Se pensiamo al cinema francese, dopo i fratelli Lumière, ci vengono in mente un numero imprecisato di autori e di film, classici, moderni e contemporanei, dai quali non si può prescindere, perché fanno parte della nostra cultura cinefila e non solo.
Li abbiamo studiati, respirati, visti da adolescenti senza capirli, ci hanno affascinato, da adulti, e fatto piangere, riflettere o ridere, finché abbiamo imparato ad apprezzare la grande vitalità e varietà di generi del cinema francese, inventivo, sognante, surreale, a volte feroce, a volte ironico.
Ci si può accostare al cinema francese contemporaneo in tanti modi, senza prescindere dalla conoscenza e dalla visione delle opere immortali del passato, a cui i cineasti delle generazioni successive hanno attinto a piene mani con citazioni visive e stilistiche, oppure in piena libertà attirati dai temi ‘forti’ dell’attualità francese: l’interculturalità e i conflitti per l’integrazione degli stranieri, la laicità e le relazioni familiari, le storie originali e fantasiose, le commedie brillanti.
Piccola guida al cinema francese: i grandi classici e la ‘Nouvelle Vague’
Dalle opere sperimentali di René Clair, come il cortometraggio “Entr’acte” (1924), al Jean Renoir di “La grande illusione” (La Grande illusion) (1937),alla Nouvelle Vague ed ai Cahiers du Cinéma di Jean-Luc Godard, Alain Resnais, François Truffaut, Claude Chabrol, Éric Rohmer, con film che hanno fatto sognare e riflettere fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta e Settanta, alcuni considerati piccoli capolavori e pietre miliari del cinema di tutti i tempi, come – per citarne solo alcuni –“I 400 colpi” (Les quatre-cent coups, 1959) e “Jules et Jim” (1962) di Truffaut, “Fino all’ultimo respiro” (À bout de souffle, 1960) e “Je vous salue, Marie” (1985) di Godard, “Hiroshima mon amour” (1959), “Mon Oncle d’Amerique” (1980) e “La vita è un romanzo” di Resnais, o gli attesi film a ‘cicli’ di Rohmer, singolari, un po’ morettiani, come “Pauline alla spiaggia” (1982), “Il raggio verde” (1986), “L’amico della mia amica” o iRacconti delle 4 stagioni (1987-1998).
Pauline alla spiaggia
Piccola guida del cinema francese. Dagli anni Ottanta agli anni Duemila: l’inventiva degli indipendenti
A poco a poco si delinea un cinema ‘nuovo’, in Francia, sperimentale, controcorrente a volte ostico, con registi quali Leos Carax (“Mauvais sang”, Rosso sangue, 1986, “Les amants du Pont-Neuf”, 1991), Jean-Jacques Beineix, noto per il bellissimo e tragico “Betty Blue” (37º 2 le matin,1986 ), Mathieu Kassovitz e i suoi temi ‘razziali’ (“Meticcio”, 1993; “L’odio”, 1995), Olivier Assayas, dedito a conflitti ed ambiguità generazionali e sociali (“Il disordine”, 1986; “L’eau froide”, 1994; “Qualcosa nell’aria”, 2012; “Il gioco delle coppie”, 2018), Patrice Leconte con il suo approfondimento psicologico dei personaggi e l’omaggio al mistero ed alla casualità del destino (“Tandem”, 1987; “Tango”, 1993; “La ragazza sulponte”, 1999; “Confidenze troppo intime”, 2004), o autori più portati alla ‘divulgazione’ e amati dai giovani, come Luc Besson, che a partire dal 1988 firma, uno dopo l’altro, film quali “Nikita” (1990), “Léon” (1994), “Il quinto elemento”(1997)e “Giovanna D’Arco” (1999).
Molti tendono a considerare anche i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, due autori e registi di origine belga, che scrivono e dirigono film su temi socialmente impegnati (“La promesse”, 1996; “Rosetta”,1999; “Il ragazzo con la bicicletta”, 2001; “Due giorni, una notte”, 2014) nel novero dei film francesi, forse impropriamente ma con licenza, perché di lingua francese, spesso co-prodotti in Francia e perché amatissimi da pubblico e critica francesi.
Piccola guida del cinema francese: registe donne, tante e determinate
Anche le registe donne hanno avuto e mantengono un ruolo importante nel cinema francese e la Francia da sempre promulga la parità di genere, vantando l’elevato numero di donne registe fra i tratti peculiari del proprio cinema: basti pensare che, in anni recenti, sotto l’egida del Festival di Cannes è nato il movimento ‘Women in Motion’, volto a valorizzare il contributo delle donne all’industria del cinema, a sviluppare l’empowerment cinematografico e artistico al ‘femminile’ ed a combattere le diseguaglianze. Dalla fine dell’Ottocento con Alice Guy-Blaché, prima regista donna in Francia ed ex segretaria di Léon Gaumont, autrice nel 1896 di “La Fée aux Choux (La fata dei Cavoli)” e di oltre 400 film su temi d’attualità nei primi del Novecento, molta acqua è passata sotto i ponti.
Fra le registe più note e popolari in Francia, la compianta Agnès Varda, di origine belga, capace di rivoluzionare narrazioni e tecniche, raccontando storie originali, dal 1955 con “La Pointe Courte”, fino al premiatissimo “Visages, villages” del 2018.
Una rapida carrellata ci porta a ricordare Claire Denise,regista, sceneggiatrice e attricefrancese interessata ai conflitti social e alle dinamiche familiari, autrice di “Chocolat” 1988 e “L’amore secondo Isabelle”(Un beau soleil intérieur) del 2017 con Juliette Binoche. Oggi, fra le più note e premiate registe francesi si annoverano: Emmanuelle Bercot, interessata ai giovani ed alle loro difficoltà, oltre che a temi di attualità sociale (“A testa alta”, “Polisse”, “150 milligrammi”); Mia Hansen-Løve, autrice di ‘Le cose che verranno-L’Avenir’con Isabelle Huppert, Céline Sciamma autrice di “Pauline”, “Tomboy”premiatissimo ai Teddy Awards della Berlinale 2011 (riconoscimenti per film a tematica GLBTQ) e “Ritratto della giovane in fiamme” in concorso a Cannes 2019; Valérie Donzelli, specializzata in storie d’amore impossibili e tragiche, come la “La guerra è dichiarata” e “Marguerite e Julien”; Valeria Bruni Tedeschi, attrice e regista italiana naturalizzata in Francia, sorella di Carla Bruni, nota per i ruoli eccentrici da attrice e per la regia, fra gli altri, di “È più facile per un cammello” (2003) e “Un castello in Italia” (2013); e ancora le sorelle Delphine e Muriel Coulin che con “17 ragazze”, raccontano la storia,tra realtà e fantasia, di17 ragazzine che rimangono incinte contemporaneamente, o Alix Delaporte che debutta nel 2012 al lungometraggio col delizioso “Angèle et Tony”.
Ritratto della giovane in fiamme
La commedia francese, fra leggerezza e satira
Il cinema francese è fatto anche di ‘fenomeni’, come quello imprevedibile e duraturo legato al film “Il favoloso mondo di Amélie”, diretto nel 2001 da Jean-Pierre Jeunet – già autore del grottesco “Delicatessen” (1991) – un’opera amatissima per anni da pubblico e critica, anche grazie alla protagonista Audrey Tautou, e campione d’incassi dentro e fuori della Francia.
Fra le commedie più amate dai francesi, esistono vere e proprie serialità, come per i film di Agnès Jaoui, attrice, sceneggiatrice e regista di commedie ironiche e intelligenti, le più note delle quali sono: “Il Gusto degli Altri” (2003),“Così Fan Tutti”(2004), “Quando meno te l’aspetti”(2013).
Un gruppo di commedie sagaci e scoppiettanti mostrano il lato ‘leggero’ della commedia francese, che si burla di vizi e contraddizioni della società francese: “La cena dei cretini“ (Le dîner de cons), ad esempio, scritto e diretto da Francis Vebernel 1998, ed ispirato ad un’opera teatrale di successo dello stesso regista, o ancora “Cena tra amici (Le Prénom)”, di Alexandre de la Patellière, tratto da un’altra pièce teatrale, poi ripreso dalla nostra Francesca Archibugi nel film “Il nome del figlio”.
Giú al nord
Fra le altre, innumerevoli, esilaranti commedie francesi rivolte ad un pubblico variegato, si segnalano: “Giù al Nord”, paradossale commedia sull’integrazione fra nord e sud, diretto nel 2008 da Dany Boon; “Tutto sua madre” (“Guillaume et les garcons à la table”, 2013) diretto da Guillaume Gallienne e basato su un suo monologo, oltre che su elementi autobiografici; “7 uomini a mollo”, di Gilles Lellouche, del 2018, con Mathieu Amalric e Guillaume Canet, che vede un gruppo di uomini formare una squadra di nuoto sincronizzato; “Il Piccolo Nicholas” e “Le vacanze del piccolo Nicholas”, tratte da libri per ragazzi, partendo dal punto di vista dei bambini, e diretti da Laurent Tirard.
Film d’attualità sociale: laicità, conflitti interculturali e fra generazioni
A livello di pellicole ‘impegnate’ e incentrate su temi importanti, drammatiche o a lieto fine, non c’è che l’imbarazzo della scelta: dal filone dei film dedicati alla laicità (fra tutti ricordiamo “La vita di Adèle – Capitoli 1 & 2”,La vie d’Adèle: Chapitres 1 & 2, diretto dal regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche, a tematica LGBT, Palma d’oro al Festival di Cannes 2013) e alle famiglie separate e ricostituite, con relative difficoltà dei figli affidati (fra i quali “L’affido” di Xavier Legrand, Leone d’Argento per la miglior regia alla 74^ Mostra di Venezia), o legati a vicende giudiziarie, come “In nome di mia figlia”, di Vincent Garenq,il cui protagonista DanielAuteuil cerca giustizia per la figlia, o “La Corte” di Christian Vincent, dramma giudiziario e sentimentale al tempo stesso con un magistrale Fabrice Luchini (premiato a Venezia con la Coppa Volpi), numerosi sono i film sui temi interculturali e intergenerazionali (come “L’Atelier”, di Laurent Cantet, 2017), sull’integrazione e la ricchezza delle differenze (“Il viaggio di Yao” di Philippe Godeau, 2018, storia di un bambino senegalese disposto a tutto per raggiungere il suo mito in Francia, l’attore Omar Shy), sulle difficili condizioni sociali delle città (“Le invisibili”, diretto da Louis-Julien Petit, 2018, che tratta la chiusura di un centro di accoglienza per donne senza tetto ed i tentativi delle assistenti sociali di reintegrarle altrove), sui conflitti delle banlieu (il recentissimo film-evento “I Miserabili”, del regista francese di origini maliane Ladj Ly, presentato a Cannes 2019, e reperibile in streaming dal maggio 2020).
I Miserabili
Fra i film francesi usciti nelle sale italiane poco prima del Covid-19, e/o attualmente in streaming, che hanno riscontrato maggior successo di pubblico, si segnalano il bellissimo “La Belle Époque”, presentato al Festival di Roma 2019, del regista Nicolas Bedos, con un grande cast (Daniel Auteuil, Fanny Ardant, Guillaume Canet) ed una sceneggiatura di ferro, film sul passare del tempo, sulla nostalgia e sui cambiamenti, “L’ufficiale e la spia”, di Roman Polanski, stupenda ricostruzione dell’Affaire Dreyfuss (architettato quasi come un film ‘giallo’, che omaggia la lunga, e qui taciuta per motivi di spazio, tradizione dei “polar” francesi), e “L’uomo fedele”, di e con Louis Garrel, singolare racconto di una relazione, con separazioni e ricongiungimenti a sorpresa.
I migliori anni della nostra vita
Infine, a chiudere un cerchio ideale, nel 2019, Claude Lelouch ha diretto “I migliori anni della nostra vita”, terzo e ultimo capitolo dedicato ai protagonisti del film cult“Un uomo, una donna” (1966), con i medesimi attori, Anouk Aimée e Jean-Louis Trintignant, a dimostrazione della longevità e della capacità ri-generativa del cinema francese.
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers