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Asian Film Festival

‘Red Post on Escher Street’. Il nuovo, imprevedibile film di Sion Sono

Con il consueto stile iperbolico e debordante, il regista giapponese ritrova l'essenza del suo cinema in un'opera bizzarra ma genuina

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Presentata all’Asian Film Festival di Roma, Red Post on Escher Street è l’ultima fatica del regista nipponico Sion Sono. Un autore libero da qualsiasi canone che questa volta mette da parte l’autocompiacimento fine a se stesso e si cimenta in un’opera bizzarra ma sincera.

Red Post on Escher Street: Trama

Le esistenze di un gruppo eterogeneo di persone si incontrano e scontrano negli studi dove si stanno svolgendo i casting del prossimo film dell’acclamato autore Tadashi Kobayashi (Tatsuhiro Yamaoka). L’unica cosa che le accomuna? Essere attrici e attori esordienti. Ma il progetto iniziale del regista, desideroso di fare un film genuino e senza star come il suo esordio giovanile, non sarà facile da realizzare.

Un film dentro il film

Non si può dire sia una filmografia dove il cinema è poco presente, quella di Sion Sono. Un cinema che l’autore nipponico spesso mette in scena, raccontandolo nel suo farsi, nel suo tentativo di ingabbiare una realtà con cui spesso finisce (anche drammaticamente) per confondersi. Why Don’t You Play In Hell?, Antiporno, The Forest of Love, sono solo alcuni dei titoli di Sono, dove questa tendenza metacinematografica è più forte e insistita. Il perfetto controcanto teorico di un percorso artistico altrimenti anarchico e imprevedibile. A questo gruppo sembra far parte anche Red Post on Escher Street. Opera corale e sregolata, quasi interamente girata dal punto di vista di chi il cinema lo fa senza essere notato: le comparse.

Verso una maggiore autenticità

Un film-mondo sugli attori, dunque, anche i più marginali. Una sorta di personalissimo Effetto Notte, che è anche una lettera d’amore a un’umanità assurda ma sorprendentemente autentica. È proprio all’autenticità, d’altronde, che è votata la vita del regista Kobayashi, desideroso di ritrovare la purezza dei suoi esordi cercando nuovi volti tra gli attori amatoriali. Un intento che si rispecchia in quello di Sono stesso, finalmente in grado di ritrovare, attraverso questo studio di personaggi fuori scala, la vitalità delle sue opere migliori.

Lontano dai film debordanti ed estremi degli ultimi tempi, Red Post on Escher Street sorprende così per la sua sobrietà stilistica ed espressiva, per quel rigore di fondo che ne fa  qualcosa di più di un semplice pastiche compiaciuto.

Inseguendo fantasmi

Tra mitomani, psicopatici, groupies e fantasmi, il regista di Love Exposure lascia così la scena a un insieme di personaggi sopra le righe, permettendo loro di diventare, per la prima volta, protagonisti. Un intento reso esplicito dall’ incedere sempre più caotico, pronto a esplodere nell’inevitabile delirio finale, dove cinema e realtà si confondono senza più alcuna possibilità di scissione.

Come in un 8 ½ visto attraverso gli occhi di una comparsa, Sono mette così in scena una parata di perdenti, le cui vite si intrecciano e confondono, mischiando toni, registri e generi diversi. Il risultato è un film certamente minore nella produzione del regista, ma che riesce a sorprendere per libertà espressiva e chiarezza di intenti. Quasi come se, per un momento, quel fantasma di un cinema che non esiste più fosse ancora raggiungibile.

Red Post on Escher Street

  • Anno: 2020
  • Durata: 148'
  • Genere: Commedia drammatica
  • Nazionalita: Giappone
  • Regia: Sion Sono

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