Su Mubi Train to Busan, un film del 2016 diretto da Yeon Sang-ho. In Italia è uscito in home video il 12 ottobre 2017, in allegato al prequel Seoul Station. Il film ha incassato $2.129.768 in patria e $85.417.750 nel resto del mondo, per un totale di $87.547.518. Il 7 agosto 2016 la pellicola ha stabilito un record risultando come il primo film coreano dell’anno per pubblico con oltre 10 milioni di spettatori.
La trama
Un disastroso virus, che parte da un senzatetto alla stazione di Seoul, colpisce la Corea del Sud. I passeggeri su un treno diretto a Busan cercano di sopravvivere all’improvvisa pandemia.
Train to Busan e Seoul Station: gli zombi dagli occhi a mandorla di Yeon Sang-ho
La recensione di Taxi Drivers (Francesco Lomuscio)
“Il progetto del film venne dopo che avevo quasi ultimato Seoul Station, che raccontava di come una notte, a Seoul, fosse cominciata la fine del mondo, per via di un misterioso contagio che trasformava la gente in mostri feroci. Seoul Station era fatto in animazione, sulla scia dei miei lavori precedenti. Quando pensai a Train to Busan, che è il seguito di Seoul Station, la mia produzione mi propose di girarlo come live action”.
È sicuramente necessario riportare questa dichiarazione dello specialista sudcoreano in animazione Yeon Sang-ho per apprendere la genesi del suo primo lungometraggio concepito con attori in carne ed ossa: Train to Busan, visto dalle nostre parti, tra l’altro, sugli schermi dell’edizione 2016 della Festa del film di Roma.
Lungometraggio in cui Gong Yoo veste i panni di un padre divorziato che, addetto alla gestione di fondi, parte insieme alla figlioletta incarnata da una stupefacente Kim Soo-an per raggiungere a Busan la madre di lei; mentre un virus non identificato sembra essersi diffuso velocemente in tutto il paese, trasformando i comuni mortali in aggressivi esseri zombeschi. Esseri tutt’altro che appartenenti alla tradizione delle classiche salme ambulanti lente e dinoccolate, ma veloci e scattanti come buona parte degli infetti sbrana-umani portati sullo schermo nel XXI secolo, da 28 giorni dopodi Danny Boyle a World War Z di Marc Forster. Titolo, quest’ultimo, in un certo senso richiamato alla memoria nelle frenetiche immagini di massa dei mostri impegnati ad attaccare i viaggiatori; sebbene lì si tendesse a privilegiare la spettacolarità da action-movie ad alto costo al servizio del belloccio protagonista Brad Pitt, mentre qui, pur concedendo moltissimo spazio al movimento e alle aggressioni, ci si concentra sui diversi personaggi coinvolti.
Del resto, tra interminabili fughe nei corridoi dei vagoni, porte scorrevoli sempre pronte ad essere chiuse per sfuggire agli assalti e lotta per la sopravvivenza, appare evidente che ciò che veramente interessa al regista sembra essere la feroce critica sociale nei confronti di un mondo sempre meno altruista e sempre più vigliacco. Aspetti testimoniati dai disgustosi comportamenti sfoggiati da alcune delle figure coinvolte; man mano che – evitando esagerazioni splatter, nonostante il tema trattato – ci si avvia verso un’ultima parte atta a tirare in ballo sia un convoglio ferroviario in fiamme che un altro in corsa che si trascina dietro le creature, che non sembrano volerne sapere di mollare la presa.
Un evidente omaggio al romeriano La notte dei morti viventi non privo di ironia e di una spruzzata di melodramma tipico della Settima arte orientale.