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Underground

Straight to hell

Con una provocante e provocatoria estetica del brutto, non condizionato da nessuna esigenza di prodursi in sguardi contemplanti verso un mondo che in larga misura si rende degno solo di disprezzo, o tanto meno in esercizi di stile funzionali solo al mercato

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Con una provocante e provocatoria estetica del brutto, non condizionato da nessuna esigenza di prodursi in sguardi contemplanti verso un mondo che in larga misura si rende degno solo di disprezzo, o tanto meno in esercizi di stile funzionali solo al mercato, sovversivo anche nei confronti della presunta sovversione convenzionale (con quel tocco burlesco e derisorio del metter da parte l’alcool per bere nient’altro che caffè, con quel mescolare cattiveria e violenza con parodia dei generi, dei caratteri, delle situazioni) Straight to hell manda letteralmente dritto all’inferno il cinema fatto per essere goduto in comoda postazione. Chiassoso, urlato, sghembo, fuori misura e scorretto, finirà per sconfortare lo spettatore abituato ad emozioni tiepide, sconvolgendone i ritmi di fruizione con un atteggiamento che fa tutt’uno con lo spirito punk con il quale il film è stato girato, pensato, vissuto.
Riemerso da un oblio ventennale grazie al gruppo editoriale Minerva RaroVideo, che ha inserito il film di Alex Cox nella collana Illegal&wanted curata da Roberto Silvestri, il film, nato nel 1987 quasi casualmente, dopo un film concerto andato a monte per questioni d’ordine politico, fa apparire nelle vesti di cowboys postmoderni una serie di icone della scena punk e underground anni ’80, da Joe Strummer ad Elvis Costello, da Grace Jones a The Pogues, passando da Courtey Love e Jim Jarmush, fino a trovarsi davanti l’easy rider Dennis Hopper.
Esercizio spregiudicato di sovversione, d’erosione dell’ovvio, di derisione del discorso che solitamente sottostà a regole di causalità spazio-temporale,ed al contempo debitore d’un certo cinema italiano snobbato (Corbucci, Questi) Straight to Hell scompone e ricompone elementi in un calderone (una volontaria spazzatura?) frutto dello spreco (d’ energie e di pellicola) e destinato ad eguale disilluso traguardo.
Sfilata di figure-contro al pieno del loro orrido splendore, il film brucia d’una intensità che è quella di chi non fa in vista d’un idea o d’un progetto, ma che piuttosto semplicemente ama godere nel piacere del (dis)fare. La vida no vale nada!

Salvatore Insana

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