Come nasce l’idea di girare un film su Veronica Tulli, in arte Lulurimmel?
L’idea è nata quando stavamo girando un documentario e poi vincemmo l’oro, con la regia di Max Sbrolla. Stavamo riprendendo gli allenamenti di Alex Zanardi, in quanto si trattava di un documentario sugli atleti paralimpici che si preparavano per le Olimpiadi di Rio De Janeiro. Mi ritrovai nel garage di fronte al parco di handbike di Zanardi, lo vidi allenarsi a 60/70 all’ora al giorno e ne rimasi veramente impressionato. Allora mi resi conto che il corpo di Zanardi, senza le gambe, era proprio perfetto per essa e per quello che faceva. Ragionando con Antonella Patete, compresi che era necessario uno sguardo diverso sulla disabilità. Ora, per fortuna, le cose stanno cambiando. La disabilità, in realtà, è una cosa superficiale. Volevamo girare un film su una persona normale: Veronica è solo una ragazza che cerca di realizzare il suo sogno. La disabilità c’è, ma è soltanto una sua caratteristica.
Quindi, non la conoscevi?
Abbiamo fatto una ricerca, abbiamo scoperto quest’artista, Veronica, e siamo andati a trovarla. Ci siamo incontrati in un bar e fin dal primo momento, parlandoci, ho capito che era perfetta.
Cosa ti ha colpito principalmente di Veronica?
Inizialmente, mi ha colpito il fatto che fosse così sicura di sé. Quando inizi a parlare con lei, ti dimentichi immediatamente della disabilità. Vedi soltanto una ragazza carina e interessante.
Un aspetto che viene sottolineato di Veronica è la voglia di essere femminile, nonostante la disabilità. Questo traspare particolarmente nelle scene in cui si allaccia il reggiseno o quando indossa corpetti sensuali.
Sì. Volevo colpire lo spettatore con la sensualità. Infatti, nel primo trailer, la carrozzina si vedeva solo all’ultimo. Si vedevano solo i dettagli del suo corpo, soprattutto i tatuaggi come se fossero dei paesaggi.
Più che la sofferenza per la diversità, s’intravede una tristezza di fondo in quanto Veronica non si sente compresa. E quindi, la voglia di aprirsi al mondo è centrale. Lo confermi?
È un lavoro che abbiamo fatto con Sarah Perruccio, la sceneggiatrice. È stata una scelta molto naturale poiché Veronica è nata così. Ha sofferto molto, ma questo dolore non ha fatto altro che forgiare il suo carattere. Semplicemente, va avanti come artista in quanto sa dove vuole arrivare.
Quanto son durate le riprese?
Son durate tre anni. Mi piace molto vedere scorrere il tempo, i diversi episodi della vita di una persona, come evolve. Per me, questo è un valore molto importante. C’è tra l’altro anche una conclusione romantica, ed è quello che mi attendevo fin dall’inizio: Veronica era un po’ alla ricerca dell’amore vero. Alla fine, infatti, c’è stato questo incontro con Guido, il suo attuale compagno e partner musicale. Io, che adoro il cinema romantico, non potevo fare a meno di tuffarmi nel genere.
Cosa speri che arrivi attraverso la visione del tuo film?
Spero che il mio pubblico veda solo una ragazza che lotta per i suoi sogni e che si dimentichi la disabilità. Il protagonista di un film può essere chiunque, non soltanto il maschio bianco di trenta o quarant’anni.