Una vita spericolata è una commedia d’azione con l’obiettivo di inquadrare un certo tipo di gioventù, ragazzi senza lavoro, senza regole e senza futuro. Giovani spericolati, infatti, perché all’apatia e all’incertezza questi protagonisti preferiscono l’azione; anche se tutto quello che gli accade inizia per caso, quando a Rossi, interpretato da Lorenzo Richelmy, entrato in banca per chiedere un prestito, cade una pistola scarica dalla giacca e tutti pensano subito a una rapina.
In questo frangente, con il protagonista che urla “questa non è una rapina”, ma tutti intorno a lui si gettano a terra disperati, Marco Ponti, regista del film, realizza probabilmente la scena più bella e divertente del film. Ma il vero problema arriva dopo quando all’ironia e alla satira il film cerca di unire l’azione.
In un microcosmo fatto non di personaggi ma di macchiette (commissari corrotti e tossicodipendenti; nemici spietati ma mai veramente pericolosi e un agente dello spettacolo cinico, trasandato e inconcludente), il film cerca di fare continuamente ironia, ma mette in fila soltanto una serie di battute che, senza troppi giri di parole, sono semplicemente molto poco divertenti. Con il chiaro tentativo di mettere in scena una pellicola d’azione a metà tra blockbuster americano e poliziottesco all’italiana, citando molto chiaramente Bonnie e Clyde e raccontando una continua fuga in macchina per tutta l’Italia, Una vita spericolata non riesce ad essere un film d’azione con il giusto ritmo. Incredibilmente lento negli inseguimenti, troppe volte interrotto da momenti di stallo per raccontare il passato dei personaggi e iperboli sempre più esagerate a cui lo spettatore non riesce mai veramente ad abituarsi.
A 17 anni da Santa Maradona Marco Ponti torna a raccontare una situazione generazionale molto precisa, dove la risposta all’apatia e alla sfiducia verso il sistema, sebbene in quel film si era dato corpo a un racconto efficace, cinico e indolente, ma preciso e reazionario. Al contrario, in Una vita spericolata il regista non riesce a trovare le stesse coordinate di un tempo; forse a causa del balzo generazionale troppo ampio che questo nuovo lungometraggio deve compiere per continuare idealmente a raccontare 17 anni dopo quella stessa fase della vita, la storia non riesce a raggiungere il vero nucleo del problema. In altre parole, anche se è chiara la critica verso il sistema, anche se è percepibile l’intento satirico del film, i personaggi interpretati da Lorenzo Richelmy, Matilda De Angelis e Eugenio Franceschini, seppur incredibilmente bravi, non riescono a replicare quella spinta generazionale verso il cambiamento che invece il film cerca in tutti i modi di cucirgli addosso.