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Skepto Film Festival: L’unica lezione di Peter Marcias, un omaggio al cinema dell’assenza di Abbas Kiarostami

Lo Skepto Film Festival si apre con L'unica lezione di Peter Marcias, un sentito omaggio al cinema dell'assenza del maestro Abbas Kiarostami

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Essere una cosa distinta da Dio non significa dire che una qualche divinità si inoltra nella natura? Cosa che forse potrebbe dire Schelling? L’essenza di Dio nel piede di Giove. Vale a dire una parvenza di vita in un qualcosa di essenzialmente avviluppato nei dintorni. Potrebbe apparire fuorviante – e forse lo è – ma è anche uno sbrigativo modo di intendere il cinema di Abbas Kiarostami. La decima edizione dello Skepto International film festival si apre curiosamente con uno dei registi che ha sdoganato l’assenza. Il divenire della differenza, ove la differenza è il nascondere e il divenire è la presenza invisibile. Il grande maestro iraniano ha sempre delicatamente sorvolato l’assenza. Nei suoi film l’assenza ha un ruolo fondamentale: è quel così non visibile da essere visibile. Ne Dove è la casa del mio amico? (1987) è l’assenza il motore della trama. Persino nello splendido finale de Sotto gli ulivi (1994) l’assenza si palesa nella distanza; ossia nella scomparsa via via del protagonista e nella riduzione all’invisibile di quello che in altri film sarebbe stato il momento topico. Seguendo questa linea, rispettando lo spirito cinematografico e non solo di Kiarostami, il regista Peter Marcias apre con L’unica lezione la decima edizione di Skepto, il festival cagliaritano dedicato ai cortometraggi.

Curioso che in tal senso il film di apertura parli di coperture. Un giovane iraniano riluttante si ritrova ad assistere a un solitario incontro con quel regista che del non apparire ne ha fatto un marchio di fabbrica (si perdoni la banale ed odiosa espressione). L’incontro con un giovane iraniano che scopre Kiarostami in un auditorium vuoto, quindi in assenza di presenze. Chi voleva nascondersi si scopre nascosto. Quello che il protagonista del cortometraggio si ritroverà a guardare saranno momenti di un incontro realmente avvenuto nell’auditorium della Università di Cagliari nel 2001. Un lavoro di squadra nel segno della poetica di Kiarostami, come afferma Marcias. “Mi dispiace per me, mi dispiace per te e per qualcuno che non conosco“, scrive Kiarostami nel suo Un lupo in agguato. E in effetti queste poche righe sembrano riassumere quell’incontro mancato tra lo studente iraniano che si nasconde in una sala assente (ancora) e il regista omaggiato da Peter Marcias (con la preziosa collaborazione degli studenti dell’Università di Cagliari). Assenza quindi, paradossale quasi. Una negazione, o un celare le proprie origini per poi arrivare a palesare, a scoprire sé medesimi con il cinema del celato di Kiarostami.

Il cortometraggio ha come base strutturale il laboratorio del Celcam di Antioco Floris che ha chiesto a Peter Marcias il materiale da lui girato (e i più attenti lo riconosceranno tra gli studenti). Come dichiarato da Marcias, il corto vuole essere innanzitutto un omaggio a Kiarostami. Un omaggio realizzato con un lavoro di recupero di un materiale anche deterioratosi col tempo (e quindi si può parlare di un corto dalla lunga gestazione), ma che come punto cardine ha, oltre all’amore per un maestro del cinema, anche il desiderio di voler far conoscere alle nuove generazioni un vero e proprio maestro della immagine e non solo. Il tutto all’interno di una poetica importante, come ha dichiarato il regista presentando il documentario al Festival di Cagliari (visto anche a Venezia nella Giornata degli Autori). Peter Marcias, che ha incontrato e parlato con Kiarostami, ha voluto rendere omaggio al maestro (qui espressione non abusata) iraniano offrendo un finale in linea con quella assenza del suo cinema. Un’assenza-presenza, o una assenza che palesa la presenza. Un’assenza poi colmata dalla nostra immaginazione, ci dice Marcias. Il non mostrare i personaggi in modo da famigliarizzare con quello che non vediamo. Lo dice Marcias: “In quella voce, in quella presenza che non vedo mai io ci immaginavo, magari, la signora del mio paese. E quindi ti devi lasciare accogliere da quella assenza“. Il non vedere che dà spazio alla famigliarità.

Detto questo, viene quindi spontaneo domandarsi come fosse il Kiarostami uomo, nascosto egli stesso in quegli occhiali. Per Marcias, Kiarostami si celava nella poetica ma allo stesso tempo era proprio questo a renderlo unico. Un regista unico che inizialmente Peter Marcias aveva immaginato come un cartone animato vagabondo per la città di Cagliari, ma che poi si concentrava sul ragazzo e decideva di seguirlo. Assente con la voce ma presente con l’animazione (quindi presenza-non presenza), un’assenza-presente purché nell’immaginazione della forma cartone animato. Idea poi sostituita dalla presenza di Kiarostami in un luogo vuoto, senza studenti. Eccetto uno: il ragazzo che poi comprende chi è stato, anzi, chi è Abbas Kiarostami. Uomo serafico, che potevi incontrare disteso al sole, silenzioso ma oltremodo presente. Un ottimo inizio quindi per lo Skepto siffatto omaggio a Kiarostami. Auguriamo a Peter Marcias di poter proseguire verso questa strada (in)quieta (ossia il cinema di qualità), curiosi adesso di vedere la sua trasposizione de Lo stato delle anime di Giorgio Todde (edito da Il Maestrale), il nuovo progetto, questa volta in animazione. Fiduciosi in un regista presente nel testimoniare e omaggiare quell’arte meritevole di essere riproposta ma anche certi di vedere non solo un amante del cinema ma un autore vero e proprio.

Nelson Pinna

  • Anno: 2018
  • Durata: 14'
  • Genere: Cortometraggio
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Peter Marcias