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Taxidrivers Magazine

Ultracorpo

Viaggio alla scoperta del cinema indipendente di genere. Rubrica a cura di Luca Ruocco

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Una città livida, graffiata da una pioggia continua e battente. Rinchiusi all’interno di questa prigione scura, i suoi abitanti vivono solitari, senza stringere relazioni solide gli uni con gli altri. In questo mondo, “l’altro” è addirittura visto come qualcosa da cui tenersi a distanza, da cui difendersi, se ce ne fosse bisogno.

Gli incontri sono centellinati e dettati da basse urgenze: sesso e soldi. Umberto (Diego Pagotto), in questo mondo neanche tanto distante da quello reale, si arrangia con qualche lavoretto di idraulica.

I soldi sono pochi, ma bastano per assicurarsi lo stretto necessario, e per riuscire ad illudersi di poter avere, un giorno, un vero rapporto sentimentale con una donna, mentre si abbandona, in auto, alle cure di una prostituta [Elisa Straforini], unica estensione del genere femminile, in questo mondo desaturato, oltre all’indelebile ricordo di una madre severa e vigile che, probabilmente, è uno dei fautori di questa realtà anestetizzata.

In un momento di difficoltà economica, Umberto si trova costretto ad accettare un lavoro, conto terzi, in un quartiere popolare. Di solito rifiuta questo genere di chiamate: i soldi non sono mai sicuri, lì, ma questa volta non può che assecondare la richiesta, anche se si vocifera che l’inquilino dell’appartamento bisognoso di un idraulico sia omosessuale.

Dopo il thriller-ecologico 32, del 2008, vincitore del ToHorror Film Fest dell’anno successivo, Michele Pastrello torna a lavorare sul genere, sempre utilizzandolo come modus operandi. Come già per il suo precedente lavoro, la scelta del regista di utilizzare grammatica e suggestioni dell’horror e dello sci-fi è scelta stilistica e maniera, ma certo non la cosa più importante per l’autore, che pone l’accento sul tema trattato, anche stavolta profondo e scomodo: omosessualità e omofobia, in questo caso.

In Ultracorpo (2011), “l’altro” è necessariamente un nemico, proprio perché è vivo e abita un altro corpo, estraneo e potenzialmente concorrente. Se “l’altro”, poi, manifesta anche profonde differenze con ciò che è definito normale, il pericolo si fa più consistente. Avvicinare l’ignoto potrebbe significare perdere i pochi contatti con il mondo reale.

Umberto si spinge, per bisogno, fin dentro la tana dell’“altro”, perdendo, così, ogni contatto con la realtà che, appigliandosi alle barriere sociali, era riuscito a costruirsi. I muscoli pompati nella palestra casalinga non gli saranno utili per difendersi da un nemico che vive nella sua testa, così come inutile sarà l’appigliarsi ad una mascolinità palesata attraverso la passiva frequentazione della prostituta.

L’inquilino omosessuale, interpretato da Felice C. Ferrara, riesce a sconvolgere le sicurezze di Umberto, a far vacillare la sua ipotetica stabilità. Il pregiudizio omofobo, ancor più delle avances dell’inquilino verso l’idraulico, come gli ultracorpi del film di Don Siegel (L’invasione degli ultracorpi, 1955) citati nel cortometraggio nel titolo, e manifestati all’interno di un televisore dentro cui Pastrello instaura un gioco meta-cinematografico con lo spettatore, riesce ad insinuarsi nel corpo dell’infelice Umberto, sino a modificarne la triste realtà e ad ossessionarne i sogni, dando inizio ad un processo di metamorfosi irreale e pericoloso.

“Ma i nostri corpi che fine faranno, Miles?”, “Non lo so, forse quando il processo è completato, l’originale verrà distrutto, disintegrato” – cita profetico Pastrello, nell’incipit del cortometraggio, parafrasando la metamorfosi dei baccelli alieni in quella tutta mentale subita da Umberto.

Ultracorpo di Michele Pastrello, presentato ormai in diversi importanti festival (dal XXXI Fantafestival all’Arcipelago 2011), non ha mancato di accendere qualche polemica, soprattutto all’interno di eventi cinematografici a tematica gay i cui organizzatori, pur rifiutando di prendere in concorso il cortometraggio, hanno ugualmente espresso pesanti disappunti riguardo la presunta omofobia [a nostro parere del tutto assente]letta nel film.

Ultracorpo rimane, però, sovraccarico di significanti, in modo palese e poco digeribile, demolendo un po’ l’atmosfera horror/sci-fi.

A controbilanciare un lavoro un po’ cavilloso di sceneggiatura, bastano l’ottima tecnica registica dimostrata anche stavolta da Pastrello e la fotografia di Mirco Sgarzi.

Il cortometraggio è da poco visionabile all’indirizzo: http://www.michelepastrello.it/

Luca Ruocco

 

ULTRACORPO

Regia: Michele Pastrello

Con: Diego Pagotto, Felice C. Ferrara

Sceneggiatura: Michele Pastrello

Anno: 2010

Durata: 29’

Nazionalità: Italia

 

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