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Quindici anni di V Per Vendetta: dal libro al film, un grido di libertà

Il misterioso V rapisce una prostituta nella Londra di un futuro distopico per condurre un attacco al potere costituito

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V Per Vendetta è una graphic novel firmata dal genio di Alan Moore e disegnata da Dave Gibbons, diventata un film omonimo uscito in sala quindici anni fa.

A volte basta solamente una maschera. Una maschera che diventa un simbolo contro il potere, il dominio, la tirannia e il dispotismo: un simbolo usato da Moore nella sua graphic novel, ma anche da James McTeigue nel loro film del 2006, che rappresentò una vera e propria sfida per l’attore che la doveva indossare, Hugo Weaving, per l’impegno a recitare per bene due ore e ad essere espressivo con il viso nascosto.

V for Vendetta va annoverata tra i primi lavori di Alan Moore e risulta, dunque, lontana dal genio creativo di  Watchmen, opera riconosciuta mondialmente quali capolavori della letteratura a fumetti.

La trasposizione cinematografica, una scommessa come tutte le opere tratte da moloch come il romanzo di Moore, fu invece attesa al varco ma accolta molto favorevolmente, sebbene semplificativa in più punti rispetto al materiale originario, che poteva contare anche su insert letterari.

V per Vendetta  di McTeigue traccia due percorsi di vita e li interseca perfettamente: Evey e V percorrono strade diverse, ma si congiungano nello stesso desiderio, più o meno espresso, di ribellarsi contro una dittatura insostenibile.

Entrambi, sia nel film che nel libro, sono due personaggi pervasi da una trasparenza commovente (cortocircuitando la funzione della maschera come copertura) e la narrazione ha un sottotesto potente e percepibile: la rivendicazione di un’idea.  In V per Vendetta si può vedere nel ricamo narrativo, fondato sull’odio e sulla rivalsa, tutta la trama viscerale che nasce lontano, un intreccio che ricalca il vero volto del film: un’idea di libertà mortificata, a brandelli.

Tra le principali tecniche narrative adoperate in V, è possibile riscontrare innanzitutto l’intertestualità, ossia un attento lavoro di riscrittura e reinterpretazione delle tradizioni culturale e letteraria, accompagnato da una acuta e profonda riflessione sulla società e sulla natura umana.

Attraverso la de-costruzione prima e la ri-costruzione poi di elementi narrativi preesistenti e ben consolidati, V per Vendetta reinterpreta e lancia un guanto di sfida a simboli e idee arcinote e comunemente accettate da tutti, riproponendoli in contesti estranei/altri e, pertanto, rivestendoli di significati inediti (l’innovativa decostruzione dell’eroicità tradizionale dei supereroi Marvel in Watchmen ne è un esempio più che lampante).

La reinterpretazione del “classico” assume comunque spesso in Moore una forma parodica, mediante l’attribuzione di tratti sovversivi e inaspettati a formule già note. Attraverso la manipolazione di forme e formule antiquate, l’autore dà vita, di fatti, a una riflessione critica su aspetti essenziali – sociali politici e culturali – della nostra esistenza.

Certo, l’importanza di una piena comprensione delle formule narrative della precedente tradizione è funzionale a una migliore comprensione del proprio presente, grazie a una piena consapevolezza del proprio passato. Sotto questo aspetto, V per Vendetta condivide l’idea di Eliot secondo cui solo il possesso di un’adeguata prospettiva storica permetterebbe all’uomo di assumere piena coscienza della propria contemporaneità.

Il personaggio di Evey Hammond è un primo esempio della dissimilarità decostruttiva che caratterizza l’intera opera. Il ruolo della ragazza ricorda chiaramente al lettore la figura del giovane aiutante dell’eroe principale, elemento tipico della letteratura a fumetti classica.

Tuttavia, il fatto che si scelga un’aiutante donna costituisce certamente un fattore di novità, assolutamente non casuale, dato che la femminilità di Evey si carica di un forte simbolismo in tutta l’opera: in questo senso, pur se lontana dall’iconografia di Dave Gibbons, il volto di Natalie Portman è perfetto nella sua fisicità esile e allo stesso tempo forte, gracile e vigorosa, per un viaggio esistenziale che la porterà alla luce di una nuova conoscenza.


La reinterpretazione intertestuale adottata in V for Vendetta, inoltre, è perfettamente sintetizzata già nella sola figura del protagonista, V, che vuol essere un supereroe ma che nulla, o quasi, ha che vedere con il supereroe classico.

Tanto la sua caratterizzazione fisica (l’oscuro costume da Guy Fawkes), quanto la natura stessa della sua lotta contro i “cattivi” (V non protegge lo stato dal mostro di turno ma piuttosto difende i cittadini dal mostruoso regime che li governa), stridono fortemente con gli stilemi tradizionali e consolidati del mondo del fumetto.

Al cinema come sulla pagina, conseguentemente, V non assomiglia per niente al supereroe tradizionale, che resta passivo e nell’ombra e che interviene solo in caso di pericolo. Al contrario, capovolgendo i ruoli classici, V assume il compito di sovvertire e non preservare lo status quo, ponendo al centro del suo operato il cambiamento e non il mantenimento della situazione pre-esistente. Un supereroe atipico, dunque, che mira a distruggere una società che racchiude il male in se stessa piuttosto che a difenderla da pericoli e minacce esterni.

Come già accennato, anche la connotazione fisica di V è lontana anni luce dal tipico abbigliamento del supereroe e rifugge le classiche tutine aderenti alla Superman, corredato dalle iniziali dell’eroe. Sia Moore che McTeigue (specialmente con l’intensa interpretazione di Weaving) intendono infatti evitare di ricadere in un simile cliché, disegnando per V un travestimento molto più austero, fatto solo di un mantello nero, un cilindro e una maschera da Guy Fawkes, che basta indossare per dar vita alla “trasformazione” – senza dover ricorrere a formule magiche. Proprio come accade in Watchmen, l’eroe assume una connotazione ben più umana e realistica.

Un secondo, e per certi versi, ovvio riferimento intertestuale connesso alla figura di V è Guy Fawkes, uno dei tredici cospiratori che presero parte, nel 1605, alla congiura contro il sovrano James I, denominata Gunpowder Plot e organizzata da Robert Catesby, leader del movimento cattolico. Nella graphic novel, V tenta, secoli dopo, di portare a termine il tentativo di far esplodere il Parlamento, in passato sventato all’ultimo minuto dalle guardie del re.

Il parallelismo tra la figura storica di Guy Fawkes e quella fantastica di V è certamente innegabile. Non che gli indizi disseminati nella storia non siano chiari: il giorno scelto da V come inizio del suo attacco contro la dittatura di Fate, la modalità tramite cui V sceglie di dar vita alla sua ouverture e, palesemente, il travestimento adottato dal nostro supereroe, una maschera in cartapesta che riproduce le fattezze di Fawkes.

V per Vendetta mette in piedi, in tal modo, un’intricata rete di connessioni i cui significati profondi si scagliano ben al di là del mero livello testuale-narrativo. Partendo da un’idea inizialmente avanzata da David Lloyd, l’autore sviluppa il concetto in modo da inglobare alla perfezione i temi della ribellione e della messa in discussione del potere stabilito che permeano l’intero lavoro.

Anche il parallelismo con Guy Fawkes si dimostra essere, ancora una volta, uno splendido esempio del decostruttivismo di Moore: l’autore, infatti, modifica l’interpretazione tradizionale della figura di Guy Fawkes che da traditore della patria, come viene comunemente ricordato nei libri di storia, si trasforma in figura salvifica ed eroe.

Tramite un ironico capovolgimento della storia ufficiale, perché V/Guy Fawkes riesce alla fine a far esplodere il Parlamento, il nostro autore sembra suggerire che non è il fallimento della ribellione, e pertanto la vittoria del Potere, che deve essere ricordato ma, piuttosto, la ribellione stessa, in quanto simbolo di libertà.


I muri della Galleria sono poi tappezzati da numerose locandine: I delitti della Rue MorgueIl figlio di FrankensteinKlondike Annie e Monkey Business per citarne alcuni. Il simbolismo implicito nascosto dietro questi riferimenti cinematografici è chiaro giacché la maggior parte delle opere sopracitate sono film dell’orrore con cui la storia condivide l’atmosfera dark e inquietante nonché la presenza di protagonisti che sono solitamente figure reiette e non convenzionali, proprio come V.

Interessante come nella declinazione cinematografica, McTeigue scelga di non accentuare questo possibile citazionismo, pur trovandosi in un film, ma lasciando tutto sulle spalle di Hugo Weaving che sceglie di dare al suo V una gestualità esasperata, molto teatrale.

Nelle pagine iniziali del testo, V recita un passo tratto da Macbeth, Atto I, scena 2, ma, in un mondo in cui il passato culturale è stato cancellato dal regime, nessuno è in grado di riconoscere la citazione di V, motivo per cui il poliziotto lo bolla come una specie di ritardato scappato da un ospedale.

Più nel dettaglio, i versi di Macbeth citati nelle pagine iniziali della graphic novel, sembrano suggerire una implicita connessione tra la pazzia di quest’ultimo e l’atteggiamento folle in cui spesso ricade il fervore ideologico di V. Si pensi alle tavole che mostrano V che, dall’alto di un tetto, contempla estasiato la distruzione di alcuni edifici chiave simbolo del potere del regime, dirigendone la stessa demolizione con una bacchetta, a mò di direttore d’orchestra.

Tali movenze quasi “teatrali” sembrano suggerire che V, in realtà, non fa che recitare tutto il tempo. La vita, in fondo, non è altro che un “melodramma” proprio come confermano le parole “all the world is a stage” tratte da “As You Like It” che V pronuncia mentre indossa il travestimento da cabaret per lo spettacolo di vaudeville che di lì a poco andrà a inscenare per Mr. Prothero, la voce del supercomputer Fate.

Il tema del teatro è ricorrente nelle azioni e nella persona di V. Tanto il suo abbigliamento quanto la frequente messa in scena di situazioni drammatiche posticce – si pensi alla finta prigionia di Evey nel campo di concentramento di Larkille – potrebbero alludere alla falsità e ipocrisia del mondo moderno: Moore sembra indicare in questo modo che lo sconsiderato abuso di potere assieme all’alienante processo di “lavaggio del cervello” messo in atto dai media creano una distorsione del mondo tale da rendere impossibile la distinzione tra realtà e finzione.

Inoltre, l’attitudine “teatrale” di V e la ricostruzione delle magiche atmosfere degli anni ’30 stridono con il piglio realistico del testo e delle illustrazioni, ulteriore indizio dell’intricata pantomima messa in atto da V, finto supereroe. Egli, infatti, non è altro che un attore, i cui trucchi verranno svelati dal detective Finch che, alla fine, riuscirà a scoprire e a localizzare il nascondiglio di V nel mondo “reale”.

Il fatto, poi, che V utilizzi spesso il pentametro giambico, verso tipico del teatro shakespeariano, è stato interpretato, come già suggerito da Di Liddo, quale elemento critico nei confronti dell’odierno utilizzo del linguaggio di Shakespeare, spesso adoperato in modo improprio nonché una critica alla condizione di decadenza in cui versa attualmente la lingua moderna, ormai priva di significati pregnanti e caratterizzata dall’assenza di poesia. Il blank verse, inoltre, era il metro tipicamente adoperato nelle opere teatrali conosciute come “revenge plays”, i drammi della vendetta, che è anche, e non a caso, il tema centrale della graphic novel di Moore.

La tecnica di ri-elaborazione delle fonti culturali e letterarie appare, dunque, una delle tecniche più efficaci tramite cui Moore svecchia e rinnova il mezzo fumettistico. Tramite allusioni, citazioni e parodie, l’autore costruisce una fitta reti di riferimenti testuali e non testuali, un labirinto intertestuale, vera e propria sfida anche per il lettore più attento che, come Evey, continuerà a chiedersi: “Lo è ancora, vero? E’ un’altra dannata citazione?

V PER VENDETTA

  • Anno: 2006
  • Durata: 132'
  • Distribuzione: WB Pictures
  • Genere: thriller politico
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: James McTeigue
  • Data di uscita: 17-March-2006

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