Amore mio aiutami è film del 1969, diretto da Alberto Sordi, e interpretato da Alberto Sordi e da Monica Vitti. Un classico delle scene della commedia all’italiana è divenuta la sequenza in cui, sulla spiaggia di Sabaudia, Giovanni, esasperato dalla situazione venutasi a creare, si scaglia su Raffaella inseguendola e picchiandola per svariati minuti. In questa scena la Vitti ebbe come controfigura una giovane Fiorella Mannoia, la quale ha in seguito affermato: “Il massimo che poteva capitare era perdere l’equilibrio per una spinta“, ma, ribadiva, nessuna percossa reale era stata inferta. Le varie sequenze durante la crociera sono state girate sui transatlantici “Michelangelo” e “Raffaello” della Italia – Società di Navigazione. Sceneggiato da Rodolfo Sonego, Alberto Sordi e Tullio Pinelli, con la fotografia di Carlo di Palma e le musiche di Piero Piccioni, Amore mio aiutami è il film che ha consolidato il sodalizio artistico tra Alberto Sordi e Monica Vitti, proseguito con Polvere di stelle e Io so che tu sai che io so.
Sinossi
Marito civile e comprensivo viene messo duramente alla prova: sua moglie è innamorata follemente di un giovanotto. Chiede aiuto però al consorte perché le faccia passare l’infatuazione che, però, non passa. Per amore della donna, il poveraccio è costretto a rivolgersi al suo rivale e a fargliela sposare (dopo un solerte e “civilissimo” divorzio).
Riallacciandosi in qualche modo a Il marito, interpretato una decina d’anni prima, e continuando quell’intelligente osservazione del costume che attraverso il proprio inesauribile personaggio Alberto Sordi persegue con ammirevole costanza per disegnare e pungere i caratteri della borghesia italiana, Amore mio aiutami è un’opera garbata e sottile, fitta di annotazioni psicologiche, dove, intorno al soggetto di Rodolfo Sonego, Sordi regista ricama un tragicomico minuetto sul tema attualissimo della coppia che, dietro una facciata di disinvolto modernismo, s’aggroviglia nell’antico gioco delle parti, mescolando scherzo e viltà, dolore e perfidia. Anziché affidarci espliciti motivi polemici, il film tratteggia con malinconica ironia il profilo d’un uomo di mezza età, non a caso battezzato Machiavelli, che né con la violenza né con l’indulgenza affettuosa, maschera del suo torpore morale, riesce a salvaguardare quel bene supremo che la tradizione identifica con l’unità della famiglia. La civiltà del benessere lo mimetizza da marito invulnerabile, ma nel momento dell’ultima scelta non riesce a salvarlo dalla solitudine. L’unica cosa che può nobilitare il suo sgomento è il rifiuto di chiudere un occhio, di ignorare il torto subito. Nascosta fra le pieghe di una commedia brillante, trapunta di situazioni buffe che mettono in un piano un po’ teatrale, questa morale desolata conferisce al film un sapore amarognolo, quasi una vena di terrore, che riceve attento rilievo dall’interpretazione d’un Sordi misurato e sicurissimo nello svariare dai toni grotteschi a quelli patetici. Terza regia per l’attore romano e inizio del consolidato sodalizio artistico tra Alberto Sordi e Monica Vitti, proseguito con Polvere di stelle e Io so che tu sai che io so.