Una volta tanto per iniziare a parlare di un film è bene partire da chi lo produce, e cioè dall’Okta film di Paolo Benzi, artefice della rivoluzione che ha portato la forma documentario a fare suoi alcuni degli espedienti utilizzati nei lungometraggi di finzione. In questo senso, rispetto ad opere come quelle di Alessandro Comodin e Roberto Minervini, il secondo film di Danilo Caputo rappresenta un passo ulteriore e forse definitivo verso la direzione opposta.
Se, infatti, L’estate di Giacomo e Cosa fare quando il mondo è in fiamme? partivano dal reale e dal dato documentario, riordinandoli con espedienti di finzione, qui a prevalere è la seconda delle due componenti, tanto nella messinscena, quanto nell’utilizzo di attori professionisti.
Semina il vento mette al centro dell’indagine la questione meridionale, intesa come dipendenza economica e culturale dal pensiero dominante
Nel dettaglio Semina il vento mette al centro dell’indagine la questione meridionale, intesa come dipendenza economica e culturale dal pensiero dominante. Un fatalismo a cui si oppone Nica (la Yile Vianello di Corpo Celeste, brava come il resto dei suoi colleghi), la quale, studentessa di Agronomia, invece di arrendersi all’idea di abbattere le piantagioni di Ulivi colpiti a morte da un insidioso parassita, combatte con tutte le forze per evitare la vendita della terra, cercando nella scienza e non nelle consuetudini le contromisure utili a sconfiggere l’avversario.
Se la narrazione principale è tratta dalla cronaca italiana ed è relativa all’epidemia di Xillella Fastidiosa, responsabile della distruzione di migliaia di alberi di Olivo, Semina il vento arricchisce il filone cardine della sua narrazione con gli echi di una cultura in parte ancestrale e magica, in parte materiale e, ahimè, dolente: quest’ultima relativa all’accettazione da parte dei lavoratori dell’Ilva di condizioni che ne mettono a rischio la salute. In tal senso, la storia si fa paradigma di questi elementi, dapprima mettendo al centro del problema uno scontro generazionale, quello tra i genitori della ragazza, esponenti della vecchia mentalità e perciò desiderosi di vendere la terra per ricavarne un po’ di soldi, e Nica, intenzionata a cambiare il corso delle cose, opponendosi all’ineluttabilità degli eventi. Infine, irrorando la trama di continui detour attraverso cui entrano in campo reminiscenze di tipo antropologico. come lo sono quelle relative ai rituali taumaturgici, lasciati in eredità dalla nonna della protagonista.
La capacità del regista, Danilo Caputo, è quella di prendere un materiale complesso e periglioso e di travasarlo con ottima sintesi nelle immagini del film
La capacità di Caputo, in verità davvero ragguardevole, è quella di prendere un materiale complesso e periglioso e di travasarlo con ottima sintesi nelle immagini del film. Il risultato è un tessuto visuale in cui i vari temi si manifestano come vere e proprie evocazioni. Così, per esempio, la devastazione del paesaggio diventa nelle mani dell’autore lo spunto per una visione apocalittica degna di Cormack McCarthy e in particolare di The Road, a cui rimanda la visione di Nica ripresa dall’alto, mentre, solitaria, attraversa un’arteria stradale occupata dalle macerie di ex manufatti. Allo stesso modo la presenza del diabolico parassita e dei suoi effetti è resa dal movimento delle foglie scosse dal vento, in una composizione visiva che in fatto di suggestioni può competere con E venne il giorno di M Night Shyalaman, a cui Semina il vento può essere accostato, sia per la modalità di trasmissione del pericolo, sia per la maniera cinematografica di immaginarne la propagazione.
E, non ultimo, che dire degli aspetti legati alla magia e alla superstizione, tradotti da un’immersione sensoriale e da giochi di luce capaci di restituire al suo massimo il segno dell’irrazionale e dello sconosciuti? I movimenti di macchina, necessari ma anche belli da vedere, la dicono lunga sulla natura del film e sulle capacità del regista di perseguire l’idea di un cinema che non si pone limiti e non si fa condizionare dalle disponibilità del budget. Presentato con successo nella sezione Panorama, Semina il vento, ora su Sky, è stata la vera sorpresa del cinema italiano a Berlino 2020.
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