Dramma delle gelosia (tutti i particolari in cronaca), un film del 1970 diretto da Ettore Scola, interpretato da Marcello Mastroianni, Monica Vitti e Giancarlo Giannini. Presentato in concorso al 23º Festival di Cannes, valse a Mastroianni il premio per la migliore interpretazione maschile.
Sinossi
Oreste (Mastroianni), muratore maturo e coniugato, conosce la fioraia Adelaide (Vitti) e tra i due sboccia l’amore. Poi lei si innamora anche di un giovane pizzaiolo e Adelaide vorrebbe dividersi tra i due, ma Oreste non ci sta. Sconvolto dalla gelosia, quando l’amata decide di sposare l’altro, involontariamente la uccide.
In Dramma della gelosia si denotano già i prodromi dei capolavori futuri di Scola, la passione e l’idealismo di C’eravamo tanto amati e il grottesco delle borgate di Brutti sporchi e cattivi. È ovvio che siamo lontani dal tocco registico maturo di metà anni settanta, ma questa pellicola è godibile sino in fondo, per l’ironia amara di cui sono intrisi gli abitanti del suburbio e per la splendida scelta di lasciar narrare la vicenda dalla voce roca e “romanaccia” della Vitti. Il triangolo di Scola è una commedia pura sui sentimenti ma non sentimentale. Film serio e divertente, mai serioso, costruito sui tre personaggi. Il film è centrale nel definire per la Vitti e per Giannini due caratterizzazioni azzeccate che i due rifaranno molte volte nelle loro rispettive carriere. L’attore premiato sarà Mastroianni, ma è evidente che per l’ex musa di Antonioni il titolo di unica donna a potere definirsi mattatrice della commedia all’italiana passa da Adelaide. In definitiva un romanzo popolare che non ne accetta il finale femminista. Uno Straziami ma di baci saziami che finisce male. Una commedia di Germi liberata da un codice penale retrogrado e maschilista. Un’opera popolana e ruspante dove funziona tutto, dove sotto processo dovrebbe finire il nostro cinema che non riesce più a essere così trascinante e pensante senza essere pesante. Quando nello stesso decennio il sociale prenderà la scena verranno i capolavori del nostro, qui resta un ritratto tragicomico di un’umanità concreta e sognatrice a cui bastava veramente poco per essere felice. Film di pulsioni e ironia che con una mano ti accarezza e con l’altra ti schiaffeggia.