle, da Johnny), il padre personaggio quasi remissivo.
Vivono in un paesino di montagna, svuotato dei suoi abitanti, dove gestiscono un hotel senza più turisti e una piccola stazione di rifornimento. Questo scenario veste il dramma raccontato in Takeaway di tinte kubrickiane, sebbene con stile molto meno claustrofobico se si pensa alle scene girate in esterni. Non altrettanto, considerando la cinica determinazione di Johnny a raggiungere l’obiettivo.
Il tema centrale del film
Takeaway affronta un aspetto delicato e oscuro dello sport, quello dell’uso di sostanze dopanti. Ma scavando un po’ più a fondo nella storia, emerge forte il tema dell’individualismo, sostenuto dalla determinazione a vincere. Questo riflette bene il mondo e la società contemporanei. Ognuno è dentro la propria pista sulla terra rossa; ognuno in corsa per arrivare prima di tutti gli altri al traguardo; per farcela su tutti e più veloce di tutti. Manca totalmente un senso di comunità e di appartenenza. Maria proverà su di sé quanto questo richieda in termini di sofferenza, tenacia da ostentare, capacità di nascondere ciò che realmente si è; e le si presenterà l’occasione di apprendere che non si è sempre soli: spesso la vita ci mette di fianco qualcuno a cui badare, a cui badare davvero, dedicandogli la vita e non solo usandolo per gli scopi cinici stabiliti a tavolino.
Così i personaggi soffrono di ansie, depressioni. E non sono questioni sconosciute alla società in cui siamo immersi.
“Esiste solo una morale: il podio”
Il Takeaway di Carbonera permette, quindi, anche uno sguardo sul mondo contemporaneo, e non denuncia soltanto una pratica sportiva illecita che riguarda troppi atleti professionisti. I dati nel cartello che chiude il film sono impressionanti e inaspettati, per quanto la nostra immaginazione possa correre lontano.
La regia in Takeaway
Renzo Carbonera ci mostra un mondo freddo e insensibile al prossimo, non semplicemente ambientando la storia in un paesino di montagna spopolato, ma anche con una fotografia completamente dominata dalle tonalità fredde, appunto. L’unico accenno contrastante è il colore rosso che prova a riempire i dettagli della scenografia e dei costumi senza mai riuscire a scaldare tutto il quadro, in perfetta sintonia con i personaggi della sceneggiatura. Maria è il colore rosso, qualunque significato si voglia attribuire a questa sfumatura.
La musica è quasi totalmente assente e il campo sonoro è lasciato ai rumori d’ambiente, ancora una volta testimonianza di quanto freddo sia lo stile dominante; così come ci lascia intuire anche la macchina da presa che non si percepisce mai davvero vicina ai personaggi, ai loro dettagli: tutto ciò che conta è vincere e non c’è tempo per soffermarsi su aspetti secondari.
Takeaway mostra coraggio nell’affrontare le ombre dello sport e tratteggia in modo efficace, stimolando lo spettatore a scendere in profondità per coglierle, anche le caratteristiche più deboli del mondo in cui viviamo. Si può vincere una gara, anche vincerle tutte, con tutti i trucchi possibili, ma dobbiamo soprattutto trovare noi stessi e noi stessi in rapporto con gli altri. Perché non siamo mai soli. Amara è l’ultima battuta del film che congeda gli spettatori con questa riflessione in tasca, mentre riprendono la marcia dentro le loro vite.