Quaranta milioni di dollari lordi incassati, a fronte di un budget di settecentomila. È proprio il caso di dire che mai un titolo così sfigato ha portato tanta fortuna.
Stiamo parlando di Venerdì 13, ovvero il film di Sean S. Cunningham – compagno delle prime avventure cinematografiche di Wes Craven, per il quale produsse il cult L’ultima casa a sinistra e co-diresse il soft-porno Together – che ha segnato nel 1980 l’inizio di una delle maggiormente prolifiche saghe dell’horror da grande schermo.
Perché, fino al 2009, sono stati nove sequel, il cross over Freddy vs Jason e un reboot realizzato da Marcus Nispel ad essere venuti fuori dopo questo capostipite semplicemente costruito su una combriccola di giovani in vacanza presso il Camp Crystal Lake, riaperto vent’anni dopo un sanguinoso duplice delitto consumatosi nel 1958 e destinato a diventare il teatro del nuovo massacro per mano del misterioso assassino, ancora a piede libero.
Misterioso assassino che, sgozzata una povera autostoppista, provvede a rovinare il periodo di spensieratezza pianificato dai ragazzi, comprendenti anche un non ancora famoso Kevin Bacon che finisce per essere protagonista della sequenza più sanguinosa della oltre ora e mezza di visione.
Sequenza che, come pure un’accettata in pieno volto e una decapitazione, vanta il fondamentale apporto del mago degli effetti speciali di trucco Tom Savini, allora reduce dal mitico Zombi di George A. Romero e che sarebbe poi tornato al servizio della serie nel quarto episodio, Venerdì 13 – Capitolo finale.
Serie che, come ormai tutti sappiamo, vede al proprio centro il mostruoso e immortale stermina-campeggiatori Jason Voorhees, dal volto celato dietro ad una maschera da hockey ma che fa soltanto una fugace apparizione conclusiva in questo tassello d’apertura, i cui omicidi si scopre soltanto nel finale essere stati eseguiti da un’altra persona.
Non aggiungiamo altro in modo da evitare di anticipare rivelazioni e colpi di scena a coloro che ancora non hanno avuto modo di visionare questa pietra miliare dello splatter su celluloide, dichiaratamente derivata dal successo riscosso nel 1978 da Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter ma capace di tracciare una personale strada tutta nuova, grazie alla sostituzione dell’ambientazione urbana con quella boschiva e alla propensione a rendere decisamente più esplicita la rappresentazione grafica delle uccisioni.
Un aspetto, quest’ultimo, che ha portato Venerdì 13 a definire una volta per tutte regole e codici alla base del sottofilone denominato slasher, introdotte da illustri predecessori quali il Black Christmas – Un Natale rosso sangue diretto nel 1974 da Bob Clark e lo stesso classico di Carpenter e riassumibili in fantasiosi ammazzamenti a ripetizione, ai danni di un gruppo di persone, in uno spazio più o meno chiuso.
Ammazzamenti qui debitori – come pure quelli poi tirati in ballo nel secondo tassello – nei confronti di Reazione a catena – Ecologia del delitto di Mario Bava, che era oltretutto immerso in uno scenario analogo; mentre un indispensabile uso del ralenti, la presenza ossessiva della pioggia e le fondamentali musiche di Harry Manfredini comprendenti il geniale tema “Ki-Ki-Ma-Ma” (distorsione della frase “Kill her mommy”, ovvero “Uccidila mamma”) si rivelano gli elementi che hanno contribuito non poco all’efficacia dell’operazione e delle sue continuazioni.
All’interno della propria collana Horror maniacs, è Warner a rendere disponibile su supporto blu-ray – racchiuso in custodia amaray inserita in slip case cartonato – Venerdì 13, accompagnato da una nutritissima sezione extra che, al di là del trailer originale e del commento audio di Cunningham, include il cortometraggio Storie perdute da Camp Blood – Parte 1, ventidue minuti di making of, sedici riguardanti un evento speciale cui presero parte nel 2008 Savini, Manfredini, lo sceneggiatore Victor Miller e gli attori Adrienne King, Betsy Palmer e Ari Lehman, venti di speciale Cronache dal film e nove di sguardo agli effetti speciali.
Senza contare quasi nove minuti di intervista al regista e quattordici di conversazioni con Miller, Lehman, Savini, Manfredini e Robbi Morgan (è l’autostoppista di cui sopra).