Autore di capolavori consegnati definitivamente all’immaginario cinematografico del nostro paese, tra i quali Lo strano vizio della signora Wardh (1971), Tutti i colori del buio (1972) e Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972), tutti interpretati dall’allora nastro nascente Edwige Fenech, Sergio Martino nel 1973 realizzava I corpi presentano tracce di violenza carnale. Noto all’estero con il titolo di Torso o The bodies bear traces of carnal violence è stato, assieme al film Reazione a catena di Mario Bava, il precursore del filone degli slasher movie statunitensi, e per tale motivo, oggi è più che mai venerato.
Dai titoli di testa comprendiamo subito l’alto livello del film, laddove nei reparti tecnici e artistici compaiono alcuni straordinari professionisti, protagonisti indiscussi di un’intera, intensa, stagione del cinema italiano.
Tanto per cominciare a produrre troviamo Carlo Ponti, l’uomo che realizzò, solo per citarne alcuni, pietre miliari quali Europa ’51 di Roberto Rossellini, La strada di Federico Fellini, La donna è donna e Il disprezzo di Jean-Luc Godard (anche se per quest’ultimo film impose alla versione italiana dei tagli tali da snaturarne il senso).
A sceneggiare, manco a dirlo, un mostro sacro, quell’Ernesto Gastaldi che, con la sua mirabile penna, scrisse film indimenticabili: La frusta e il corpo di Mario Bava, La decima vittima di Elio Petri, Milano odia: la polizia non può sparare di Umberto Lenzi (ma potremmo citarne a decine).
Ancora, Eugenio Alabiso al montaggio. Menzioniamo due titoli su tutti: Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone.
E, infine, si fa per dire, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis curano la colonna sonora, realizzando, soprattutto con l’utilizzo di strumenti a corda, atmosfere assai sospese, rarefatte, inquietanti e, al tempo stesso, intonate alla cultura hippie dell’epoca.
Cominciamo dalla fine: nell’ultima sequenza, in campo lungo, vediamo incedere verso la macchina da presa il sopravvissuto al mortale scontro finale, che determina l’esito complessivo della storia messa in scena. Martino gioca con le sembianze: di primo acchito ci sembra di scorgere il prof. Franz (il John Richardson che duettava con Monica Vitti nell’indimenticabile L’anatra all’arancia di Luciano Salce), ma uno stacco dell’inquadratura, che poi ritorna nella posizione precedente, ci segnala, al contrario, la figura del dottore (un Luc Merenda sempre in parte). Pare quasi, alla resa dei conti, che tale confusione delle forme risponda alla volontà di comunicare allo spettatore quanto sia esile la soglia che separa il bene dal male. Senza rivelare troppo la trama per non rovinare la fruizione a chi non avesse ancora visto il film, ci limitiamo a sottolineare l’importanza di questo passaggio, laddove le circostanze che hanno indotto il ‘cattivo’ a perpetrare gli efferati crimini cui assistiamo costituiscono delle notevoli attenuanti che, effettivamente, inducono ad ammorbidire molto il giudizio etico nei suoi confronti.
La prima parte de I corpi presentano tracce di violenza carnale inizia nella splendida cornice del centro storico di Perugia, non a caso con una lezione di storia dell’arte su Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come Il Perugino, il celebre artista che fuse la luce e la monumentalità di Piero della Francesca con il naturalismo e i modi lineari di Andrea del Verrocchio, filtrandoli attraverso i modi gentili della pittura umbra. Il prof. Franz spiega ai suoi numerosi allievi il distacco emotivo che il pittore manteneva nei confronti delle proprie opere, in particolare i martiri (non rappresentava mai, per esempio, il rosso del sangue, o la fluidità delle lacrime). La premessa, non gratuita, chiaramente, introduce la psicologia del carnefice, il quale intrattiene con le proprie vittime un atteggiamento assai distaccato. In un certo senso, tra l’altro, anch’esso si può considerare un martire, poiché colpito da un tragico evento che, durante l’infanzia, lo traumatizzò fatalmente. Insomma, un martire tra i martiri: ecco perché, come si diceva sopra, Martino – che co-sceneggiò il film con Gastaldi – pare quasi voler fare un passo indietro, adoperandosi per sospendere il giudizio e togliendo allo spettatore la possibilità di esprimere la propria (viscerale) condanna. Se questa considerazione non è solo una suggestione, crediamo che fornisca un notevole valore aggiunto al film, che comunque già solo per le atmosfere e l’iconografia innovativa si ritaglia un posto significativo all’interno della Storia del Cinema.
La nuova, bellissima edizione distribuita da CG Entertainment e curata da Nocturno, comprende un dvd e un blu ray contenenti due versioni con una lieve differenza nel minutaggio. La qualità del master è stupefacente (superbi, in tal senso, i colori saturi che sgorgano tra il grigio-marrone degli antichi edifici di Perugia). Sono presenti inoltre molti interessanti contenuti speciali, tra i quali le belle interviste a Ernesto Gastaldi e Federica Martino.
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