It Follows, un film del 2014 prodotto, scritto e diretto da David Robert Mitchell, è stato presentato in anteprima il 17 maggio 2014 durante l’annuale Festival di Cannes e poi distribuito in ampia distribuzione nelle sale cinematografiche statunitensi dal 27 marzo 2015. In Italia è uscito con più di un anno di ritardo, il 6 luglio 2016, per conto di Koch Media. Dopo il successo del film, Tom Quinn, co-presidente Radius TWC, ha annunciato che lo studio sta pensando alla realizzazione di un possibile sequel. Quinn ha espresso l’idea di lanciare il concetto del primo film con Jay di Maika Monroe o con un altro protagonista che va lungo la catena per trovare l’origine di quella “cosa”.
Sinossi
Per la diciannovenne Jay l’autunno dovrebbe essere solo scuola, ragazzi e fine settimana al lago. Dopo un incontro sessuale apparentemente innocente, Jay si ritrova però afflitta da strane visioni e dall’inevitabile sensazione che qualcuno o qualcosa la stia seguendo. Di fronte a tale realtà, Jay e le sue amiche adolescenti devono trovare un modo per sfuggire agli orrori che sembrano stare a pochi passi da loro.
La recensione di Taxi Drivers (Luca Biscontini)
Per parlare di It Follows, interessante horror-thriller, secondo lungometraggio di David Mitchell, bisogna partire senza dubbio dal titolo, laddove il pronome impersonale, neutro, It, designa qualcosa di sfuggente, informe, che cambia incessantemente aspetto e che concretizza gli spettri interni di chi – la sventurata protagonista, interpretata dalla giovanissima Maika Monroe – ha avuto la malasorte di essere stato contagiato attraverso un rapporto sessuale: iattura che può essere evitata solo se ci si accoppia, a propria volta, con qualche altra ignara vittima.
Probabilmente questo film farebbe gioire Slavoj Žižek – verosimilmente avrà già esultato – giacché le apparizioni angoscianti che funestano la vita tranquilla di una teenager di Detroit potrebbero esser lette come una sorta di irruzione del Reale, l’improvvisa comparizione di qualcosa che sempre sfugge all’ordine simbolico, e, dunque, nella sua eccedenza, non può che presentarsi sotto forma di inquietante visione, una ‘vita non morta’ che insiste, irriducibile, che esorbita irrimediabilmente ogni tentativo di tradurla in rappresentazione.
Durante il film assistiamo alle varie metamorfosi di It, che, seppur costantemente mosso dall’intento di porre fine alla vita della malcapitata protagonista, non sempre prende forme sconvolgenti, anzi, nell’ultima sequenza, forse la più terribile, assume le sembianze del padre di Jaime “Jay” Height (Monroe), proprio a testimoniare quanto l’orrore non sia necessariamente legato alla mostruosità, piuttosto alle dinamiche inconsce di chi – solo chi è contagiato può ‘vedere’ – osserva concretizzarsi il proprio mondo interiore. In questo senso, si perdoni l’iperbole dell’accostamento, It Follows ricorda, per le modalità con cui si verificano le apparizioni, le non meno terribili ‘invasioni’ di Solaris di Andrej Tarkovskij. “D’altronde – dice Žižek in Tarkovskij: la Cosa dallo spazio profondo – la nozione di Cosa come macchina dell’ES che materializza direttamente le nostre fantasie inconfessate può vantare un pedigree lungo, ma non sempre rispettabile”.
La cosa pensante, che nel film del regista russo era il magmatico cervello del pianeta misterioso, il quale rendeva concrete le fantasie dello psicologo Kelvin, nella fattispecie le apparizioni della moglie Harey (la donna come ‘sintomo’ dell’uomo), in questo caso viene interiorizzata dal soggetto, che subisce un’irruzione, suo malgrado, e, dunque, dà forma, senza volerlo, ad un “Reale traumatico in cui la distanza simbolica crolla, in cui non vi è più bisogno di parole e di segni poiché il pensiero interviene direttamente nel Reale” (Žižek, ibidem). Si tratterà, quindi, di arginare questo assalto non, ovviamente, nascondendosi dietro un ordine simbolico che non può comunque neutralizzare ciò per sua natura sfugge (il maldestro piano ordito dai ragazzi nella piscina per distruggere lo ‘spettro’), ma di rilanciare connettendosi con l’infinità e globalità di un Evento, un amore che, oltrepassando la prosaicità e l’impossibilità del rapporto sessuale (chi scrive abusa di concetti lacanianai, pur non padroneggiandoli adeguatamente), svincola i soggetti, nella misura in cui impone una torsione etica decisiva, la sola che possa trasfigurare le insostenibili immagini che tormentano la giovane Jaime.
Non proseguirà, presumiamo, e questo sembrerebbe far presagire il finale del film, lo slittamento continuo dei significati – s’interromperà la catena dei contagi per via sessuale -, laddove ci si è collocati nello stesso spazio evanescente da dove provenivano le immagini mostruose, operando un nuovo processo di simbolizzazione e partecipando, così, in maniera attiva, alla gestazione di nuove forme. Insomma, pur non potendo mai prevedere esattamente dove possa condurre ciò che eccede la nostra capacità di comprensione (sia esso un’immagine mostruosa come Reale traumatico o un Evento inafferabile), è solo a partire da un atteggiamento attivo del soggetto, il quale con ‘fedeltà’, rischiando (nel senso di esporsi all’errore), rivendica una propria dimensione etica (scampando la trappola del relativismo contemporaneo), che si può interrompere la catena infinita di un male che non cessa di accadere.
Non sono poche le suggestioni, quindi, che l’intelligente pellicola di Mitchell provoca. Non solo un film horror, ma un’opera capace di turbare e risvegliare le coscienze di un mondo sempre più tenacemente arroccato su un immaginario asfittico, perverso, che non cessa di generare mostri, nella sua smania di ricondurre tutto in una sfera economica (pagandone a caro prezzo le conseguenze).