Indivisibili è un film del 2016 diretto da Edoardo De Angelis. Il film è stato presentato nella sezione “Giornate degli Autori” alla 73ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Successivamente è stato presentato al Toronto International Film Festival nella sezione “Contemporary World Cinema” e al London Film Festival. Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 29 settembre 2016. Sceneggiato da De Angelis, Nicola Guaglione e Barbara Petronio, con la direzione della fotografia di Ferran Paredes Rubio, le scenografie di Carmine Guarino, i costumi di Massimo Cantini Parrini e le musiche originali di Enzo Avitabile, Indivisibili è interpretato da Angela Fontana, Marianna Fontana, Antonia Truppo, Tony Laudadio, Peppe Servillo, Antonio Pennarella. Il film ha vinto sei David di Donatello (Migliore sceneggiatura originale a Nicola Guaglianone, Barbara Petronio e Edoardo De Angelis, Migliore produttore a Attilio De Razza e Pierpaolo Verga, Migliore attrice non protagonista a Antonia Truppo, Migliore musicista a Enzo Avitabile, Migliore canzone originale a Abbi pietà di noi, Migliore costumista a Massimo Cantini Parrini) e sei Nastri D’Argento (Migliore soggetto a Nicola Guaglianone, Miglior produttore a Attilio De Razza e Pier Paolo Verga, Migliore colonna sonora a Enzo Avitabile, Migliore canzone originale (Abbi pietà di noi) a Enzo Avitabile, Angela e Marianna Fontana, Migliori costumi a Massimo Cantini Parrini, Premio Guglielmo Biraghi a Angela Fontana e Marianna Fontana).
Sinossi
Dasy e Viola sono due gemelle siamesi diciottenni benedette dal dono di una voce incantevole. Il padre le tiene isolate del resto del mondo e sfrutta le loro doti canore per farle partecipare a cerimonie religiose e racimolare così soldi. La vita delle gemelle però viene sconvolta quando Viola si innamora e scoprono la possibilità di essere separate.
Indivisibili riesce a parlare un linguaggio universale attraverso un disinvolto utilizzo degli strumenti e dei codici del sistema cinematografico italiano, svincolandosi da un’ottica meramente provinciale per recuperare la coscienza artigianale dell’ingegno e contaminarsi con le tendenze extranazionali, senza perdere l’identità. All’apparenza, il racconto di queste gemelle siamesi (le passionali e straordinarie gemelle Angela e Marianna Fontana) ha i connotati di una favola nera (sceneggiatura del regista con Nicola Guaglianone, autore del soggetto, e Barbara Petronio), in cui i cattivi sono chiari dall’inizio per l’evidenza di fisicità segnate: un padre torbido, cupo e brutale coi capelli scapigliati e la frustrazione del paroliere fallito (il feroce Massimiliano Rossi), una madre dagli occhi annacquati dall’alcol e la cannetta sempre tra le labbra carnose (la penetrante Antonia Truppo), il sorriso sinistro del fascinoso seduttore che ha fatto esordire Anna Tatangelo (il mellifluo Gaetano Bruno); e per il contesto ambientale che trasmette la giusta dose di disperato squallore (interni angusti, periferie abbandonate, sporcizia diffusa, rifiuti umani: scene di Carmine Guarino, costumi di Massimo Cantini Parrini, suono di Valentino Giannì). Le due protagoniste, legate dalla nascita e mai divise per ovvi e meschini motivi commerciali, si esibiscono come fenomeni da baraccone nelle feste più cafone di una regione persa nei suoi miti neomelodici. La prima cerimonia che vediamo è però l’emblematica testimonianza di un cinema stratificato che ha assimilato gli archetipi napoletani e la lezione di Cronenberg o Lynch, l’alto e il basso, lo spettacolo d’autore e la televisione più varia: l’indiscutibile richiamo all’apertura di Reality e le sequenze più comuni del Boss delle cerimonie, la grottesca attenzione sull’umano di Sorrentino e le liturgie nelle feste della serie Gomorra. Edoardo De Angelis, al terzo lungometraggio dopo Mozzarella Stories e Perez., riesce a controllare con perizia lo scatenato furore del suo sguardo visionario e mantiene al limite la barriera tra sconfortante realismo ed onirica bizzarria (anche grazie alle luci ambigue di Ferran Paredes). Tutta la dimensione religiosa si muove su questi due livelli ed è probabilmente il rischio maggiore che De Angelis corre. E ogni tanto cade nella rappresentazione di questa nuova chiesa dedita al culto della purezza, delirante intuizione imprenditoriale di un fumettistico prete con l’orecchino che vuole sfruttare la massiccia presenza di nordafricani (Gianfranco Gallo spaventoso). La scena topica della processione, pur di clamorosa violenza, quasi agghiacciante, ha un’efficacia talmente potente che avrebbe potuto fare a meno del sospetto autocompiacimento che la pervade. Ma l’interesse principale di De Angelis è per le due protagoniste, che non tratta come una cosa sola (è la logica del padre: due disabili inconciliabili con l’idea di una separazione) ma come due individualità vittime del sistema che stanno elaborando il desiderio del lutto della separazione. Il film trasmette il dolore fisico, ragiona sulle differenze e sul doppio, sull’io e sulla società, ed è potente, commovente, lancinante. Come le canzoni di Enzo Avitabile.