Mica un anno qualunque il 1982. Quell’anno escono al cinema E.T. l’extraterrestre, Terminator, Blade Runner e Rambo. Le isole Falkland vengono occupate dall’esercito argentino e, durante le prove del Gran Premio di Formula 1 del Belgio, Gilles Villeneuve muore in un impressionante incidente a bordo della sua Ferrari. Intanto in Italia viene coniata la prima moneta da cinquecento lire, Berlusconi compra Italia 1 e Rete 4 che, insieme a Canale 5, andranno a formare il primo polo televisivo privato a trasmettere su scala nazionale e il Festival di Sanremo vede trionfare Riccardo Fogli con “Storie di tutti i giorni” e Albano e Romina con l’inno trash, poi transgenerazionale, Felicità.
Ma l’evento che segna in maniera più indelebile il 1982 è un altro e avviene, sul finire dell’anno, in ambito musicale. E no, non è lo scioglimento degli ABBA. Il 30 novembre del 1982 un giovanissimo Michael Jackson pubblica infatti un disco – anche se sarebbe più corretto dire IL DISCO – che in poco tempo, oltre a battere ogni record di vendite fino a diventare l’album più venduto di tutti i tempi, travalica i confini della musica pop per diventare un fenomeno culturale tout court.
Le fredde cifre ci parlano di 100 milioni di copie vendute (di cui 33 solo negli Stati Uniti) e 37 settimane in cima alla classifica di Billboard, ma l’importanza di Thriller va ben oltre le statistiche. Basti pensare che, con la messa in onda del video di Billie Jean, Michael Jackson divenne il primo artista di colore ad essere trasmesso su MTV, che fino ad allora si era sempre rifiutata di trasmettere artisti neri. Per non parlare dell’invenzione del moonwalk, il passo di danza con cui il performer verrà per sempre identificato e che portò ad esaltarsi perfino un attempato Fred Astaire (uno che di ballo ne capiva qualcosa) che definì lo stile di danza di Jackson “divino”.
Ora, chiunque stesse iniziando a chiedersi perché una testata solitamente incentrata sul cinema stia celebrando l’anniversario di un disco, sebbene epocale, troverà forse la risposta nel videoclip più famoso della storia dei videoclip. Sì, proprio quello con gli zombie e la voce narrante di Vincent Price. Quello che, da trentacinque lunghi anni, finisce immancabilmente in cima ad ogni classifica dei migliori video musicali di sempre. Un’operazione di radicale rilancio di un mezzo considerato fino ad allora – ricordiamo che MTV era nata solo due anni prima – solo un veicolo utile a spingere commercialmente un brano musicale che, affrancandosi dalle sue mere finalità di mercato, diventa opera in sé, guardando indubitabilmente al cinema.
Insomma, quando è uscito il video di Thriller, una cosa così non si era mai vista. Innanzitutto per la sua durata, 14 minuti e passa, che superava di gran lunga quella della canzone. E poi per il regista chiamato a dirigerlo, quel John Landis che, venendo dal trittico formato da Animal House, Blues Brothers e Una poltrona per due, era giustamente popolarissimo. Il video di Thriller rappresentò, per l’epoca, un evento privo di precedenti, capace di abbattere diversi muri e di ridefinire le regole del marketing applicato alla musica.
Ben prima del video, però, c’era per l’appunto la musica. E che musica. Perché Thriller, il disco, è un calderone musicale in cui vengono frullati in modo geniale trent’anni di musica pop, da Elvis ai Beatles (Paul McCartney è presente nel duetto “The Girl Is Mine”), con il soul di James Brown e della Motown – che Michael aveva bazzicato per anni insieme ai fratelli nei Jackson 5 – e certe suggestioni rock (presenti, ad esempio, nel funambolico assolo di Eddie Van Halen su “Beat It”) e disco.
Il brano che forse sintetizza meglio questo melting pot – in un’epoca in cui la parola “crossover” era ben lungi dall’essere associata a un genere musicale – è però “Billie Jean”, immancabile da quasi quarant’anni in qualsiasi playlist, non per forza revival, che abbia qualche ambizione di far ballare anche il più restio dei presenti in sala.
L’anno di Thriller segna anche l’inizio di una doppia metamorfosi per Michael Jackson. Quella da sopraffino cantante a “King of Pop” multimiliardario ed eccentrico e l’altra, conseguente, che riguarda l’interminabile serie di interventi chirurgici che ne stravolse, nel tempo, sia il colore della pelle che i tratti somatici. Ma oggi Michael Jackson ricordiamolo così: come un musicista che, all’apice del proprio arco creativo, riscrive le regole del pop degli anni a venire. Non è affatto un caso che anche oggi, a distanza di 35 anni e in epoca di streaming ed MP3, Thriller sia ancora ben saldo nella classifica dei 500 dischi più venduti della settimana. Per la precisione al 126esimo posto. Il che vuol dire che, in questo momento, mentre scrivo, un ragazzino lo sta fisicamente comprando, anche solo per capire da chi siano andati a lezione i vari Pharrell, Kanye West e Kendrick Lamar.