BEAT. I club di Berlino, la droga e gli agenti sotto copertura
Beat, promotore musicale di Berlino, viene reclutato dai servizi segreti per diventare inflitrato sotto copertura.: l'incarico gli farà scoprire uno scioccante livello di corruzione fin tra le sue conoscenze
Beat è una serie Tv tedesca creata e diretta da Marco Kreuzpaintner.
Trama
Beat lavora come promotore nel più famoso club techno di Berlino e non si fa mancare una festa. Mentre i servizi segreti europei lo reclutano come un agente sotto copertura, scopre l’entità sconvolgente della corruzione nella sua stretta rete di affari, e anche i suoi limiti personali.
Beat non è solo una serie di produzione tedesca, diretta dal talentoso Marco Kreutzpainter, ma un vero e proprio esibire la vita underground berlinese: si entra in un vortice di decibell, luci, droghe, sesso, colori e fumi notturni, quando il vivere di questa città appare il più controverso rispetto alla quotidianità germanica.
Si sa che la capitale tedesca ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la musica elettronica e la techno, di cui è considerata la madrepatria e il protagonista della serie a cui dà il nome, non a caso è soprannominato Beat, facendo riferimento in modo palese al ritmo forsennato delle infinite notti trascorse nei locali, in cui fa il promoter e il gestore.
La vita di Beat è tipica dei protagonisti dei romanzi noir, in cui il destino è già segnato sin dagli esordi e si intravede un sicuro percorso lastricato di difficoltà e dolore: abbandonato da piccolo, cresciuto in un grigio e inquietante orfanotrofio, vive con il suo migliore amico gay in un appartamento che sembrerebbe più un pièd à terre.
Il suo destino si incrocia all’improvviso con la malavita della città, riproducendo così gli schemi delle storie dei film in cui l’anima dei personaggi fa pendant con le vicende più losche.
Un chiaro riferimento da parte degli sceneggiatori, a tutta la tradizione tedesca, in particolar modo a quella espressionista, che ha posto nella storia del cinema le basi di un nuovo modo di raccontare la parte nera degli esseri umani, abisso dell’anima che riecheggia spesso attraverso le immagini di luoghi chiusi e opprimenti: Il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene e Il testamento del Dottor Mabuse di Fritz Lang.
È chiaro che le ambientazioni berlinesi siano emblematiche di anime corrotte, portatrici di male, manifestatosi in questa storia atttraveso una delle aberrazioni peggiori dell’umanità: il traffico illegale di organi.
Beat viene a contatto con questo mondo sotterraneo attraverso il suo arruolamento nei servizi segreti europei, il “fil de rouge“ che lo lega a questo nuovo lavoro è una donna molto particolare e misteriosa, Emilia, che lo accompagna in tutta la serie fino alla scoperta della propria identità.
Oltre alla presenza dei due protagonisti interpretati da Janis Niewohner (Beat) e Karoline Herfurth (Emilia), veri talenti in piena ascesa, troviamo due attori eccellenti, già presenti nel film di Quentin TarantinoBastardi senza gloria, ovvero Christian Berkel e Alexander Fehling.
Entrambi hanno due ruoli piuttosto scomodi e difficili, dovendo interpretare rispettivamente uno un agente segreto rancoroso, vendicativo e con troppi scheletri nell’armadio e il secondo un vero e proprio mostro, una sorta di creatura infernale inserita in un contesto moderno.
Nella sceneggiatura della serie infatti i discorsi più complessi e interessanti vengono fatti proprio dal personaggio di Philipp Vossberg, che rappresenta il male in tutte le fattispecie, dalla politica all’economia, dall’amicizia ai sentimenti inesistenti.
Nel complesso la serie risulta essere un buon prodotto, seppur alcune tematiche son
o già piuttosto diffuse nella filmografia thriller o dei gialli, infatti ciò che la distingue è un’ottima combinazione tra ambientazione e plot, un intreccio molto ben combinato che guida il protagonista Beat, in una sorta di viaggio iniziatico verso la scoperta di sé stesso e delle sue vere origini familiari, questa volta collegate addirittura al terrorismo degli anni 90 della RAF, elemento che seppur possa rappresentare una piccola forzatura narrativa, condisce il tutto di un realismo che piace molto al pubblico tedesco è in generale a tutti coloro che amano che le storie più cruente possano forse essere vere: come dire a tutti gli amanti di un genere che unisca l’indagine al mostro (M di Lang) che è in tutti noi.