La promessa dell’assassino (Eastern Promises), un film del 2007 diretto da David Cronenberg, presentato in anteprima al Toronto International Film Festival. Cronenberg torna a dirigere Viggo Mortensen dopo A History of Violence, ma questo film è una sorta di sequel di Piccoli affari sporchi, anch’esso scritto dallo sceneggiatore Steven Knight nel 2004, che fu candidato all’Oscar nel 2004. Con Viggo Mortensen, Naomi Watts, Armin Müller-Stahl, Vincent Cassel e il regista, sceneggiatore e attore polacco, Jerzy Skolimowski.
Sinossi
La mafia russa prospera in quel di Londra, con un ristorante (il “Trans-Siberian”) a far da copertura. Proprietario del locale e capo della famiglia è lo spietato Semyon, coadiuvato dal figlio Kirill. Nicolaj è l’autista tatuato dell’organizzazione, che un giorno si ritrova coinvolto in una storia che riguarda una ragazza russa morta di parto e il suo diario, casualmente finito nelle mani dell’infermiera Anna.
Laddove un regista, con un carriera consolidata alle spalle, smette di rischiare e inizia a dedicarsi a produzioni ben più sicure e con la certezza di un ritorno economico, David Cronenberg sposta continuamente il proprio asse, disorientando lo spettatore: dalle atmosfere riconducibili agli horror b-movie, nei primi anni di attività, fino ad un approdo molto più gelido e controllato, il cinema del cineasta canadese si trasforma ed evolve, vivendo continuamente una primavera artistica che, seppur con qualche eccezione, rigenera la sua filmografia. Eastern Promises (tradotto in italiano in modo assurdo) è sicuramente una delle pellicole più ispirate e belle di Cronenberg, che, insieme al precedente A history of violence, forma una sorta di dittico, in continuità a livello di tematiche e di cast. Ritorna Viggo Mortensen con un’interpretazione magistrale, il genere noir, la violenza che irrompe e distrugge la vita di tutti i giorni, il passato che tormenta il presente, ma anche e soprattutto lo studio sulla mutazione della carne, costante imprescindibile di ogni film del regista, che se nei precedenti lavori sfruttava al massimo la componente horror e surreale per trasmettere il suo messaggio, in film con un’impronta fortemente realistica come questi, il lavoro attuato è molto più sottile e subliminale. Il corpo, nel caso di Eastern Promises, è ripreso in ogni sua forma: martoriato, congelato, nudo, decomposto e soprattutto tatuato da simboli e stemmi. A sorreggere un impianto teorico e tecnico così complesso si affianca una trama, dalla forte impronta noir, assolutamente classica nello svolgimento ma senza alcuna banalità o riconciliazione finale: Cronenberg costruisce una tragedia del già vissuto, di un passato che torna a influenzare il presente, testimoniato da brani di diario che accompagnano i momenti salienti della pellicola. Il dramma si è dunque già consumato e i protagonisti possono solo subirne le conseguenze, ribadite da un finale apparentemente consolatorio, che invece è solo il punto di partenza per un nuovo circolo di sangue, fino ad una inevitabile morte annunciata.