Un giorno senza fine… in compagnia di Cosimo Alemà
Autore di un’infinità di videoclip, il romano classe 1970 Cosimo Alemà esordisce nella regia del lungometraggio con il violento thriller “At the end of the day-Un giorno senza fine”, presentato durante la XXXI edizione del Fantafestival ed in uscita in sala il 22 Luglio 2011. Proprio al termine della proiezione del film presso la manifestazione romana, abbiamo avuto modo di incontrarlo per un’intervista. A cura di Francesco Lomuscio
Autore di un’infinità di videoclip, il romano classe 1970 Cosimo Alemà esordisce nella regia del lungometraggio con il violento thriller At the end of the day – Un giorno senza fine, presentato durante la XXXI edizione del Fantafestival ed in uscita in sala il 22 Luglio 2011. Proprio al termine della proiezione del film presso la manifestazione romana, abbiamo avuto modo di incontrarlo per un’intervista.
In Italia il genere si cavalca pochissimo ormai da tempo, anche se sembra che, recentemente, qualcosa si stia smuovendo. Quanto è stato difficile portare a compimento un’operazione di questo tipo?
In realtà, At the end of the day non è un prodotto tutto italiano, ma una co-produzione tra molte entità; un po’ è stato difficile portarla a compimento, ma volevamo realizzare un prodotto internazionale, per questo abbiamo girato in inglese. Poi, io che non mi sento un autore, non volevo fare il film della mia vita, e, oltretutto, buttandoci sul lungometraggio di genere credevamo di avere più chance. Ed abbiamo avuto ragione, perché siamo riusciti a venderlo in molti paesi del mondo.
Questo è il tuo primo lungometraggio da regista…
In realtà, io ho cominciato la mia carriera con il cinema, perché realizzai a metà anni Novanta un episodio del film collettivo Intolerance, tra i cui registi c’erano anche Gabriele Muccino e Paolo Virzì. Poi ho diretto un po’ di cortometraggi e, in seguito, sono stato inghiottito dal meccanismo dei videoclip, ma, ad un certo punto, ti ricordi che è con il cinema che hai cominciato.
In che senso At the end of the day è ispirato a fatti realmente accaduti, come viene precisato in apertura?
Nel corso dei primi anni Novanta, nei Balcani sono successi molti fatti simili a quello descritto nel film; non con giocatori di soft air, ma con cacciatori e militari nonni all’interno dei campi d’addestramento. Tutto qui, il film è solo ispirato a quei fatti.
Il film sembra riallacciarsi al filone reso popolare da Un tranquillo week-end di paura di John Boorman…
Sì, Un tranquillo week-end di paura è il capolavoro a cui abbiamo sempre aspirato.
Però, nel look generale il film ricorda anche pellicole francesi come Frontiers-Ai confini dell’inferno di Xavier Gens…
Non è sbagliato l’accostamento, aggiungerei anche Martyrs tra i titoli che possono avermi influenzato, perché, come il film di Gens, lavora con il genere europeo filtrandolo attraverso un linguaggio da film d’autore a cui non siamo abituati, visto che è soprattutto l’horror americano a finire sotto i nostri occhi. Tra l’altro, io credo che Martyrs e Frontiers rientrino tra i migliori film dell’orrore degli ultimi anni.
Al di là dei film che abbiamo citato, quali sono i tuoi maestri e i cineasti che ammiri?
Io ho un amore spassionato per Roman Polanski, perché, più di tutti, rappresenta l’intrattenimento di genere coniugato all’intelligenza; poi, anche Alfred Hitchcock e non mi vergogno affatto di dire che mi piace Steven Spielberg. Di italiani ben poco, però mi piace molto Matteo Garrone.
Credi sia possibile il ritorno di un cinema di genere in Italia?
Credo di sì, anche se la cosa m’interessa relativamente, perché la logica dovrebbe essere quella di trent’anni fa, quando i film, fin dall’inizio, venivano pensati per essere mandati anche all’estero. In tutti questi anni, l’unico che ha continuato a lavorare così è stato Dario Argento; non dimentichiamoci che, a suo tempo, i film italiani che venivano esportati erano quelli di genere western, i peplum e quelli interpretati da Bud Spencer e Terence Hill, a parte qualche pellicola d’autore, ma in quel caso si tratta di un’altra tipologia di pellicole. Io credo che occorra soltanto un’idea vincente che stimoli qualche produttore pigro. Da parte nostra, noi abbiamo concepito un prodotto super indipendente, pensato, però, per l’estero.
Come convinceresti i nostri lettori ad andare a vedere il tuo film al cinema?
Io penso che sia un film molto onesto, poi, chi ha avuto modo di vedere i miei lavori realizzati per MTV può già immaginare di vedere un horror atipico, sicuramente un prodotto italiano diverso. Anche se, secondo me, si tratta di un thriller romantico con elementi western.
Francesco Lomuscio
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