Durante l’ultimo giorno del Film Festival Diritti Umani di Lugano si respira un’aria di solidarietà diffusa. Portare a galla i tanti problemi delle società del terzo millennio ha prodotto l’effetto di avvicinare i popoli e non appare un obiettivo da poco della VIa edizione, che evidenzia quanto la passione, l’impegno, le capacità siano ingredienti fondamentali per ottenere importanti risultati.
Fra i film proiettati Domenica 13 Ottobre Bojayà: Caught in the Crossfire, Creatori di pace di Oisín Kearney, che racconta il massacro di Bojayá del 2002, una delle peggiori atrocità prodotte dal conflitto colombiano tra i paramilitari e le FARC durato 50 anni. E, purtroppo, non l’unico come si può intuire dal tempo interminabile durante il quale la popolazione ha dovuto subire soprusi e ingiustizie. Il film ci racconta come i corpi delle vittime non siano mai stati identificati e come molti genitori e sopravvissuti siano stati lasciati a vivere in una sorta di limbo senza nessuna informazione certa sui loro cari. Attore e protagonista del film è l’avvocato per i diritti umani Leyner Palacios, leader della comunità Chocò, candidato al Premio Nobel per la pace, a cui è toccata la sorte di veder morire 32 membri della sua famiglia e che racconta come per salvare la figlia abbia dovuto tenerla immersa sotto l’acqua per molti minuti dovendo poi sopportare le fughe di lei ogni qualvolta si trovava davanti il padre. Leyner Palacios è intervenuto personalmente anche al dibattito che ha seguito la proiezione e ha mostrato un’immensa umanità unita ad una generosità che non conosce confini se non quelli posti dal pregiudizio e dall’ignoranza, come ci ha insegnato Marshan McLuhan.
Il documentario, selezione ufficiale Hot Docs 2019, ci mostra dalla prospettiva di questo creatore di pace una visione partecipata sull’incredibile lotta per la giustizia in un paese di precari equilibri politici. Al dibattito, realizzato in collaborazione con il Dipartimento Federale degli Affari Esteri moderato dal giornalista Aldo Sofia, oltre a Leyner Palacios, è intervenuto anche Rémy Friedmann, senior advisor Dipartimento federale Affari Esteri. Ne è emerso l’impegno che la Svizzera ha profuso in tanti anni, spesso invisibile, per cercare di portare dignità a queste popolazioni che vivono fra gli orrori e si aggrappano a questi creatori di pace che spesso sono costretti ad operare in situazioni di precarietà e mancanza di possibilità. L’aiuto delle nazioni estere è fondamentale per scardinare pregiudizi e dinamiche di potere che impediscono di vivere una vita serena.
A seguire è stato proiettato un piccolo film che segna una grandissima tappa, è infatti di questi giorni la notizia che in Sudan è stato istituito il Primo Campionato Femminile, e a questo fine sono state costituite 21 squadre di calcio. Un segno di grande emancipazione in una società dove ancora si viaggia con il velo, come ci riferisce Natascia Bandecchi, giornalista RSI moderatrice dell’incontro che ha seguito il film Khartoum Offside di Marwa Zein. Lo sport è uno dei modi creativi che le donne del Sudan, un paese in cui la religione, la politica e le tradizioni soffocano sogni, volontà e desideri delle donne.
Presentato alla Berlinale e al festival Hot Docs, il film è stato seguito dall’ultimo interessantissimo approfondimento realizzato in collaborazione con COOPI Suisse, moderato da Natascia Bandecchi con la partecipazione di Beatrice Malasoma, coordinatrice progetti in Darfur, e Simona Gennari, ex calciatrice Lugano Rapid e Nazionale Svizzera. Attendiamo di vedere il film di Ken Loach per un consuntivo della bellissima edizione 2019.