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Edoardo Coen racconta il suo Matteo in ‘Luna Park’ su Netflix

Disponibile su Netflix 'Luna Park' è una serie italiana, prodotta da Fandango, in 6 puntate, nella quale Edoardo Coen interpreta Matteo Baldi

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Attore nato e formatosi con il teatro, Edoardo Coen è approdato sullo schermo con Luna Parkla nuova serie Netflix prodotta da Fandango. In sei episodi ambientati nella Roma degli anni ’60, due sorelle gemelle, separate quando avevano un anno, si incontrano. Insieme a loro, però, s’intreccia tutta una serie di dinamiche che dà vita a un vero e proprio luna park. Ne abbiamo parlato con Edoardo Coen.

Edoardo Coen e il successo di Luna Park

Prima di parlare del personaggio di Matteo, interpretato da te in Luna Park, volevo parlare della serie. Come ci dice il titolo, è un vero e proprio luna park, soprattutto di emozioni. Ho apprezzato molto il mix di generi che si alterna come una montagna russa e che dà vita, oltre che a tanti generi, anche a tante tematiche. In primis però c’è un ritorno al passato. Com’è stato tornare indietro nel tempo? È stato positivo lavorare a una serie ambientata nel passato?

È stato bellissimo. Io credo che per un attore un progetto in costume sia sempre una bella prova, perché bisogna riuscire a restituire l’epoca attraverso il modo di parlare, di muoversi, di comportarsi. È stato stupendo.

Ci sono dei punti in comune, secondo te, tra la vita di oggi e quella degli anni ‘60 rappresentata in Luna Park? Perché seppur con colori, fotografie, costumi e ambientazioni dell’epoca e con evidenti richiami, io personalmente ci ho visto anche un po’ di presente.

Sì, ci sono punti in comune. C’è una grande voglia di emanciparsi da quel mondo e una voglia di conquistare qualcosa che sia la propria identità o un amore o anche semplicemente un lavoro. Io penso che questi ragazzi abbiano in comune con noi una grande fame; hanno voglia di mangiarsi il mondo. É una cosa che ritrovo anche oggi; questo grande desiderio di trovare sé stessi. E questo riguarda tutti i protagonisti, ognuno a suo modo.

Un altro aspetto sul quale volevo riflettere, sempre a livello di confronto, è quello tra due generazioni diverse: genitori e figli. È vero che è uno dei “confronti” classici, soprattutto nel cinema, ma qui si mescola con tutto il contorno dell’epoca. Com’è e com’è stato, in questo senso, far parte di un film corale, in parte giovane e giovanissimo e in parte già conosciuto al grande pubblico?

Noi giovani non abbiamo mai sentito un distacco tra noi e loro, perché sono sempre stati tutti, fin dal primo momento, molto inclusivi, disponibili e generosi. Ci hanno consigliato e indirizzato. Non si è mai avuta la sensazione del grande nome che arriva sul set e si fermano tutti a venerarlo. C’è stata sempre molta partecipazione nella realizzazione del progetto. Per me è stato anche molto formativo trovarmi con questi nomi. Io personalmente, ogni volta che potevo rubavo qualcosa a loro, ma anche ai miei coetanei.

Secondo te è corretto definire Luna Park anche una storia di formazione?

Sì, ogni personaggio parte in un modo e nell’ultima scena è completamente diverso. Ed è proprio una cosa che si nota negli occhi, perché tutti hanno una consapevolezza diversa ed entrano in un percorso di crescita. Vengono travolti da questi eventi e si ritrovano tutti a crescere e misurarsi con cose più grandi di loro.

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‘Luna Park’ La nuova serie italiana targata Netflix

Il personaggio di Matteo Baldi

Veniamo, quindi, al tuo personaggio, quello di Matteo. Dalla cartella stampa è descritto come «un venticinquenne che nello spirito dimostra sessant’anni». Lo avresti descritto anche tu così? Ritrovi il tuo Matteo in queste parole?

Per certe cose sì, per altre un po’ meno. Questo è quello che mi dissero anche nei primi provini. Il personaggio di Matteo doveva essere proprio lo sfigato, un ragazzo chiuso. È vero che per certe cose può risultare un po’ rigido e bacchettone. Ma, in realtà, è un lato che poi si ammorbidisce. Quindi la superficie dice quello che dice la cartella stampa, ma, andando più a fondo, c’è altro, come per ognuno di noi.

Nonostante sia più nell’ombra rispetto ad altri personaggi (Nora e Simone in primis), Matteo, almeno secondo me, è uno dei personaggi più interessanti. Può sembrare chiuso e rigido nei primissimi episodi, ma, col tempo cambia e, alla fine (senza naturalmente fare spoiler), è uno di quelli che cresce di più, forse l’unico insieme a Giggi. Sei d’accordo?

Sì, è vero. Anche Giggi è sempre molto espansivo, ma in fondo nasconde un disagio veramente immenso. Io credo che Simone, Rosa e Nora siano ragazzi più risolti, che hanno più chiaro quello che sono e quello che vogliono essere. Giggi, invece, fa un percorso incredibile. Rinuncia alla sua carriera, mette a rischio tutto quello per cui ha lavorato e Matteo inizia ad aprirsi e sposare anche i punti di vista che non sono il suo o quello della famiglia dalla quale proviene. Si fortifica.

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L’evoluzione di Matteo

Come hai detto, Nora, Simone e Rosa sono più “risolti”, mentre Matteo e Giggi sono, in un certo senso, l’opposto. Però, alla fine dei conti, sono i due che vivono l’evoluzione più significativa e meno “lineare” rispetto agli altri tre. E secondo me sei stato bravo a rendere tutte quelle piccole sfumature che portano a questo cambiamento. Come hai lavorato per la realizzazione del personaggio?

Siamo partiti tutti dal cercare di capire come vivevano, come si muovevano, come parlavano e come ragionavano queste persone in quell’epoca lì. Quindi il primo lavoro l’ho fatto sul corpo e sul tipo di linguaggio che andava usato. Anche perché stiamo parlando di tempi completamente diversi, in cui la gente parlava in modo quasi teatrale, soprattutto nella borghesia medio alta e Matteo ancora di più rispetto ad altri perché bloccato in una serie di stereotipi. Ho cercato, proprio per questo motivo, di lavorare in questa direzione e anche sulla sua introversione. Mentre Simone, per esempio, è un personaggio più “aperto”, che prende le cose di petto, Matteo me lo sono immaginato con le spalle più chiuse e come uno che tende a parlare meno rispetto agli altri perché introverso. Comunque è uno che studia le persone e che prima di parlare ci pensa due volte senza mai dire fesserie (al contrario di Giggi).

E poi è stato bello perché abbiamo lavorato tanto insieme noi cinque, sentendoci costantemente. C’è stata tanta cura, cercando di fare un lavoro vicino tra di noi. E sono nate anche belle amicizie. Anche se, in realtà, con Giulio Corso (che interpreta Sandro Ralli) e Guglielmo Poggi (che interpreta Giggi) ero amico da molto prima. Insieme, abbiamo fatto una cover di 24000 baci in chiave rock. L’abbiamo registrata e fatto il videoclip. Questo per dimostrare il legame di amicizia che si è creato.

Tornando al cambiamento che Matteo ha nel corso delle puntate, volevo chiederti se credi che parte del merito vada dato a Rosa e all’amore che prova per lei che lo spinge, in qualche modo, a cambiare.

Sì, senza dubbio. Lei è il suo motore. Un motore che parte come un amore molto idealizzato, che poi si trasforma, perché si trovano a fare i conti con la realtà dei fatti. E Matteo è pronto a tutto per questa ragazza. Lui rimane tanto ferito dal fatto che Rosa non gli dica di Nora, non perché si sente escluso, ma perché è pronto a dare tutto per lei. E questo suo essere così cavaliere è forse la cosa che mi è piaciuta di più del suo personaggio.

Il confronto tra Edoardo Coen e Matteo Baldi in Luna Park

Una domanda più classica: quanto c’è di Edoardo Coen in Matteo Baldi di Luna Park e quanto c’è di Matteo Baldi in Edoardo Coen?

Non poche cose. Sicuramente l’aspetto romantico è quello che ci accomuna di più in assoluto. Penso che i registi abbiano visto un po’ di tutti questi personaggi in ognuno di noi e questo li ha spinti a sceglierci. In comune con Matteo ho anche degli ideali e valori in cui credo tanto e che difendo. Poi Matteo è un ragazzo che vuole realizzare il suo sogno, quello di diventare giornalista di inchiesta politico. E io, come lui, sto cercando di seguire il mio sogno di diventare attore. E sono anche molto timido come lui.

A proposito dell’essere attore, tu hai sempre lavorato nel teatro. Come hai vissuto e come stai vivendo questo cambiamento?

L’impatto più grande è stato trovarsi sul set e viverlo. Alla fine è vero che la serie è disponibile in 190 paesi e che ti scrivono da tutto il mondo, ma quello che ho vissuto e che rimane è ciò che ho e abbiamo vissuto sul set. Ed è stato davvero un parco giochi. Ogni volta arrivavi su un set diverso e vedevi cose spettacolari costruite dal nulla. Non dovevi immaginare nulla perché ti trovavi proprio lì. È un mestiere completamente diverso. Si fanno cose diverse, si vive la giornata in modo diverso; ci sono rituali e preparazione diversi. Mi ha affascinato tantissimo e vorrei continuare il più possibile, senza mai lasciare il teatro.

Per costruire Matteo hai lavorato in base all’epoca e preso spunto da chi era sul set, ma comunque ti sei ispirato a qualcuno? Quali sono i tuoi punti di riferimento?

Ne ho avuto uno che è stato il primo che mi ha dato Isabella Aguilar, che è Hugh Grant in Ragione e sentimento o Notting Hill. E io ho cercato di restituire questo aspetto nel mio personaggio.

‘Luna Park’ Il trailer ufficiale della serie

Edoardo Coen oltre Luna Park

E, invece, il tuo teatro e cinema di riferimento?

In Italia il mio teatro di riferimento è quello di Carlo Cecchi, Valerio Binasco. Ho visto degli spettacoli di Milo Rau che mi hanno sconvolto e colpito e, poi, ovviamente, il teatro inglese. Sono stato ossessionato, per un certo periodo della mia vita, da Peter Brook, che forse è stato il mio primo vero punto di riferimento. Per il cinema, invece, mi piace quello americano: Tarantino, Nolan, Paul Thomas Anderson. Ce ne sarebbero troppi, però il cinema d’autore italiano credo stia toccando vette davvero alte. Tra i registi italiani che preferisco, uno su tutti Paolo Virzì, ma mi piacciono anche Garrone, Sorrentino e i fratelli D’Innocenzo. Comunque mi piace dire che in Italia abbiamo ancora tanto da dire con il linguaggio cinematografico.

La tua scena preferita della serie o comunque quella che ti ha divertito di più girare e quella, invece, più difficile?

La scena che ho amato di più in assoluto è stata quella della proposta di matrimonio, che è stata anche quella del provino, sia per Matteo che per Rosa. Questo nonostante l’avessimo girata in coda a tante altre della giornata e soprattutto nonostante i -3° esterni. La scena più difficile, anche se non la definirei del tutto difficile, è stata quella delle montagne russe perché erano montagne russe più “vecchie”, non come quelle di oggi. Una volta io e Lia siamo rimasti bloccati in cima. E c’è da dire che io, in generale, non amo particolarmente le montagne russe.

Leggi la recensione della serie

In attesa di un eventuale Luna Park 2

Se non fossi stato Matteo chi avresti voluto interpretare?

All’inizio feci anche il provino per Simone che mi piaceva tantissimo, anche solo perché sulla carta sembrava più figo di Matteo. Però non avrei voluto interpretare nessun altro. Mi piace e gli voglio bene. Non potrei tradirlo.

Che consiglio daresti a Matteo? Anche nell’ottica di una eventuale seconda stagione.

Continua a crescere. Hai iniziato a farlo, non ti fermare.

Progetti futuri?

Quello che posso dire è che a breve sarò in Olanda e a Lussemburgo per un progetto su Dante Alighieri.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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