Anime nere è un film del 2014 diretto da Francesco Munzi. Il soggetto, riguardante le sventure di una famiglia collusa con la ‘Ndrangheta, è liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Gioacchino Criaco. Il film ha partecipato alla 71ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel concorso ufficiale, ricevendo subito un’ottima accoglienza. Ha ottenuto ben 9 David di Donatello tra i quali quelli per il miglior film, miglior regista e migliore sceneggiatura. Le riprese sono avvenute ad Amsterdam, Milano e nella Locride, nei comuni di Bianco e soprattutto Africo. Il regista ha anche utilizzato diversi attori non professionisti selezionati personalmente in Calabria. Il film è stato distribuito in Italia a partire dal 18 settembre 2014, successivamente è stato reso visibile nei cinema di 19 Paesi. Tra aprile e maggio 2015 è stato distribuito nelle principali sale statunitensi con il titolo Black Souls. Con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Barbora Bobulova, Giuseppe Fumo, Aurora Quattrocchi.
Con la fotografia di Vladan Radovic, le scenografie di Luca Servino, i costumi di Marina Roberti e le musiche di Giuliano Taviani, Anime nere è così descritto dal regista in occasione della partecipazione in concorso del film al Festival di Venezia 2014: «Ho girato nel paese che la letteratura giudiziaria e giornalistica stigmatizza come uno dei luoghi più mafiosi d’Italia, uno dei centri nevralgici della ‘ndrangheta calabrese: Africo. Quando raccontavo che avrei voluto girare lì, tutti mi dissuadevano dal farlo: troppo difficile la materia, troppo inaccessibile, troppo pericoloso. Era un film impossibile. Ho chiesto allo scrittore di Anime Nere, da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi. Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure. Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi. Ho mescolato i miei attori con gli africesi, che hanno recitato, lavorato con la troupe. Senza di loro questo film sarebbe stato più povero. Africo ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro paese. Da Africo si può vedere meglio l’Italia».
Sinossi
Tre fratelli si riuniscono nel loro paese natale tra le montagne selvagge dell’Aspromonte, in Calabria. Uno di loro è sempre rimasto lì, due sono migrati al nord, riuscendo a trovare successo e denaro, chi in maniera legittima, chi no. Tutti però dovranno confrontarsi, in una dimensione sospesa tra l’arcaico e il moderno, con la storia della loro famiglia e con un passato quasi tribale che riemerge con violenza.
La recensione di Taxi Drivers (Luca Biscontini)
Un tuffo in una dimensione ancestrale, arcaica, e, in un certo senso, sacra; un passato che non smette di ritornare, con le proprie leggi, usanze; un modo di concepire l’esistenza che, nonostante tutti i tentativi di normalizzazione, rifluisce impetuosamente, invischiando tutti coloro che sin dalla nascita sono segnati da un fatale destino che drammaticamente incombe. Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Gioacchino Criaco, prima di essere una storia di malavita, Anime nere è la messa in scena di un dramma famigliare, che si dipana lentamente sotto i nostri occhi, senza eccessivi strepiti, in cui la normalità dei rapporti quotidiani viene investita da un’improvvisa sciagura che provoca non poche vittime.
I Carbone sono uomini e donne legati da un rapporto tribale, ma ciascuno di essi intrattiene un legame più o meno profondo con la dimensione dell’illegalità, con una ‘moralità altra’, parallela, che insiste, giustapponendosi, nella realtà di tutti i giorni. I tre fratelli protagonisti (davvero intense le prestazioni di Marco Leonardi, Peppino Mazzotta e Fabrizio Ferracane) scandiscono i diversi gradi di appartenenza a una normatività radicata in un territorio ostile, ma al tempo stesso meraviglioso, ancora incontaminato, dove le principali attività rimangono l’agricoltura e la pastorizia, un mondo criminaloide fatto di non detti, di silenzi, di riunioni famigliari in cui si decide della sorte di altri esseri umani. Ma il lato oscuro – è questa è l’eccezionalità dell’opera di Munzi – rimane fuori campo, dove l’occhio dello spettatore non arriva, e ciò che la macchina da presa immortala sono gli effetti sulle persone, che non possono far altro che tenersi tutto dentro.
Anime nere ci mostra un mondo compresso, inespresso, e lo spettatore è convocato a dare lui stesso forma a tutto il materiale emotivo che rimane a fior di pelle sui personaggi, i quali brancolano nel buio, entrando in contrasto tra di loro, ma sempre sommessamente. Ecco perché l’epilogo del film si carica di una drammaticità che raccoglie tutta l’umanità negata, ammutolita, non partecipata, e la tragedia finale, paradossalmente, vede coinvolto proprio il fratello che più si era estraniato dai ‘fatti della famiglia’. Un trattato antropologico, dunque, che rivela un profondo lavoro di preparazione da parte del regista, il quale ha saputo cogliere in maniera acuta i comportamenti, le mentalità e i modi di vivere di un mondo segreto ma palpitante, strisciante e, in ultima analisi, soffocante. Il traffico di droga, il riciclo di denaro sporco e tutte le altre attività illegali connesse sono il sintomo di un ‘malessere’ più radicato, di un’etica alternativa che non smette di rivendicare la propria cittadinanza.
Ricoperto giustamente da tanti David di Donatello, Anime nere si appresta a rimanere un caso nella cinematografia italiana e di genere.
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