Jessica è una donna scozzese che, dopo aver sentito un forte rumore, inizia a provare una strana sindrome sensoriale mentre attraversa la giungla Colombiana.
Jessica, interpretata da Tilda Swinton (anche produttrice esecutiva del film), comincia a viaggiare verso Bogotà per incontrare sua sorella. Nella città conosce Agnès, un’archeologa che studia resti umani scoperti in un tunnel in costruzione. Colpita dalle scoperte della nuova amica, decide di raggiungerla sul luogo degli scavi.

È un viaggio interiore e fisico quello di Jessica, un personaggio simbolico al pari degli altri presentati nei film precedenti di Apichatpong Weerasethakul.
La sindrome sensoriale, sconosciuta e quindi misteriosa, porta Jessica a isolarsi dal mondo abitato e ad addentrarsi, senza paura, nel mondo naturale sentendosi sempre più in contatto con esso.
Una persona solitaria, curiosa e coraggiosa che, pur soffrendo per qualcosa di ignoto, cerca di trovare serenità nella nuova condizione.
Un compito arduo che forse solo un’attrice come Tilda Switon poteva realizzare.
La Swinton, a Cannes anche per The French Dispatch di Wes Anderson, diventa così alter ego dello stesso Weerasethakul che spiega di aver provato nei suoi viaggi colombiani un’esperienza simile.
A questo si unisce l’abilità del regista di portarci nel suo mondo visivo, pieno di immagini, suoni e luoghi, in cui il trasporto del personaggio è vicino ad un’esperienza quasi metafisica. Ma, sarà l’incontro con l’essere umano, sulla riva di un fiume, a riportare a Jessica la chiarezza di cui ha bisogno.
Memoria: le dichiarazioni di Apichatpong Weerasethakul
«Ho immaginato che le montagne fossero il ricordo delle persone attraverso i secoli. Le grandi serre, le loro pieghe e i ruscelli, sono come le pieghe del cervello o le curve del suono».
Il regista, da sempre attratto dalla storia della Colombia, ha visitato più volte il paese e, dalle allucinazioni che ha avuto nel paese ( le stesse del personaggio di Jessica), è nata l’idea del film.
Weerasethakul ha sentito dei forti rumori all’alba che hanno comportato allucinazioni solo durante il viaggio in Colombia.
Ma ciò non ha compromesso il suo affetto per questa terra che ama profondamente e che ha voluto cantare nel suo film.
Il regista infatti, da sempre attratto da suoni e visioni, ha vissuto le sue esperienze fisiche come un estremo contatto con la terra colombiana. Il film offre, quindi, allo spettatore una ricostruzione topografica di un luogo in cui vengono scossi scheletri, immagini e suoni.
