La vita agra è un film del 1964 diretto da Carlo Lizzani, tratto dall’omonimo romanzo di Luciano Bianciardi, con Ugo Tognazzi, Giovanna Ralli, Giampiero Albertini, Nino Krisman. Sceneggiato da Carlo Lizzani, Luciano Vincenzoni e Sergio Amidei, con la fotografia di Erico Menczer e le musiche di Piero Piccioni, La vita agra è graffiante una satira dei difetti della società italiana degli anni Sessanta e delle contraddizioni causate dal benessere frutto del boom economico.
Sinossi
Licenziato dalla società mineraria per la quale lavorava, Luciano si reca a Milano deciso a farne saltare la sede. Qui incontra Anna e va a vivere con lei. Rivelatosi un geniale pubblicitario, viene riassunto dalla stessa società dove era precedentemene impiegato. I suoi propositi di vendetta sono ormai dimenticati e così la moglie e il figlio lasciati in provincia.
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Tratto dall’omonimo romanzo di Luciano Bianciardi, La vita agra è una curiosa e schizofrenica satira dei difetti della società italiana degli anni Sessanta e delle contraddizioni causate dal benessere frutto del boom economico. Il protagonista Luciano Bianchi (interpretato da un sarcastico e amaro Ugo Tognazzi) tenta di scardinare dall’interno, attraverso la progettazione di un evento simbolico e dirompente, lo stesso sistema produttivo che prima l’ha fagocitato e poi risputato senza troppi complimenti. Una pedina impazzita che fugge dall’alienazione, dalle convenzioni familiari e borghesi (la relazione con l’amante Anna, interpretata da Giovanna Ralli) e dalla spersonalizzazione legata ai ruoli dell’industria e della nuova economia; fuga destinata a fallire di fronte alle lusinghe del benessere e agli agi dell’omologazione, meno seducenti ma più sicuri rispetto alla precarietà del lavoro e dei sentimenti. Una galleria di bizzarri personaggi di contorno, caratterizzati da tic e nevrosi, e una realistica ambientazione in una Milano metropoli grigia e opprimente fanno dell’opera un sarcastico ritratto d’epoca e di costume. Nonostante i toni che spesso ricalcano (grandiosamente, senza strafare) la commedia all’italiana, versante Risi, qui la morale si spinge oltre all’ironia del destino, all’arrogante bizzarria del caos, e si schiera con decisione, non necessariamente a sinistra, quanto dalla parte dell’uomo-individuo. Emblematiche alcune sequenze: l’apertura con l’ascesa in scala mobile (simbolo del progresso, dell’automatizzazione e della parallela scalata sociale che il protagonista sta per intraprendere), oppure Tognazzi che, dal salone delle riunioni in cui sta tenendo una conferenza, guarda in basso l’affollata ed operosa piazza del Duomo mentre spiega la naturale refrattarietà dell’uomo verso l’esterno: c’è parecchia analisi in questo omonimo lavoro di Bianciardi da cui il film è tratto. Insieme a Banditi a Milano, il miglior film del prolifico e mai sazio sperimentatore Carlo Lizzani.