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Il giovane Montalbano: la serie dai libri di Camilleri e i suoi episodi ancora seguitissimi

A un anno dalla scomparsa di Andrea Camilleri, Rai Uno manda ancora in onda Il giovane Montalbano e gli ascolti sono assicurati, nonostante sia da tempo recuperabile in streaming su RaPlay.

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È passato un anno dalla scomparsa di Andrea Camilleri e per l’occasione Rai Uno manda ancora in onda  Il giovane Montalbano. Gli ascolti sono molto alti, nonostante sia da tempo recuperabile in streaming su RaPlay. Al terzo episodio della sua prima uscita nel 2012, Taxidrivers ne aveva già parlato, bene, prevedendo un grande successo  e valutando questa fiction  migliore di quella diretta da Alberto Sironi.

La seconda stagione, del 2015, ha confermato i consensi della prima. E Montalbano giovane piace ancora, grazie alla regia di Gianluca Tavarelli e alle ottime interpretazioni degli attori.

Francesco Bruni, soggettista e sceneggiatore

Oltre al soggetto di Andrea Camilleri e Francesco Bruni.   Insieme al maestro Camilleri, alla cui memoria è molto legato, Bruni ha firmato anche la scrittura della trilogia C’era una volta Vigata.

Ma soprattutto, con Salvatore De Mola, Chiara Laudani e Leonardo Marini, tutti gli episodi del Montalbano classico, dal 1999 a oggi. La sua conoscenza dei luoghi, delle vicende e dei personaggi  ha permesso una piacevole armonia con la serie precedente. E la sapienza nella scrittura filmica (anche qui, Bruni è autore della sceneggiatura) ha aggiunto a questa seconda serie, che seconda non è, un’autonomia tutta sua.

Continuità e indipendenza rispetto al commissario di Zingaretti

Salvo, un Montalbano giovane del tutto credibile, non è irrigidito in una logica che lo faccia somigliare per forza al personaggio più adulto. Perché la penna di Bruni e Camilleri, e la regia di Tavarelli, sembrano voler stabilire l’origine dei suoi comportamenti, senza impermalosirsi sulle cause. E così l’affinità, quando si esprime, ha un che di confortante.

Ogni volta che succede proviamo tenerezza per il ragazzo e l’uomo maturo, uniti da una coerenza tutta loro. Anche nella vita il legame tra passato e presente è di per sé consolatorio e ce lo diceva Leopardi, uno che se ne intendeva, non poco.

Il rapporto con il padre: “Mi fa  ancora pena quel picciutteddu che ero”

Il rapporto con il padre invece, quello sì, potrebbe spiegare le sue scelte esistenziali più importanti. Già orfano della madre, Salvo è stato anche abbandonato dal padre, che ora  non può e non vuole perdonare, nonostante il suo avvicinamento, vissuto come egoistico e tardivo. “Lui non aveva pena di me. Ma io ho ancora pena per il picciutteddu che ero”, dice a Livia, l’unica a cui affida il suo segreto.

Gli approcci padre-figlio sono faticosi, dolorosi, e anche quando un po’ si distendono, il vuoto rimane. Non per semplificare,  ma il suo mancato matrimonio e la  mancata paternità  potrebbero nascere da qui. Sarai un buon padre perché saprai essere tutto ciò che ti è mancato, gli dice Livia, ma noi sappiamo che non andrà così.

Però il vincolo causa effetto non ci convince appieno e forse non pirsuade neppure gli autori, che per la serie ventennale costruiscono un rapporto padre-figlio di distanza, sì, ma non di rancori così forti.  Forse aveva ragione Pasolini quando diceva, nelle Lettere Luterane, che non esistono figli innocenti.

 Salvo, trentino, non riesce a perdonare il proprio genitore, a prendersi cura lui, almeno per la sua parte, del picciutteddu che è stato. Il quarantenne Montalbano, invece, potrebbe  aver vissuto questo passaggio, negli anni che non ci vengono raccontati. Ricordiamo  la scena in cui Zingaretti solo, sulla spiaggia,  piange per la morte del padre. Giusto dolore per la perdita o rimpianti per una separazione  troppo prolungata? Chissà!

Per certo, questa relazione non del tutto risolta si tradurrà nella ricerca di padri sostitutivi, come Carmine Fazio(Andrea Tidona), che dovrà  andarsene proprio quando Salvo affronta i problemi con suo padre.  O come i pochi superiore illuminati. Purtroppo, il più delle volte incontrerà degli inetti, che lo renderanno sempre più insofferente alle regole. Chistu tuttu cretino è, dice già nel primo episodio a proposito del superiore a Mascalippa. Quanto è liberatorio il gesto di Zingaretti che sbatte la porta di fronte all’ottusità dell’ennesimo questore cretino! Davanti alle camurrìe più intollerabili delle sue giornate!

Gli affetti del giovane Montalbano, gli stessi del Montalbano più adulto

Il commissariato diventa così la sua famiglia sostitutiva, nelle figure che già si delineano entro il terzo episodio. Paternò, Gallo, Catarella, Fazio, Augello. Presto conosce anche la fedelissima Adelina, che lo vizia con le sue ricette, oltre a curare la bellissima casa di Marinella, scoperta già nella seconda puntata. E poi c’è lei, Livia, la donna di  tutta la sua vita, interpretata da Sara Felbernbaum, decisamente tra tutte, la più brillante.

Michele Riondino e Sara Felderbaum: Salvo e Livia

Gianluca Tavarelli  è riuscito a valorizzare tantissimo un’attrice vista sullo schermo in altri ruoli, molto meno significativi. A saper armonizzare nello stesso personaggio dolcezza e carattere, calma e vivacità. Livia riesce a prendere in giro amabilmente il suo fidanzato. Che, diciamolo, non è che brilli sempre per senso dell’umorismo. Ha bisogno di tempo per capire le battute di Livia, poi le afferra e inizia la risata finta simile a quella di Zingaretti, che sul suo viso è ancora più simpatica, più coinvolgente.

Come le altre Livia che seguiranno, il suo essere così chiara rievoca la madre di cui Salvo ricorda solo i capelli.  Ma subisce la seduzione anche di tante donne brune, a cui spesso sarà difficile resistere.  “Le donne della Sicilia. Con quegli sguardi antichi, profondi, sempre un po’ tristi e pieni di dolore, che abbiamo cercato di riportare sullo schermo così come Camilleri ce li descriveva nelle sue pagine” (Gianluca Tavarelli).

A volte sono un po’ troppo procaci, maliziose, a suggerire chissà quali delizie. Ma Montalbano, fin da giovane, ha un grande rispetto per tutte le figure femminili. A cominciare da Viola (Valentina D’Agostino). Analfabeta, trattata male da tutti, e più  dalla madre, avrà proprio dal commissario  grande considerazione , complicità e interesse sincero per il suo futuro.

Una sensibilità, quella del nostro protagonista, che non trascura gli uomini,  persone ancora più ferite e  più fragili. Che lo porta quasi sempre a casa dei sospettati, per vederli da vicino, studiarli nella loro realtà. Incensurato non significa niente, dice a Giuseppe Fazio (Beniamino Marcone), perché vuole avvicinarsi agli altri senza giudizi, né pregiudizi.

Bello poi il sodalizio con la svedese Ingrid (Isabell Sollman), amica intima del Montalbano classico,  amica senza mai consumare, come dice il vice Mimì Augello.

Mimì Augello, u fimminaru: “Chistu  na cosa sola pensa”

Tra i personaggi, l’ingresso più divertente, e divertito, è quello di Mimì Augello (Alessio Vassallo – La concessione del telefono), il vice di Montalbano, che compare nel terzo episodio, come Livia. Lo vediamo al bar, nell’incipit della puntata, con il baffetto malandrino e la sfrontatezza dello sguardo rivolto alle belle donne che passano di lì. Tante, troppe, da far pensare alla proiezione di un suo desiderio sempre inappagato. La bocca piegata di lato, quasi una citazione del tic di Mastroianni in Divorzio all’italiana. Postura ed espressione invece rievocano il Don Giovanni in Sicilia di Vitaliano Brancati, guarda caso nato negli stessi luoghi della serie.

Un gallismo, quello di Mimì, che ci auguriamo non esista più, ma  la Sicilia di Camilleri è  un’isola a tratti naive, scanzonata. “Sugnu fimminaro e mi ni vantu”, si pavoneggia Mimì. Oppure, passa dal dialetto all’italiano, come per un discorso che si fa improvvisamente solenne,  ma solo  per sfottere: “Hai concluso poi con la genovese?”. Continua a pretendere su Livia il diritto di averla scoperta per primo, come fosse una preda, non una donna, non la donna del suo amico.

Non può vantare nemmeno la stessa mente investigativa acuta, lo stesso intuito di Montalbano. C’insirtai (ho indovinato) sottolinea compiaciuto le rare volte che ci azzecca. La sua superficialità fa a pugni con lo spessore di Salvo. Che gli chiede in maniera ricorrente: Chi fa babbii?, tanto esagera nel suo narcisismo. Le prese in giro verso Mimì sanno essere feroci. I due si azzuffano a parole, ma poi si vogliono bene,  per il loro essere così, l’uno complementare all’altro. Mimì si concede quella leggerezza che Salvo non conosce, che ha smesso di cercare, forse già  da quando era un picciotteddu.

Nella prima stagione, assistiamo ai loro contrasti, alle giuste resistenze di Salvo nell’accettare il suo vice così farfallone, ai tentativi goffi di Mimì di rendersi simpatico per farsi benvolere.

Michele Riondino, un perfetto giovane Montalbano

E poi c’è lui, Michele Riondino. Un perfetto giovane Montalbano. Con quella faccia un po’ così, di una bellezza, come dire, familiare, per niente vistosa, discreta. Spesso una parte del suo viso è in ombra, a sottolineare la conflittualità delle scelte di un personaggio complesso. Del quale Riondino sa interpretare curiosità e rispetto verso gli altri, insieme al bisogno di riservatezza. Frequenti invece le inquadrature a figura intera, a farci notare le sue gambe non proprio diritte, molto simili a quelle di Zingaretti (hanno pensato davvero a tutto, gli autori).

E come sa urlare al lavoro (na telenovela addivintau stu commissariato!), mentre il suo personaggio impara l’ autorevolezza, mantenendo con tutti un sano affiatamento. Bravo, poi, nell’ appropriarsi di una lingua (il vigatese di Camilleri) che sembra appartenergli da sempre. E divertirlo, quando insiste un po’  di più sugli accenti.

Le scene più spassose però  sono quelle insieme ad Alessio Vassallo: “T’ambientasti subito, ah? Tipo socievole sono!”. Nell’episodio trasmesso il 17 luglio, La stanza n. 2, Mimì è offesissimo perché Salvo ha preferito a lui Carmine Fazio come testimone di nozze e si vendica facendogli trovare sulla scrivania una montagna di scartoffie arretrate. “Chistu mi fa moriri” si lamenta Salvo. Ma poi la pace è fatta, come sempre, tra le effusioni dell’uno e il ritrarsi dell’altro. Aver calcato così la mano sul personaggio di Mimì (bravissimo Alessio Vassallo!), rispetto a quello interpretato da Cesare Bocci, ha reso la figura di Salvo ancora più paziente.

La seconda stagione

Afferma Gianluca Tavarelli che tutto nella seconda stagione è più maturo. I personaggi sono già conosciuti e si possono approfondire le dinamiche delle loro relazioni: come i problemi dell’amore a distanza con Livia, per esempio. Mai come ora Salvo arriva così vicino al matrimonio o al suo trasferimento a Genova. Ma prima i tentennamenti di lei, poi la strage di Capaci bloccheranno la formalizzazione del loro legame, che, sappiamo, non avverrà più.

Fazio, che ha sostituito il padre, con cui condivide la preziosa pignoleria, si innamora, vive i suoi sconvolgimenti sentimentali. E diventa con i suoi immancabili pizzini un collaboratore irrinunciabile.

L’amicizia con Mimì si approfondisce. La sua recita da sciupafemmine si fa ironia, autoironia, fino a trovare un posto sicuro nel cuore di Montalbano.

Che ora è più solido, nel lavoro e negli affetti. Sempre pieno di dubbi, ragionevoli, e non pieno di sé come i suoi superiori.

I luoghi immersi in un’atmosfera ancora più magica

È una Sicilia sospesa quella che ci viene raccontata. I luoghi, incantevoli, testimoniano una ricerca, se possibile, ancora più accurata di quella oramai storica del Montalbano di Sironi. Centocinquanta ambienti diversi in quella parte della Sicilia sud orientale,  del tutto trascurata prima del commissario di Camilleri ed ora piena di turisti.

Location che riflettono una luce calda,  intensa,  soprattutto tra le vie e nei panorami di Scicli definita già da Vittorini “la più bella città del mondo”. Il lungomare di Donnalucata (Marinella). La pietra chiara  di Sampieri, delle case e del selciato, che fa da sfondo alle chiacchiere tra Montalbano e Fazio. Le scalinate di Modica, gli scorci di Ragusa Ibla, il porticciolo di Marzamemi. I muretti a secco, le campagne, le masserie. Una magia che fa pensare a Leonardo Sciascia quando scriveva: “Sai che cos’è la nostra vita, la tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse stiamo ancora lì e stiamo sognando”.

L’amore per il cibo. Adelina, chi mi facisti, a pasta ‘ncasciata?

I luoghi non sarebbero gli stessi se non fossero associati all’amore per il cibo. Soprattutto per quello preparato da Calogero. Come Maigret, Montalbano diventa amico del ristoratore di fiducia e mangia pensando alle sue indagini. Addirittura sappiamo che per lui i pasti vanno consumati in silenzio, ogni volta una celebrazione.

È un buongustaio come Beppe Carvalho (il cui autore, Manuel Vazquez Montalban, ha ispirato il nome del nostro eroe). Ma qui siamo in Sicilia e il nostro, di commissario,  può apprezzare anche il cibo di Adelina, dagli arancini alla pasta ‘ncasciata.

Che triste l’inappetenza dei commissari del nord  che ora vanno tanto di moda! Avevamo già osservato che Wallander si nutre malamente nonostante il diabete, e che i poliziotti ne I delitti di Walhalla non li si vede mai consumare neppure uno snack! E certo non brilla per golosità il simpaticissimo Adamsberg di Fred Vargas che si accontenta di una baguette sbocconcellata camminando, o su una panchina di Parigi.

L’amore per il mare

E poi, che Montalbano sarebbe se non ci fosse fin da giovane l’amore irresistibile per il mare,  elemento autobiografico di Camilleri. Che ha raccontato più volte di una notte passata da bambino in un paese lontano dal mare e di non essere riuscito ad addormentarsi perché non ne sentiva il rumore.

il mare dalla terrazza di Marinella

Si ripete qui la stessa confidenza  di Zingaretti con l’acqua: il bagno, non solo d’estate, a stemperare le angosce che la soluzione di ogni caso non può lenire. Tanto forte e profondo è l’incontro con il male, con la cattiveria degli uomini e le loro debolezze.

I paesaggi marini sanno però creare l’apertura dell’anima necessaria al carattere di Salvo e consolatoria anche per noi. Alla luce dorata che si riflette sul barocco dei luoghi, alle canzoni struggenti e alla voce di Olivia Sellerio, si aggiungono i colori del mare.  Sembra quasi impossibile che le ammazzatine avvengano proprio qui.

La lingua di Camilleri: una nota appena

Le nostre riflessioni su  Il giovane Montalbano non si soffermano sulla lingua di Camilleri, perché tanto è stato detto da studiosi più autorevoli di noi, come Salvatore Silvano Nigro, che ha curato tutti i risvolti di copertina dei suoi romanzi. Sottolineiamo soltanto che esce in questi giorni in libreria, con il titolo Riccardino, il romanzo postumo del Maestro che gli è costata una lunga e attenta revisione. Trama e soggetto sono gli stessi della prima stesura del 2005. L’ultima, affidata alla sua amica Elvira Sellerio nel 2016, è stata oggetto di un lungo lavoro, concentrato  solo ed esclusivamente sul lessico. Insieme al libro, stanno uscendo anche  informazioni sui contenuti. Per fortuna, Camilleri ci ha per tempo rassicurati promettendoci che Montalbano non morirà. E noi ne siamo contenti.

Ma, l’autonomia, dove sta?

Si è iniziato parlando dell’ indipendenza di questa serie rispetto a quella con Zingaretti, ma ci si è inevitabilmente soffermati di più sulle somiglianze. Beh, chi non è assuefatto dai vent’anni dei film di Sironi (non saranno in tanti), può apprezzare Il giovane Montalbano come un prodotto ugualmente affascinante. Merito della regia di Tavarelli, di cui aspettiamo il  prossimo lavoro per la Rai, Io ti cercherò, con Maya Sansa e Alessandro Gassman, previsto per l’inverno prossimo.

Siamo in attesa, per l’autunno, anche del film di Francesco Bruni, Cosa sarà, che avrebbe dovuto uscire in primavera.

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Il giovane Montalbano

  • Anno: 2012
  • Durata: 12 episodi di 100 minuti
  • Genere: fiction
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Gianluca Tavarelli

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