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Documentari

Il clan dei Ricciai con Andrea Venturi, Massimo Senis, Simone Mattana e Bruno Banchero

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il clan dei ricciai

Il “Clan dei ricciai”, ultimo lavoro del regista Pietro Mereu, è un piccolo gioiello sia dal punto di vista estetico che dei contenuti, grazie al quale ha vinto nel 2018 il premio come miglior documentario al Nòt Film Festival e il Premio Ucca – l’Italia che non si vede al Biografilm Festival, e inoltre è stato trasmesso sul sofisticato canale Sky Arte.

Tutti premi e traguardi meritati vista la difficoltà del tema e l’originalità della storia, che mette tutti davanti ad un’umanità disgregata, emarginata, ma non perduta: i testimoni del film, di Andrea Venturi, Massimo Senis, Simone Mattana, Bruno Banchero e Joe Perrino (cantante molto popolare e autore delle musiche del film) detenuti ai quali la pesca dei ricci, divenuta tradizione nella città di Cagliari, rappresenta una nuova possibilta di vita e di riabilitazione nella società, la stessa che li aveva estromessi da tutto.

Il loro benefattore, datore di lavoro, è Gesuino Banchero, che svolge la professione di ricciaio da ben 30 anni, e che legato alle proprie origini umili, nonostante un’infanzia dura e violenta, resta sempre a contatto con il quartiere cagliaritano di “Sant’Elia”, che definisce “uno dei posti più belli del mondo”.

il clan dei ricciai

Solo chi capisce la profondità della scelta e dell’animo di una persona semplice ma non comune, né superficiale, può comprenderne la nobiltà d’animo, che non si traduce in un atteggiamento di compassione nei fatti, ma in una vera e propria condivisione delle esperienze lavorative e non.

Pietro Mereu racconta di avere faticato molto per convincere i testimoni a raccontare le loro storie e non facciamo fatica ad immaginarlo, viste le loro vite pregresse e i loro vissuti all’interno del carcere del capoluogo sardo.

Le immagini del mare e dei suoi colori sono una costante non casuale nel documentario, un richiamo alla speranza che la natura dell’isola rappresenta per i suoi figli più sfortunati e derelitti: un legame forte con la terra e l’ambiente che a molti condiziona l’esistenza.

il clan dei riccia

L’estetica delle inquadrature va a formare un ossimoro, accostandosi con il pensiero dei quattro testimoni, che raccontano delle vicende crudeli e alienanti della persona: una “bellezza orrenda”, laddove la vita sembra sempre scontrarsi con la fallibilità dell’uomo, mai perfetto a differenza della natura che lo crea.

L’importanza di lavori come “Il clan dei ricciai” è nel voler trasmettere la verità di un mondo, senza nessun atteggiamento paternalistico o compassionevole, ciò che trapela sopratutto grazie ad un’accurata scelta dei dialoghi e delle scene, e alla grande attenzione che Mereu dedica all’umanita’ di questi quattro ex carcerati, bollati dalla società ma non da coloro che vorrebbero cambiarla dall’interno attraverso un sistema sociale che non mortifichi, ma che riabiliti veramente o valorizzi ciò che non si era potuto esprimere: la vita non ci dona a tutti le stesse possibilità.

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