L’Otranto Film Fund Festival è giunto oramai alla sua undicesima edizione. Quali sono gli aspetti su cui punta maggiormente quest’anno?
La sfida è quella di raccontare un concetto di grande attualità come quello del valore della diversità nella società di oggi, che il cinema interpreta in molti chiavi. E non voglio cercare risposte che sono sempre personali, e nel caso dei festival autoriali, ma condividere le emozioni figlie del racconto sulla diversità. La creatività stessa affonda le proprie radici nella capacità di coniugare alla fine le differenze. Nel cinema, o nelle scuole o in altri arti, ci si forma e ci si arricchisce con lo studio della moltitudine di culture, epoche, mezzi espressivi e interpretativi che più sono diversi rispetto a noi più ci appaiono originali ed espressivi. Un festival di contaminazioni. La musica, il teatro, la danza, la scrittura e gli approfondimenti con gli autori saranno un’appendice alla programmazione filmica e, come un corrimano, guideranno il pubblico sul tema della diversità, andando così a completare la visione dei film. Sarà un festival aperto in molte direzioni, un dispositivo esplorativo.
Il Festival prevede quattro sezioni e ben due giurie. Chi sono, dunque, i protagonisti di quest’edizione?
Ho scommesso molto sul coinvolgimento delle nuove generazioni, collaborando con numerose scuole, università ed enti, italiani e europei, che si occupano di formazione artistica dei giovani. Apriremo il festival con uno spettacolo dell’Accademia del Teatro Litta di Milano, per la regia di Lara Vai, in cui 27 performer under 18 si esibiranno ne Il Circo di Barnum, un musical liberamente tratto dal film “The Greatest showman” musicato dal vivo dall’Orchestra Oles. A dirigerla Valter Sivilotti. Una formazione davvero unica. Ci saranno oltre cento ospiti, tra studenti della summer school che saranno seguiti da docenti, registi, come Marco Turco, Luca Miniero, Giuseppe Carrieri, Pippo Mezzapesa, Gianni De Blasi, Kristina Sarkyte; montatori come Roberto Perpignani; sceneggiatori, attori e attrici, performer e musicisti come Raffaele Casarano, Admir Shkurtaj, Stefano Luigi Mangia, l’orchestra Oles, Black Ebony, Lory Coletti e Filippo Allegretti, oltre ad una selezione di dj set. Insomma una grande festa, diversa.
Poi ci sono anche i nomi più noti, come Ferzan Ozpetek, regista e presidente di giuria di questa edizione. Lorenzo Fantastichini, figlio di Ennio, che sarà con noi per tutte le giornate del festival. E ancora Alessandra Acciai, Astrid Meloni, Iaia Forte, Greta Scacchi, Ira Fronten e la giuria degli scrittori con Giancarlo De Cataldo, Sandrone Dazieri, Diego De Silva, Luca Bianchini e Stefano Sardo, autori di grandi sceneggiature per il cinema o per le serie tv che terranno delle masterclass aperte al pubblico, per parlare di scrittura nel cinema e non solo, in contesti di grande informalità. Non mancheranno i registi, interpreti e produttori dei film in concorso: Adele Tulli di Normal, Fabrizio Bentivoglio, Mario Tronco e Gianfranco Cabiddu per il Flauto magico di Piazza Vittorio, Veit Helmer per The Bra, Sabrina Paravicini e Nino Monteleone per Be Kind, Margarete Tiesel, Dirk Böhling e Nurhan Sekerci per The Golden Glove.
L’OFFF19 intende omaggiare un grande attore del cinema italiano: Ennio Fantastichini. Come sarà ricordato?
Ennio era un caro amico e un grande artista, che da sempre ha dimostrato tra cinema, televisione e teatro la sua creatività e la sua capacità di trasformazione, di raccontare diversi personaggi. Un tema che mi sta molto a cuore. Lo scorso anno, ha fatto parte della giuria e abbiamo passato insieme una meravigliosa di settimana di cinema, musica. Era sempre presente e sempre coinvolto, ha dato un enorme contributo mettendoci, come sempre, tanta passione ed energia. È stato un grande attore. Così ho deciso di dedicare il festival, con la proiezione di Mine Vaganti (in programma Martedì 10) e intitolargli un premio. Un premio diverso. Una pinna di squalo a simboleggiare la forza della sua creatività e libertà, disegnato da Gianni De Benedettis.
La diversità è un tema centrale durante lo svolgimento dell’OFFF19. Senza di essa non esisterebbe la creatività. È previsto, tra l’altro, un laboratorio in cui gli allievi lavorano alla creazione di un output audiovisivo sul tema “Diversity” da presentare nella serata conclusiva del festival. Può dirci di più su quest’opportunità?
Nel mio percorso, ho frequentato molte scuole di recitazione e mi sono resa conto che la mia capacità è frutto di tutte le persone, delle diverse comunità con cui ho interagito. Così ho ideato questa summer school che è l’unione di diverse scuole di cinema e università affinché gli studenti selezionati potessero lavorare insieme, scoprendo metodi e approcci differenti. Una scuola internazionale di alta formazione per il cinema, a Otranto, con lezioni teoriche sui film studies e, da quest’anno, nel pomeriggio un Film Lab: gli studenti saranno seguiti in tutte le fasi di produzione e post produzione da professionisti. Dagli sceneggiatori ai registi, ai montatori: avranno ovviamente a disposizione tutto il materiale tecnico. Sarà un’occasione per mettersi alla prova a partire dalla dimensione del festival, lavorare sullo storytelling e restituire al pubblico la loro esperienza non solo in termini di esperienza ma anche di rappresentazione. Una bella sfida.
La sua carriera come attrice cosa le ha insegnato in merito alla diversità?
La diversità è stata alla base del mio percorso come artista, la molla che mi ha spinto a ricercare ruoli diversi, punti di vista differenti e scoprire che tutto ciò che ci circonda – incluso anche gli esseri umani – è più variopinto di come ci appare. Mi ha insegnato a sentire più che a giudicare.