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Closeness: il russo Kantemir Balagov esordisce con un’opera prima intensa. Un cinema inquieto, vibrante, invadente

Clossness appare come un déjà vu cinematografico attraverso il quale sembra di aver già visto qualcosa in realtà mai visto prima. Kantemir Balagov è riuscito a dare vita a un’immensa espressione cinematografica che cela l’inganno che solo la vera arte sa ordire

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Caucaso settentrionale, Repubblica Autonoma di Kabardino-Balkaria: Nalchik 1998. Il periodo nel quale si colloca la storia di Ilana vede l’intensificarsi del secondo conflitto ceceno, e alcuni videotape evidenziano le crudeltà perpetrate. La compresenza di varie etnie tra le quali i cabardi, i balcari, i russi e gli ebrei rende la convivenza tra le culture e le tradizioni piuttosto complicata. Ilana fa la meccanica nell’officina del padre. Il suo abbigliamento nonché il portamento assolutamente androgini non riescono a nascondere la sua bellezza e la sua intensità emotiva vissuta anche attraverso uno straordinario rapporto con il padre e il fratello. La madre, emozionatissima per il fidanzamento dell’amato figlio David, le fa indossare un abito femminile; la sera dopo la cerimonia i futuri sposi vengono rapiti. La richiesta di riscatto è al di sopra delle loro possibilità economiche e, a causa dei conflitti che si intensificano tra le varie etnie locali, la famiglia del rapito, di religione ebraica, decide di essere poco visibile e di non chiedere l’intervento delle autorità locali. Raccogliere il denaro necessario comporta la perdita dell’attività lavorativa e della casa e il bisogno di spostarsi altrove. Il prezzo da pagare per procurarsi le risorse necessarie però è troppo alta per Ilana: dovrà fidanzarsi con un ragazzo ebreo e, in quanto promessa sposa, ottenere del denaro. Lei però ama un ragazzo cabardo, Zalim, che la sua famiglia non ha mai accettato. La reazione di Ilana a questa imposizione sarà violenta, soprattutto per il rapporto assolutamente conflittuale con la madre che le ha sempre preferito il fratello David. Le reazioni imprevedibili della ragazza sono l’elemento portante della narrazione perché lasciano trasparire, nel bene e nel male, l’estremo attaccamento alla famiglia. Se da un lato, infatti, nessuno può farle fare ciò che non vuole, dall’altro sarà sempre lei a immolarsi alla causa familiare. Un finale amaro, lacerante proprio perché conciliante. Una storia tesa, nervosa, come solo l’urgenza di un’opera prima sa fare.

Il 26enne Kantemir Balagov, allievo di Aleksandr Sokurov, innesca un meccanismo espressivo di rara urgenza; una promessa preziosa il suo lavoro, rappresentato attraverso una contestualità storica pressoché sconosciuta, una condizione umana così recente ma così lontana nella sua realtà spazio/temporale. Un cinema inquieto, vibrante, invadente; interpretazioni estreme, penetranti; un gioco di volti, di vita, di corpi estenuati, di realtà ingombranti. Il vissuto di una famiglia, di una condizione etnico-culturale-politica irrisolta, di dimensioni economiche-sociali esasperate. Gli amori, le aspettative, le delusioni, le speranze, i frammenti di una legalità non invocabile perché lo ius vitae et necis privato è al di sopra di qualunque latente stato di diritto pubblico. Un film che produce un nuovo sguardo, estremo, contemporaneo, forzando la vista e radicalizzando il gesto artistico attraverso una falsa apparente classicità della forma, in una rivoluzionaria ultra riformulazione della stessa. Closeness appare come un déjà vu cinematografico attraverso il quale sembra di aver già visto qualcosa in realtà mai visto prima. Balagov è riuscito a dare vita a un’immensa espressione cinematografica che cela l’inganno che solo la vera arte sa ordire. “Somewhere between lies and truth lies the truth”…

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