Adattare il linguaggio al contesto di riferimento, tradurre gli elementi del contenuto nei passi di una danza allineata alla realtà, fare della comunicazione arte e dell’arte comunicazione. The Violet Hour, primo episodio di The Romanoffs, nuova attesissima serie di Matthew Weiner per Amazon Prime Video, è partecipe di tutto questo: un unico movimento di novanta minuti dispiegato nello spazio audiovisivo finzionale con eleganza e intelligenza, pensato per raccontare alcuni aspetti del reale attraverso un formato di particolare angolazione prospettica, inedito anche al suo autore.
La nuova serie del creatore di Mad Men è infatti caratterizzata da una dimensione antologica, un’intensità misurata sul breve termine e una narrativa di ambizione cinematografica organizzata in otto episodi legati tra loro solo da un aggrovigliato filo fantasma, un concetto di sangue che dona coralità a una architettura pensata per stanze separate.
L’anziana protagonista di questo pilota, Anushka, come altri protagonisti della serie, si dice discendente dei leggendari Romanoff; il suo grandioso appartamento parigino, tanto voluto dal nipote (Aaron Eckhart) e dalla fidanzata di quest’ultimo quanto indagato da una ragazza parigina musulmana, è la prova concreta dell’alto lignaggio o la conferma di falsità delle apparenze dichiarate?
L’episodio tratta il mistero dinastico come una suggestione periferica funzionale all’indagine dei principali nuclei tematici – l’identità antropologica, sociale e relazionale degli individui – e si concentra sulla direzionalità narrativa degli elementi in gioco nell’episodio (triangoli d’amore, rivelazioni improvvise, antagonismi) solo in virtù di una visione concettuale precisa: raccontare la perdita dell’amore attraverso la riconquista di esso e la caduta del falso attraverso l’elogio del vero.
Il primo episodio di The Romanoffs è di qualità elevata e testimonia la grazia autoriale di Weiner sia dal lato del comparto formale sia sul versante della gestione contenutistica. L’armonia composta dall’equilibrato gioco dei toni tra raffinato umorismo, dramma borghese, studio sociale e da un impianto tematico capace del ragionamento filosofico ed esistenziale costituisce il corpo del pensiero narrativo di questo autore totale (perché presente in sede registica e in sede di scrittura) che in questo episodio triangola visione cerebrale, afflato sentimentale e piacere visivo per spingersi in una storia apparentemente semplice e in realtà molto stratificata.
La capacità di Weiner è quella di costruire dal nulla un microcosmo privato, addentrarsi in esso con progressività tanto focalizzata da sfocare i contorni di definizione delle psicologie e a quel punto riconoscere l’universalità della dimensione intima, la dilatazione oceanica della singola lacrima caduta in segreto, l’impatto gravitazionale di un sorriso che inverte un processo di caduta e la luce abbagliante di un gesto affettuoso all’interno di una bolla di buio.
In The Violet Hour non c’è l’estensione temporale permessa dal respiro di una stagione per indagare personaggi che comunque la meriterebbero, eppure attraverso l’uso di un sensibile montaggio connotativo, di costruzioni di senso epifaniche e di una narrazione che trova l’immagine nella contrazione della parola scritta e nella parola scritta la porta per l’immagine, l’assenza di spazio temporale non influisce sull’analisi della realtà psicologica e della realtà sociale. Weiner lascia scorrere in sottotraccia ragionamenti sociali e storici che culminano in esclamazioni sintetizzate in immagini fortemente simboliche, trovando nella misura del dettaglio il mezzo più appropriato per raccontare in poco tempo la vastità dei temi che gli interessano.
La narrazione dei personaggi e delle loro azioni ne giova e si adagia setosa sugli occhi di chi guarda, anche attraverso accorgimenti cromatici che spalancano i sensi verso sinestesie tattili brevi e improvvise. Questo accentua la sensazione di partecipazione a una storia che in poco più di un’ora racconta la forma assunta dagli uomini e dalle donne di ogni tipo quando entrano a contatto con la perdita, con l’amore e con i concetti di vero e falso. Quale ruolo assume l’identità nel mondo? Qual è il posto della storia nel presente dei corpi? Quanto delle cose cambia per non cambiare? The Violet Hour risponde ai quesiti che propone non con una risposta, bensì con una domanda concentrata nel quadrato di vetro di una finestra a pochi secondi dalla fine: è la soluzione perfetta per un episodio che racconta la realtà con delicatezza, cercando in pochi momenti di condensare in una geometria commovente il sentimento di una vita e forse quello di molte altre. Bentornato Mattew Weiner.
di Leonardo Strano