Prima di entrare nel vivo della eclettica storia di Himizu, mi preme raccontare un aneddoto produttivo che rende notevole la scelta operata a monte del film.
La pellicola trae spunto da un manga del 2001 di Minoru Furuya. La lavorazione ha però coinciso con gli ultimi drammatici avvenimenti che hanno segnato il Giappone. Confrontatosi con il terremoto, Sion Sono non ha potuto sottrarsi ad una riflessione civile quanto culturale ed artistica: la sceneggiatura di Himizu è stata modificata in modo da aggiungervi testimonianza della tragedia del terremoto del marzo 2011, per permettere al mondo di conoscere il nuovo volto di un Paese devastato e che faticosamente, ma con grande tenacia, sta provando a rialzarsi. La scelta era in un certo senso obbligata: Himizu racconta le vicende di due giovani quanto sfortunati protagonisti, così giovani e sfortunati per cui la narrazione del loro incontro e degli avvenimenti che ne seguono, non poteva certo slegarsi dal punto zero a cui il terremoto ha riportato il pacifico Giappone.
Sumida (Shota Sometani) è un ragazzo introverso e taciturno, che vive in una baracca sulle rive di un lago alimentato dai cambiamenti portati dal terremoto; suo padre è un personaggio aggressivo che anela a vederlo morto per intascarsi l’assicurazione, e la madre, semplicemente, se ne frega. Tra di essi, il piccolo noleggio di barche che mantiene in vita il terzetto pittoresco e ‘smanazzone’, che risolve le controversie a botte. Nei pressi del nolo di barche vivono altri compagni di sventura, terremotati, che proteggono, a modo loro, il giovane Sumida e lo intrattengono dopo la scuola.
Sumida, chiuso nel suo mondo, non si rende conto che Chazawa (Fumi Nikaidou) nutre una vera adorazione per lui: questa ragazzina solare, traboccante e chiassosa, lo conosce meglio di chiunque altro e si dimostrerà essere una delle sue più fedeli fan.
Il povero ragazzo rimane presto invischiato in un brutto affare con la malavita, in cui l’ha incastrato il padre: da questo scomodo problema di soldi sarà il fedele e riconoscente amico Yoruno (Tetsu Watanabe) a tirarlo fuori. Tuttavia, queste contingenze segneranno una conversione effettuata la quale Sumida si troverà ad esternare la parte più violenta e selvaggia della sua natura, in bilico tra ciò che è giusto e ciò che nuoce al prossimo.
In realtà la vicenda è piuttosto una riflessione sull’incertezza del futuro, gustata da un appetito manga sforzato e strillato, che associa una linea visivo-narrativa sulle macerie del terremoto che richiama altri paesaggi della sofferenza: il dopo guerra nucleare piuttosto che un certo cinema catastrofista o sci-fi.
Con questo film arrivano in zona Europea, per la prima volta senza commenti giornalistici impressi o allegati, le immagini della catastrofe dell’11 marzo; e con loro anche una prima astrazione della reazione collettiva che sta interessando il popolo giapponese: lo sconforto è stato abbandonato in funzione di una nuova energia proiettata nel futuro, e riservata soprattutto ai giovani, che potranno ricostruire e gioire della ricostruzione stessa.
Il protagonista di Sion Sono commette errori molto gravi; malgrado la sua aspirazione sia una vita normale, le condizioni di partenza distorte fanno sì che anche questo passo semplice risulti uno scoglio insormontabile. Ecco, quindi, che il motto finale del film, o più che altro il tormentone, è lì a spronarlo: “Non mollare, devi sognare, sei un fiore unico al mondo”.
Guardare Himizu con gli occhi occidentali non è certo un’impresa facile, perciò mi sento di sconsigliare il film a chi non nutra in alcun modo un certo fascino per la cultura orientale e le sue eccentriche espressioni manga. Il film si fa leggere infatti come una metafora complessa oppure come un eclettico e insopportabile tentativo manga di disturbare la platea: per le urla, per i cazzotti e gli schiaffoni, per gli sbalzi d’umore dei personaggi. Questa espressività fuori misura rende la sintonia con i personaggi difficile da stabilire, anche se la “normalizzazione” dei toni e dei volumi, che si opera sul finire, consente una più pacata accettazione della morale; a questo si aggiungono un bagno purificatore, una corsa liberatoria, una routine verbale auto incoraggiante e la dovuta risposta di fronte alla legge per il crimine commesso.
Anche per Sumida, nel suo angolo di barche dimenticato e seppellito dal terremoto, c’è una speranza che lui stesso può contribuire a far avverare.
Rita Andreetti