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Trieste Film Festival 2019: The With Crow di Ralph Fiennes

Evento speciale al 30° Trieste Film Festival, il terzo film da regista di Ralph Finnies è un tributo alla grandezza di Rudolf Nureyev

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Presentato al 30° Trieste Film Festival quale evento speciale, nella stessa serata in cui si è svolta la cerimonia di premiazione, The White Crow è una biografia cinematografica del grande Rudolf Nureyev destinata a generare forti emozioni, nelle parti più riuscite, assieme a qualche perplessità riguardante invece la forma un po’ troppo rigida e costruita del racconto.

Ne è autore quel raffinato interprete britannico che abbiamo sempre amato parecchio, Ralph Finnies, alle prese qui con la sua terza regia per il grande schermo. Non sorprenda poi l’inserimento del film nel programma del festival triestino: non soltanto gli episodi raccontati in The White Crow, su tutti la fuga in occidente del celebre ballerino, si pongono come ponte naturale tra Est e Ovest, ma lo stesso Finnies ha preso di recente la cittadinanza serba. Che il suo prossimo film da regista si svolga proprio nei Balcani? Sarebbe per noi spettatori un’opzione assai stimolante.

Torniamo però a The White Crow. Tale lungometraggio, scritto dall’esperto drammaturgo David Hare sulle basi della biografia di Julie Kavanagh datata 2007, Rudolf Nureyev: The Life, cerca di individuare alcuni snodi fondamentali nella vita dell’artista disarticolando la trama, così da far emergere nei ripetuti flashback tre momenti di notevole impatto: l’infanzia di Nureyev, i suoi successivi sforzi per essere prima ammesso e poi posto nelle condizioni di primeggiare presso la prestigiosa Scuola di Balletto del Teatro Kirov di Leningrado, ed infine la decisione di ambbandanare il campo socialista, maturata proprio durante una problematica tournée della compagnia di ballo del Teatro Kirov a Parigi.

Oltre all’apprezzabilissima scelta nel ruolo del protagonista di Oleg Ivenko, giovane ballerino russo della Tatar State Opera & Ballet, ci sono altri elementi che giocano a favore del film. Innanzitutto l’appassionante confronto tra due personalità a tutto tondo, quella dello stesso Nureyev e quella, apparentemente così pacata ma in realtà solida e forte, di un Alexander Ivanovich Pushkin che è stato suo insegnante come anche, in seguito, di Michail Baryšhnikov. Ad interpretare questa figura cardine con straordinario senso della misura, tra l’altro, è proprio Ralph Finnies. Nell’economia del racconto l’educazione alla danza da lui fornita procede di pari passo con l’insoddisfazione del protagonista nei confronti di un sistema chiuso, che non gli consente di vivere appieno il suo talento. Fino al punto in cui lo si dovrà sfidare apertamente, quell’apparato. E infatti la parte più convincente della narrazione resta senz’altro quella finale, in cui Nureyev all’aeroporto rifiuta di imbarcarsi anticipatamente per l’Unione Sovietica, come punizione per le troppe libertà da lui prese durante il soggiorno parigino, chiedendo invece asilo politico alla Francia. Per la loro tensione così ben costruita le scene dell’attesa in aeroporto ci hanno persino ricordato, seppur con minor drammaticità, una quasi analoga situazione sviluppatasi in Argo (2012) di Ben Affleck.

Peccato soltanto che nella parte centrale The White Crow sbiadisca un po’, rivelandosi troppo compiaciuto di quella impostazione diegetica a incastri che, nella sua programmaticità, finisce talvolta per imprigionare o quantomeno contenere gli impulsi più genuini dei personaggi.

  • Anno: 2018
  • Durata: 122'
  • Distribuzione: HanWay Films
  • Genere: Biopic
  • Nazionalita: Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Serbia
  • Regia: Ralph Finnies

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