L’incipit di The Void getta lo spettatore all’interno della storia: assistiamo a un omicidio di una ragazza da parte di un uomo e un ragazzo, mentre fuggono da una casa sperduta in mezzo al bosco. Contemporaneamente un altro giovane riesce a fuggire dalla furia dei due uomini. Pieno di sangue, è poi trovato in mezzo a una strada ai margini del bosco dallo sceriffo locale che lo trasporta all’ospedale della piccola contea. In fase di chiusura, nella struttura sanitaria sono ancora operativi un anziano medico, il dottor Powell (Kenneth Welsh), due infermiere, una praticante, un unico paziente e una ragazza incinta accompagnata dal nonno.
I giovani registi Jeremy Gillespie e Steven Kostanski, praticamente alle prime armi dietro la macchina da presa, anche se con una vasta esperienza negli effetti speciali e nella produzione, con The Void, omaggiano tutta una serie di maestri che indubbiamente la coppia conosce molto bene. Anche autori della sceneggiatura, Gillespie e Kostanski dirigono una piccola opera sui mostri creati dal dolore della perdita dei propri cari e di amati figli. L’ospedale ben presto diventa la scena della trasformazione della realtà, una porta verso un altro universo creata dallo stesso dottore per far rivivere la figlia adolescente deceduta. In mezzo abbiamo anche il confronto tra lo sceriffo e una delle due infermiere, sua moglie, separatasi dopo la perdita della loro bambina appena nata.
La mancata accettazione della morte, della fine inevitabile, un’incapacità dei protagonisti di elaborare il lutto, porta alla generazione dei mostri della ragione, alla ricerca di un’immortalità impossibile, dove la trasformazione fisica passa attraverso la pratica del male. L’apertura della porta verso un universo che crea trasformazioni fisiche nel dottore passa attraverso un viaggio negli abissi oscuri e profondi dell’ospedale, circondato poi da una piccola folla di incappucciati, adepti dell’anziano medico, che impedisce la fuga delle persone all’interno della struttura.
La creazione della tensione in The Void è immediata e avanza per improvvisi balzi adrenalici, dove la visione dell’orrore è ben visibile ed esplicita. Sotto questo aspetto, il film ha una fonte letteraria principale, quella delle opere di Howard Philips Lovecraft, maestro americano della narrativa dell’orrore del primo Novecento, dove i racconti del ciclo di Cthulu e Le montagne della follia sono i riferimenti di Gillespie e Kostanski per la messa in scena dei mostri e la rappresentazione delle devianze psicologiche dei personaggi.
I numi tutelari cinematografici, invece, si possono ritrovare innanzi tutto in Hellraiser di Clive Barker e in Punto di non ritorno di Paul W. S. Anderson, in particolare nell’idea di attraversamento di confini spaziali e temporali che portano a una mutazione innaturale dell’uomo e alla distruzione corporea e psichica. Un altro punto di riferimento è sicuramente John Carpenter: l’ospedale isolato e in fase di trascolo, l’assedio della folla silenziosa e mascherata come fantasmi, il piccolo gruppo di persone rinchiuse in un ambiente claustrofobico che combatte per la propria sopravvivenza ha più di un contatto con le atmosfere di Distretto 13 – Le brigate della morte, pur essendo lontanissimi dal ritmo del maestro americano.
Jeremy Gillespie e Steven Kostanski con The Void riescono a mettere in scena un film horror con tutti gli stilemi del genere, omaggiando maestri e opere del recente passato, ma molto derivativo di un cinema degli anni Settanta e Ottanta, senza una riscrittura originale e accontentandosi di cucire insieme visioni già appartenenti a un certo immaginario cinematografico. The Void rimane comunque una pellicola confezionata in modo corretto e che provoca paure e angosce nello sguardo dello spettatore, un prodotto che potrà piacere agli appassionati del genere.